Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7853 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7853 Anno 2016
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA

sul ricorso 7568-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

FALOMO MARIA LODOVICA, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA BENACO 5, presso lo studio dell’avvocato
MARIA CHIARA MORABITO,

rappresentato e difeso

dall’avvocato UMBERTO SANTI, giusta delega a margine;
– controricorrente

Data pubblicazione: 20/04/2016

avverso la sentenza n. 363/2004 della COMM.TRIB.REG.
di TRIESTE, depositata il 28/01/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/11/2015 dal Consigliere Dott. CAMILLA
DI IASI;

MARIA, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato UMBERTO
SANTI, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO RASILE, che ha chiesto il
rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato DE SOCIO GIANNA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
R.G.N. 7568/10
SENTENZA

L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti di Maria Lodovica Falomo (che resiste
con controricorso successivamente illustrato da memoria) per la cassazione della
sentenza n. 6/06/09 con la quale la CTR del Friuli V. G., in controversia concernente
impugnazione di avviso di accertamento per Irpef relativa all’anno 1998 in relazione
alla omessa dichiarazione di una plusvalenza per la cessione di immobili suscettibili
di utilizzazione edificatoria pervenuti alla contribuente per successione, respingendo
l’appello dell’Ufficio finanziario, ha confermato la sentenza di primo grado che
aveva accolto il ricorso della contribuente.
In particolare, i giudici d’appello hanno rilevato che oggetto del contratto di cessione
era un complesso di fabbricati con piccole aree di pertinenza e che quindi la
fattispecie concreta non rientrava nelle ipotesi previste dalle lett. a) e b) dell’art. 81
TUIR onde non poteva ritenersi legittima la presunzione dell’Ufficio che considerava
i fabbricati venduti alla stregua di terreni edificabili per il fatto che, una volta
demoliti, il terreno su cui insistevano poteva essere oggetto di interventi edificatori,
ed aggiungevano che il valore del bene compravenduto era già stato accertato ai fini
dell’imposta di registro e non era possibile che lo stesso bene potesse assumere un
valore diverso ai fini del calcolo della plusvalenza.
Ritenuto in diritto
Col primo motivo, deducendo violazione dell’art. 67 (ex 81) comma 1 lett. b) d.p.r. n.
917 del 1986 in combinato disposto con l’art. 1362 c.p.c., l’Agenzia ricorrente
chiede a questo giudice di dire se, in relazione alla determinazione della plusvalenza
conseguente a cessione di beni suscettibili di utilizzazione edificatoria, nell’ipotesi in
cui nel contratto le parti abbiano dichiarato che oggetto della compravendita sono
alcuni fabbricati e loro pertinenze e che al contrario l’Agenzia, verificando la reale
intenzione delle parti ex art. 1362 c.c., abbia affermato che l’effettivo oggetto della
compravendita erano i terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria sui quali i
fabbricati insistevano, sia possibile per il giudice tributario limitarsi ad affermare che
oggetto della compravendita era quello indicato dalle parti e negare qualunque
plusvalenza tassabile o se al contrario l’Agenzia in base al sopra richiamato
combinato disposto è investita del potere-dovere di verificare in concreto la reale
intenzione delle parti in base ai canoni ermeneutici (comportamento complessivo
delle parti anche successivo alla stipula) con la conseguenza che se in base a tale
verifica risulti che oggetto del contratto non sono i fabbricati ma i terreni e su questa
base emani avviso di accertamento, erra il giudice che annulli tale avviso affermando
che i fabbricati oggetto di cessione non rientrano in alcuna delle previsioni di cui al
citato art. 67.

Considerato in fatto

Col secondo motivo, deducendo vizio di motivazione, la ricorrente si duole del fatto
che, benché essa avesse puntualmente ed in modo esaustivo portato all’attenzione dei
giudici d’appello gli elementi di fatto da cui aveva tratto la convinzione che reale
oggetto della compravendita fossero i terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria
su cui insistevano i fabbricati, tale decisivo punto non fosse stato preso in
considerazione dai suddetti giudici.
I due motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati.
La questione proposta dalla controversia è essenzialmente se la vendita di area già
edificata possa rientrare -a fronte di una riqualificazione operata dall’Ufficio sulla
scorta di elementi presuntivi- nelle ipotesi, sicuramente tassative, previste dall’art. 81,
comma 1, lett. b) T.U.I.R. (ora 67, il quale assoggetta a tassazione separata, quali
“redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di
terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici
vigenti al momento della cessione”.
Al quesito, questa Corte ha già di recente fornito, in fattispecie analoga, soluzione
negativa, rilevando che dalla “stessa lettera del citato art. 81 (ora 67) e dall’art. 16
(17) comma 1, lett. g bis TUIR..non possono rientrare.., le cessioni aventi ad oggetto
non un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria” ma un terreno sul quale
insorge un fabbricato e che, quindi, è da ritenersi già edificato” (così da ultimo cass.
n. 15629 del 2014 e, prima, cass. n. 4150 del 2014, la quale ha escluso la tassazione
separata di una plusvalenza realizzata a seguito di vendita di “capannone ad uso
commerciale e relative pertinenze”, censito al catasto fabbricati, ritenendo irrilevante
sia l’ulteriore potenzialità edificatoria del terreno su cui esso insisteva, sia l’asserita,
ma non dimostrata, intenzione delle parti di demolire il predetto capannone).
Il Collegio ritiene di dare continuità alla citata giurisprudenza, in quanto coerente con
la ratio ispiratrice del suddetto art. 81, nella formulazione introdotta dalla L. n. 413
del 1991, tesa inequivocabilmente ad assoggettare a prelievo fiscale la manifestazione
di forza economica conseguente “all’avvenuta destinazione edificatoria in sede di
pianificazione urbanistica” di terreni, ovvero, in altri termini, ad assoggettare ad
imposizione la plusvalenza che (come si legge nella relazione di accompagnamento
alla citata L. n. 413 del 1991) scaturisce non “in virtù di un’attività produttiva del
proprietario o possessore, ma per l’avvenuta destinazione edificatoria in sede di
pianificazione urbanistica” dei terreni.
Ciò che rileva, dunque, ai fini dell’applicabilità della norma in esame, è la
destinazione edificatoria originariamente conferita ad area non edificata, in sede di
pianificazione urbanistica e non quella ripristinata, conseguentemente ad intervento su area già edificata- operato dal cedente o dal cessionario.
Nella specie, come risulta accertato dai giudici d’appello e non contestato dalla
ricorrente, oggetto dell’atto pubblico di compravendita, avente un suo intrinseco
valore economico, è stato oggettivamente un complesso di fabbricati con piccole aree
di pertinenza, e perciò un “terreno già edificato” e tale entità sostanziale non può
essere mutata (con conseguente incongruenza di ogni diversa riqualificazione), in
terreno suscettibile di potenzialità edificatoria sulla base di presunzioni derivate da
elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e, soprattutto, la cui realizzazione
(nel caso di specie attraverso la demolizione del fabbricato) è futura (rispetto all’atto

oggetto di tassazione), eventuale e rimessa alla potestà di soggetto (l’acquirente)
diverso da quello interessato dall’imposizione fiscale.
Il terzo motivo di ricorso, siccome volto a censurare una ratio decidendi concorrente,
è inammissibile per difetto di interesse, avendo la prima ratio decidendi enunciata in
sentenza resistito alle censure proposte in questa sede.

PQM
Rigetta i primi due motivi di ricorso e dichiara inammissibile il terzo. Compensa tra
le parti le spese di lite
Roma 12-11-2015
‘Estensore

Il Presidente

Dall’argomentare che precede discende il rigetto dei primi due motivi di ricorso e la
declaratoria di inammissibilità del terzo.
Considerato che il ricorso per cassazione è stato proposto in epoca anteriore
all’affermarsi della giurisprudenza citata, va disposta la compensazione delle spese
del presente giudizio di legittimità.

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