Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7850 del 06/04/2011

Cassazione civile sez. III, 06/04/2011, (ud. 23/02/2011, dep. 06/04/2011), n.7850

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27859/2006 proposto da:

ITALCOGIM VENDITE S.P.A. (OMISSIS), in persona del direttore

generale Ing. L.F. e del procuratore speciale Dott.

B.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE DELLE

GIOIE 24, presso lo studio dell’avvocato MODENA ROBERTO GIOVANNI

ORESTE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DOMINICI

REMO giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.V., F.B., R.S., D.

V.E., D.G.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 789/2005 del TRIBUNALE di CASSINO, emessa il

30/06/2005, depositata il 18/07/2005 R.G.N. 93/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2011 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato MODENA ROBERTO GIOVANNI ORESTE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso con l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. D.V.E., D.G.M., F.B., R.S. e S.V. convennero in giudizio innanzi al giudice di pace di Pontecorvo la Italcogim Vendite s.p.a., con la quale aveva concluso un contratto di somministrazione di gas metano per uso domestico, chiedendone la condanna, ognuno per importi di molto inferiori ad Euro 1.032,00, alla restituzione delle somme che ciascuno affermò di aver pagato in eccesso a titolo di IVA (richiesta dalla somministrante con applicazione dell’aliquota del 20%, anzichè del 10%). La Italcogim resistette.

1.2. Il giudice di pace accolse parzialmente la domanda con sentenza n. 167/03, pubbl. il 9.4.2003, condannando la convenuta alle spese.

1.3. Quest’ultima propose appello al Tribunale di Cassino con atto notificato in data 8.1.04, ma il gravame è stato dichiarato inammissibile con sentenza n. 789/05, pubbl. il 18.7.05, in quanto:

– la modifica dell’art. 113 c.p.c., con cui esso era stato dichiarato inapplicabile – con conseguente ripristino dell’appellabilità, in luogo della sola ricorribilità per cassazione – alle controversie derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c., è stata introdotta dal D.L. n. 18 del 2003, entrato in vigore in data 11.2.03;

– la L. n. 63 del 2003, art. 1 bis, di conversione, con modificazioni, del D.L. n. 18 del 2003, aveva peraltro stabilito che le modifiche si applicavano solo ai giudizi instaurati con citazione notificata a far tempo dal 10.2.03;

– le modifiche all’art. 113 c.p.c., apportate dal D.L. n. 18 del 2003, siccome non oggetto di conversione per le controversie instaurate in epoca anteriore al 10.2.03, non potevano trovare applicazione e la sentenza rimaneva solamente ricorribile per cassazione.

2. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la Italcogim Vendite s.p.a. sulla base di un motivo articolato su tre proposizioni e, per l’udienza pubblica del 23.2.11, mancata qualunque attività difensiva degli intimati, compare per la discussione orale il suo solo difensore.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. A sostegno del suo ricorso la Italcogim Vendite spa lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 77 Cost., art. 113 c.p.c., D.L. 8 febbraio 2003, n. 18, art. 1, L. 7 aprile 2003, n. 63, art. 1, ed allegato, nonchè L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 15, per avere il Tribunale dichiarato inammissibile l’appello avverso una sentenza pronunciata in una causa di valore inferiore ad Euro 1.100,00, correttamente resa secondo diritto in vigenza del D.L. 8 febbraio 2003, n. 18; ed al riguardo:

3.1. esclude che vi sia stata una conversione soltanto parziale e che quindi possa ritenersi caducata con efficacia ex tunc la norma sull’appellabilità per il periodo intercorso tra l’entrata in vigore del decreto legge e quella della legge di conversione con modificazioni;

3.2. argomenta dai principi generali di cui alla L. n. 400 del 1988, art. 15, per l’ordinaria irretroattività – salvo espressa disposizione contraria, che manca nella fattispecie – degli emendamenti apportati dalle leggi di conversione dei decreti legge;

3.3. sostiene che il regime di impugnazione della sentenza del giudice di pace, essendo fatto dipendere dal criterio di giudizio (equità o norme di diritto) predeterminato in ragione del valore e, dopo il D.L. n. 18 del 2003, dell’oggetto della domanda, era quindi quello dell’appellabilità.

4. Questa Corte ha già avuto modo di pronunziarsi, in casi assolutamente analoghi a quello per cui è causa (vertenti dinanzi alle stesse autorità giudiziarie e con la stessa convenuta originaria), nei sensi che seguono (Cass. 15 maggio 2009 n. 11334, Cass. 8 giugno 2007 n. 13543):

4.1. il D.L. 8 febbraio 2003, n. 18, ha modificato l’art. 113 c.p.c., comma 2, (che per le cause di valore non superiore ai “L. due milioni”, prevedeva la decisione secondo equità senza alcuna eccezione) nel senso che nelle cause “derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c.”, il giudice di pace decide secondo diritto quand’anche il valore non ecceda gli Euro 1.100; poichè il decreto nulla ha previsto circa le cause già pendenti alla data della sua entrata in vigore (9.2.2003), il giudice di pace ne ha deciso una secondo diritto in data anteriore all’entrata in vigore della legge di conversione, vertendosi in (incontroversa) ipotesi di causa derivante da rapporto relativo a contratto c.d. “di massa” ed essendo il giudice tenuto a seguire il criterio decisorio stabilito dalla norma processuale vigente al momento della pronuncia in base al principio tempus regit actum;

4.2. la L. 7 aprile 2003, n. 63, art. 1 bis – con la quale è stato convertito (con modificazioni) in legge il D.L. 8 febbraio 2003, n. 18 – ha poi dettato una norma la cui portata consiste nell’aver reso applicabile la modifica apportata dal decreto legge all’art. 113 c.p.c., ai soli giudizi instaurati con atto di citazione notificato dal 10 febbraio 2003 in poi; la norma è però entrata in vigore in data 11 aprile 2003, quando già la sentenza del giudice di pace era stata pronunciata (secondo diritto, come s’è detto) e senza dettare alcuna disposizione relativa al regime di impugnazione delle sentenze emesse, come nella specie, nell’intervallo di tempo intercorso tra l’entrata in vigore del decreto legge e quella della legge di conversione;

4.3. ne consegue che tale regime di impugnazione va individuato in quello collegato al criterio decisorio proprio dell’epoca della pubblicazione della sentenza, e dunque nell’appello (ex art. 339 c.p.c., comma 1) e non nel ricorso straordinario per cassazione (ex art. 111 Cost.);

4.4. l’errore in cui è incorso il tribunale è stato quello di ritenere che il giudice di pace avesse pronunciato secondo equità in ragione del menzionato disposto di cui alla Legge di Conversione 7 aprile 2003, art. 1 bis; ma la sentenza del giudice di pace (ripetesi, del 9.4.2003, anteriore all’entrata in vigore della legge stessa, avutasi il giorno 11 dello stesso mese) doveva invece intendersi pronunciata secondo diritto in applicazione della modifica apportata col decreto legge del febbraio 2003, vigente al momento della sua pubblicazione;

4.5. va in conclusione ribadito che la Legge di Conversione 7 aprile 2003, n. 63, art. 1 bis, laddove stabilisce che “le disposizioni di cui all’art. 1 si applicano ai giudizi instaurati con citazione notificata dal 10 febbraio 2003” non altera il regime delle impugnazioni avverso le sentenze che il giudice di pace abbia emesso secondo diritto nella vigenza del D.L. 8 febbraio 2003, n. 18, (prevedente la decisione secondo diritto delle cause relative a rapporti derivanti dalla conclusione di contratti di massa, anche se di valore non eccedente gli Euro 1.100) e prima dell’entrata in vigore della legge di conversione, le quali sono dunque impugnabili con appello quand’anche rese in giudizi introdotti con atto di citazione notificato prima del 10 febbraio 2003.

5. Tali principi corrispondono a quello generale della dipendenza del regime di impugnazione di una sentenza dalla disciplina in vigore al momento in cui essa viene – con la pubblicazione – a giuridica esistenza: la facoltà di impugnativa, come pure i modi ed i termini per esercitarla, restano regolati dalla legge processuale in vigore al momento della sua pubblicazione (tra le altre: Cass. S.U. 20 dicembre 2006 n. 27172, Cass. S.U. 27 luglio 2007 n. 16618); e consentono di ribadire anche in questo caso che la sentenza del giudice di pace in controversia avente ad oggetto un contratto c.d.

di massa, pubblicata tra l’entrata in vigore del D.L. n. 18 del 2003, e quella della legge di conversione (n. 63/03), è appellabile.

6. La differente recente pronuncia di questa stessa Corte (Cass. 10 novembre 2010 n. 22813), orientata in senso opposto – e che afferma la ricorribilità per cassazione, in luogo dell’appellabilità, della sentenza pronunciata dal giudice di pace in materia di contratti di massa nel caso in cui la domanda giudiziale, il cui valore non ecceda Euro millecento, sia stata proposta prima dell’entrata in vigore del D.L. 8 febbraio 2003, n. 18, convertito, con modificazioni, nella L. 7 aprile 2003, n. 63, – si riferisce a fattispecie evidentemente diversa in relazione ai presupposti di fatto e la conclusione cui perviene, a quello stesso caso particolare strettamente legata, non è quindi direttamente ed immediatamente applicabile a quella invece oggi in esame, del resto inserita in una serie di controversie tra la Italcogim vendite spa ed i suoi utenti, tutte decise nel senso qui ribadito.

7. Poichè da tale principio, affermato già in fattispecie del tutto analoghe, la sentenza impugnata s’è discostata, essa va dunque cassata, con rinvio al tribunale di Cassino, in persona di diverso giudicante, perchè decida sull’appello della Italcogim Vendite s.p.a. avverso la sentenza del giudice di pace. Il giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Cassino in persona di diverso giudicante.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2011

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