Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7847 del 27/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 27/03/2017, (ud. 02/03/2017, dep.27/03/2017),  n. 7847

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2707/2016 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, in persona del Direttore Generale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. P. DA PALESTRINA, 19,

presso lo studio dell’avvocato STEFANIA DI STEFANI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ACCURSIO GALLO;

– ricorrente –

contro

S.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI

145, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO LOMBARDI, rappresentata

e difesa dall’avvocato LORENZO GIAMPORCARO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3982/2015 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 30/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/03/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

– con la sentenza impugnata il Tribunale di Palermo ha rigettato l’appello proposto da Riscossione Sicilia S.p.A. nei confronti di S.A. avverso la sentenza del giudice di pace che aveva accolto l’opposizione all’esecuzione della S. per prescrizione del credito relativo a sanzione amministrativa ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 28, poichè la cartella esattoriale impugnata (emessa per l’importo di Euro 308,56) è stata notificata il 16 gennaio 2012, a distanza di circa sette anni dalla notifica del verbale di accertamento avvenuta il 18 febbraio 2005; il Tribunale ha ritenuto la nullità della notificazione della cartella esattoriale effettuata il 13 febbraio 2009 (costituente secondo l’Agente della Riscossione valido atto interruttivo della prescrizione) perchè, essendo stata eseguita a mezzo posta, ha accertato che l’avviso di ricevimento prodotto in atti non recava nè il timbro dell’ufficio postale nè l’attestazione degli altri adempimenti previsti dalla L. n. 890 del 1982, art. 8; ha perciò rigettato il gravame, condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado;

– il ricorso è proposto da Riscossione Sicilia S.p.A. con un solo motivo;

– S.A. si difende con controricorso;

– ricorrendo uno dei casi previsti dall’art. 375, comma 1, su proposta del relatore della sezione sesta, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

– il decreto è stato notificato come per legge;

– parte resistente ha depositato memoria.

CONSIDERATO CHE:

con l’unico motivo è dedotta violazione o falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 8, commi 2 e 3, dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente richiama precedenti di questa Corte in merito al mancato rispetto delle formalità di cui alla L. n. 890 del 1982, citato art. 8, commi 2 e 3, dai quali si desume che questo dà luogo non ad inesistenza, ma a nullità della notificazione, suscettibile di sanatoria; argomenta a lungo in merito alla differenza tra inesistenza e nullità della notificazione; conclude affermando che “essendosi la sig.ra S. costituitasi in giudizio, la stessa ha sanato la nullità della detta notifica”, vale a dire quella effettuata per compiuta giacenza il 13 febbraio 2009, “da ritenersi valida ed efficace anche a fini interruttivi della prescrizione”, che non sarebbe ancora decorsa al momento della seconda notificazione della cartella di pagamento, effettuata il 16 gennaio 2012;

il motivo è manifestamente infondato;

il principio di diritto applicabile al caso di specie è proprio quello richiamato dalla ricorrente, e precisamente:

– “Il mancato compimento delle formalità previste, dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, commi 2 e 3, per la notificazione mediante il servizio postale (nel caso in cui le persone rinvenute presso il destinatario della notifica ed in sua assenza rifiutino di ricevere il plico), non dà luogo ad inesistenza della notifica, che si verifica quando il tentativo sia avvenuto in luogo e con modalità tali che non sussista alcun collegamento con il destinatario, ma a nullità sanabile con la rinnovazione o con la costituzione in giudizio del destinatario stesso; tuttavia la sanatoria è ammissibile soltanto a condizione che non si sia verificata “medio tempore” alcuna decadenza, come invece si riscontra in caso di nullità della notificazione dell’atto di appello, se prima della rinnovazione o della costituzione in giudizio dell’appellato si sia determinato il passaggio in giudicato della sentenza impugnata” (Cass. n. 17023/11);

poichè il giudice ha accertato che la notificazione della cartella di pagamento del 13 febbraio 2009 è avvenuta, per compiuta giacenza, senza il rispetto delle formalità di cui alla L. n. 890 del 1992, art. 8, commi 2 e 3, e questo accertamento non è contestato dalla ricorrente, non può che concludersi nel senso della nullità di detta notificazione;

orbene, questa nullità, come osserva la resistente, non può certo ritenersi sanata per raggiungimento dello scopo a seguito dell’opposizione proposta dalla S. con atto di citazione notificato il 27 gennaio 2012: per come è fatto palese sia da questa data che dall’oggetto dell’opposizione (cartella di pagamento notificata il 12 gennaio 2012), l’azione in giudizio è stata esercitata non a seguito della notificazione effettuata il 13 febbraio 2009, ma solo a seguito della notificazione effettuata, appunto, il 12 gennaio 2012;

pertanto, non risulta che si sia avuto alcun comportamento della destinataria idoneo a sanare la nullità della prima notificazione e comunque, anche a voler attribuire efficacia sanante all’azione in giudizio, questa sarebbe idonea ad interrompere la prescrizione soltanto con effetto ex nunc;

infatti, è orientamento espresso da diversi precedenti di questa Corte (pur se riguardanti l’atto di citazione, ma sempre in riferimento all’art. 2943 c.c., in tema di interruzione della prescrizione) quello per il quale qualora un atto astrattamente idoneo ad interrompere la prescrizione sia stato notificato invalidamente, non può produrre alcun effetto interruttivo, attesa la connessione tra questo effetto e la natura recettizia dell’atto, ed atteso che il mancato compimento delle formalità del procedimento notificatorio ne inficia proprio la presunzione di conoscenza da parte del destinatario della notificazione medesima (cfr. Cass. n. 7617/97, nel senso che ” La rinnovazione della notificazione nulla di un atto di citazione a giudizio (disposta ed eseguita a mente del disposto dell’art. 291 c.p.c.) non può ritenersi idonea a determinare effetti interruttivi del corso della prescrizione (ex art. 2943 c.c., comma 1) con decorrenza retroattiva alla data della notificazione invalida, avendo la norma civilistica (nel sancire espressamente che la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio) stabilito una innegabile connessione tra effetto interruttivo e natura recettizia dell’atto, con la conseguenza che la mancata introduzione, nella sfera giuridica del destinatario, dell’atto di notifica nullo non consentirà in alcun modo a quest’ultimo di risultare funzionale alla produzione dell’effetto retroattivo citato, a nulla rilevando la (apparentemente contraria) disposizione di cui all’art. 291 c.p.c., comma 1, la quale, stabilendo che “la rinnovazione della citazione nulla impedisce ogni decadenza”, ha, evidentemente, riguardo ad un istituto ben diverso, per natura e funzione, rispetto a quello della prescrizione”; cfr., nello stesso senso, anche Cass. n. 16692/02, n. 15489/06, n. 11985/13);

il Tribunale di Palermo ha correttamente applicato le norme di legge, decidendo le questioni di diritto in modo conforme alla richiamata giurisprudenza di questa Corte;

il ricorso va perciò rigettato;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente, nella somma di Euro 700,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali, IVA e CPA come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 3 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2017

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