Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7843 del 15/04/2020
Cassazione civile sez. I, 15/04/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 15/04/2020), n.7843
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 912/2019 proposto da:
A.M.S., elettivamente domiciliato in Roma, piazza
Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,
rappresentato e difeso dall’Avvocato Daniela Vigliotti, giusta
procura speciale allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO depositato il 5/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
04/02/2020 dal Cons. Dott. PAZZI ALBERTO.
Fatto
RILEVATO
che:
1. con decreto in data 5 dicembre 2018 il Tribunale di Milano rigettava il ricorso proposto da A.M.S., cittadino (OMISSIS) proveniente dall'(OMISSIS), avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria;
in particolare il Tribunale, una volta reputato non credibile il racconto del migrante (il quale aveva dichiarato di essersi allontanato dal paese di origine per sfuggire alle violente reazioni dei mujaidin al suo rifiuto di combattere contro l’esercito indiano), negava il ricorrere dei presupposti per riconoscere il diritto al rifugio, non essendo stata allegata alcuna forma di persecuzione personale riconducibile a quelle previste dalla Convenzione di Ginevra, o la protezione sussidiaria, dovendosi escludere che nella zona di provenienza del migrante vi fosse una situazione di violenza generalizzata e indiscriminata di intensità tale da esporre un qualsiasi civile ivi presente al rischio di perdere la vita o vedere compromessa la propria incolumità;
il collegio di merito riteneva inoltre che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, in mancanza di una condizione di integrazione sociale del ricorrente in Italia particolarmente apprezzabile e tenuto conto, invece, della condizione di integrazione familiare e sociale di cui il migrante avrebbe potuto godere in caso di rimpatrio;
2. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso A.M.S. prospettando quattro motivi di doglianza; l’amministrazione intimata non ha svolto difese.
Diritto
CONSIDERATO
che:
3. il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11, art. 46, paragrafo 3 della Direttiva 32/2013, art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1 e 2 e art. 117 Cost., comma 1, in quanto il Tribunale avrebbe rigettato il ricorso senza previa fissazione dell’udienza di comparizione delle parti finalizzata a rendere l’interrogatorio libero del migrante, nonostante la mancanza della videoregistrazione delle dichiarazioni rese avanti alla Commissione; la fissazione di tale udienza sarebbe stata oltremodo opportuna, proprio a ragione dei dubbi e delle perplessità che, secondo il provvedimento gravato, il ricorrente non sarebbe riuscito a superare nel corso dell’audizione tenutasi avanti alla competente Commissione territoriale;
4. la questione riveste particolare rilevanza e rende opportuna la remissione in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte rimette la causa in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2020