Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7840 del 15/04/2020

Cassazione civile sez. un., 15/04/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 15/04/2020), n.7840

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1134/2019 proposto da:

CONSORZIO DI BONIFICA DELLA SARDEGNA MERIDIONALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PAOLA FALCONIERI 100, presso lo studio dell’avvocato PAOLA

FIECCHI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MACCIOTTA;

– ricorrente –

contro

A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI

1, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ASCIANO, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALESSANDRO CORRIAS;

– controricorrente –

contro

ENAS – ENTE ACQUE DELLA SARDEGNA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– resistente –

e contro

A.E., A.L., A.A., LA ITALIANA

ASSICURAZIONI S.P.A., A.F., A.G.,

A.S., A.P., A.V., Z.A., REALE MUTUA DI

ASSICURAZIONI, ALLIANZ ASSICURAZIONI S.P.A.;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 75/2018 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 03/05/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/02/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Paola Fiecchi per delega dell’avvocato Giuseppe

Macciotta e Francesco Asciano per delega dell’avvocato Alessandro

Corrias.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto notificato il 13 maggio 2008 i fratelli A.M., A.E., At.Gi., A.L. e A.A., in proprio e quali eredi dei genitori At.Va. ed M.E., convenivano davanti al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Cagliari il Consorzio di bonifica della Sardegna meridionale (d’ora in avanti, Consorzio) e l’Ente Autonomo del Flumendosa – poi Ente Acque della Sardegna (ENAS) – per ottenerne il risarcimento dei danni derivati da un sinistro avvenuto il (OMISSIS) in cui era deceduto il loro fratello A.R..

Si costituivano, resistendo, il Consorzio e l’ENAS; quest’ultimo veniva autorizzato a chiamare in manleva le proprie compagnie assicuratrici, per cui si costituivano pure Italiana Assicurazioni S.p.A., Reale Mutua S.p.A. e Allianz S.p.A., tutte resistendo.

Con sentenza del 24 giugno 2016 il Tribunale, dichiarata la responsabilità del sinistro in capo al Consorzio nella misura del 40%, in capo all’ENAS in pari misura e in capo a A.R. nella misura del 20%, condannava i convenuti, in solido, al risarcimento dei danni agli attori, e condannava altresì le compagnie assicuratrici a tenere indenne ENAS.

Proponevano rispettivamente appello principale il Consorzio e appello incidentale Italiana Assicurazioni S.p.A.; si costituivano resistendo A.M., A.E., A.L. ed A.A., nonchè, a sua volta resistendo, ENAS.

Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con sentenza del 3 maggio 2018 dichiarava inammissibili per tardività entrambi i gravami.

2. Ha presentato ricorso il Consorzio. Si è difesa con controricorso A.M.. Enas ha depositato atto di costituzione per l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1, cui non ha poi partecipato. Sia il ricorrente, sia la controricorrente hanno tempestivamente depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso presenta un unico motivo, denunciante, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 183, commi 3 e 4 e art. 189, c.d. T.U. acque.

Di tale testo normativo l’art. 189, al comma 1, stabilisce che “l’appello avverso le sentenze definitive dei tribunali delle acque pubbliche è proposto nel termine di trenta giorni dalla notificazione del dispositivo ai sensi dell’art. 183”; e l’art. 183, stabilisce a sua volta, al comma 3, che della sentenza “il cancelliere annota in apposito registro il deposito ed entro tre giorni da tale deposito trasmette la sentenza con gli atti all’ufficio del registro e ne dà avviso alle parti perchè provvedano alla registrazione”, prevedendo poi al comma 4, che, “restituiti la sentenza e gli atti dall’ufficio del registro, il cancelliere entro cinque giorni ne esegue la notificazione alle parti, mediante consegna di copia integrale del dispositivo, nella forma stabilita per la notificazione degli atti di citazione”.

Costantemente – sostiene il ricorrente – le Sezioni Unite di questa Suprema Corte avrebbero ritenuto la notifica dell’avviso della trasmissione della sentenza all’ufficio del registro inidonea a far decorrere il termine di trenta giorni per appellare di cui all’art. 189, anche nell’ipotesi in cui l’avviso contenga la trascrizione del dispositivo, decorrendo invece il suddetto termine dalla notifica di cui all’art. 183, comma 4. Lo stesso principio sarebbe stato affermato in relazione all’analogo richiamo all’art. 183, effettuato dall’art. 202 del medesimo R.D., quanto alla decorrenza del termine breve per il ricorso per cassazione. In mancanza della notifica, il termine per l’impugnazione sarebbe quello previsto dall’art. 327 c.p.c.: questa interpretazione sorgerebbe dalla inequivoca previsione nel citato art. 183, di due notifiche da parte della cancelleria, la prima finalizzata alla registrazione della sentenza – sentenza che, all’epoca in cui fu emanata la norma, veniva trasmessa all’ufficio del registro in originale, e non era accessibile alle parti prima della registrazione – e la seconda, successiva alla registrazione e al ritorno in cancelleria della sentenza registrata, diretta a far decorrere il termine breve di impugnazione “una volta che le partì, potendo ottenere copia della sentenza, ne potevano avere piena conoscenza”, e quindi potevano esercitare pienamente il loro diritto di difesa.

Questa interpretazione – lamenta il ricorrente – non è stata condivisa nella sentenza impugnata, la quale ha identificato il dies a quo per il termine breve d’appello nel 24 giugno 2016, cioè quando la cancelleria aveva recapitato ai difensori l’avviso del deposito della sentenza: di qui la declaratoria di tardività del gravame, proposto il 23 settembre 2016.

Nonostante “il mutato quadro ordinamentale posto in evidenza nella sentenza impugnata”, erronea sarebbe una interpretazione della normativa come quella qui adottata dallo TSAP; e se è vero, infatti, che norme processuali come quelle in esame manifestano una ratio di accelerazione della conclusione del processo perchè si formi il giudicato, sarebbe parimenti vero che, in considerazione dell’insegnamento di Cass. Sez. U. 23 dicembre 2008 n. 30054, il principio della giusta durata del processo deve sempre essere coordinato con il diritto di difesa, di cui deve garantirsi un’effettiva attuazione perchè nella ragionevole durata si celebri un “giusto processo”, previsto anch’esso nell’art. 111 Cost.. Pertanto, “quando il legislatore statuisce che un termine processuale di decadenza decorra dal verificarsi di un determinato atto o fatto, l’interprete non può sostituirne la decorrenza da un altro fatto o atto diverso… senza compromettere l’esatta osservanza del criterio interpretativo stabilito dall’art. 12 disp. gen., in connessione con il principio costituzionale di effettività del diritto di difesa, il quale ammette che tale diritto possa essere sottoposto a termini di decadenza, ma impone, affinchè non ne risulti svuotato, non solo che essi siano congrui nella durata, ma anche rapportati – quanto al dies a quo – ad un fatto o atto specifico, predeterminato dalla legge, che il soggetto onerato, a quel momento, conosce o, secondo legge, avrebbe dovuto conoscere”.

Applicando tali principi, il termine per proporre l’appello decorrerebbe quindi dalla seconda notificazione prevista dall’art. 183, e, pur essendo mutato il quadro ordinamentale che aveva generato quest’ultima norma “effettivamente costituito dalla circostanza che, all’epoca…, non era possibile ottenere copia della sentenza non ancora registrata a fine impugnatorio” spetterebbe soltanto al legislatore mutare il regime di decorrenza del termine, cosa che il legislatore non avrebbe fatto. Seguendo allora l’interpretazione della sentenza impugnata si incorrerebbe nella violazione del diritto di difesa e dei principi del giusto processo.

Con ciò non si entrerebbe in contrasto, come prospetta invece la sentenza dello TSAP, con la disciplina di cui all’art. 8 della parte prima della tariffa di cui al D.P.R. n. 26 aprile 1986, n. 131, e all’art. 2 della tabella allegata a tale decreto, la cui ratio sarebbe soltanto “svincolare l’accessibilità e l’utilizzabilità della sentenza per la prosecuzione del giudizio da adempimenti di natura fiscale e/o tributaria”, anzichè esonerare le parti dall’adempimento delle specifiche formalità previste dalla legge che individuano il dies a quo del termine per proporre impugnazione.

D’altronde, solo la seconda notificazione della copia integrale del dispositivo sarebbe idonea a far decorrere il termine breve per impugnare, non potendosi sostenere che, non essendo più obbligatoria la registrazione, possa essere omessa la seconda notificazione nelle forme previste dall’art. 183, comma 4, T.U. acque “in quanto il destinatario ha avuto o avrebbe potuto avere comunque” la conoscenza dell’atto. Questo infatti contrasterebbe con i principi per cui sono distinte le due formalità per quanto concerne le sentenze del Tribunale ordinario, per il quale “la comunicazione della cancelleria del deposito della sentenza è idonea a far decorrere solo il termine lungo per l’impugnazione, mentre per la decorrenza del termine breve, pur in assenza della previa registrazione, è comunque necessaria la successiva notifica ad istanza di parte”. E proprio per impedire equivoci interpretativi l’art. 133 c.p.c., sarebbe stato modificato dal D.L. n. 90 del 2014, art. 45, così che ora prevede: “Il cancelliere dà atto del deposito in calce della sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, ne dà notizia alle parti che si sono costituite. La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325”. L’impugnata sentenza afferma che tale novellazione non incide nel caso de quo, non incidendo su quelle norme processuali speciali che fanno decorrere il termine breve dalla mera comunicazione (integrale o meno) del provvedimento da parte della cancelleria: ma non sussisterebbe in realtà norma derogatoria rispetto al combinato disposto degli artt. 189 e 183 T.U. acque, nel cui sistema, aderendo alla interpretazione adottata dalla sentenza impugnata, “non troverebbe alcuna ragion d’essere la notifica effettuata dalla cancelleria successivamente alla prima comunicazione di avvenuto deposito della sentenza”.

Pertanto, nel caso in esame, l’appello non sarebbe stato tardivo, in quanto notificato il 23 settembre 2016 laddove la notificazione del dispositivo nelle forme di cui all’art. 183, comma 4, T.U. acque sarebbe avvenuta soltanto il 2 settembre 2016. Quest’ultima data sarebbe quindi stata quella da cui è decorso il termine breve per proporre gravame.

4. Il motivo non merita accoglimento.

4.1 Invero, il quadro normativo in cui si inserisce il T.U. acque ha subito una incisiva modifica proprio tramite la disciplina contenuta nell’art. 8 della parte prima della tariffa di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e nell’art. 2 della tabella allegata allo stesso decreto, in forza della quale – lo ha affermato Cass. Sez. U. 30 marzo 2010 n. 7607, inaugurando peraltro un revirement interpretativo (come riconosce, per esempio, Cass. Sez. U. 21 maggio 2015 n. 10453) – è venuto meno l’obbligo di registrazione per tutte le sentenze civili: pertanto il cancelliere è tenuto a rilasciarne copia prima della registrazione se do è necessario per proseguire il giudizio. Da questa premessa l’appena citato intervento nomofilattico del 2010 ha dedotto che “in tema di impugnazione delle sentenze emesse dal Tribunale superiore delle acque pubbliche in unico grado, una volta avvenuta la comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza, la successiva notifica della copia integrale del dispositivo fa comunque decorrere, indipendentemente dalla registrazione della sentenza, il termine breve di quarantacinque giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 202, rilevando il compimento della registrazione, ove dovuta, esclusivamente a fini fiscali” (conforme Cass. Sez. U. 11 luglio 2011 n. 15144).

4.2 Sulla scorta di questa nuova impostazione ermeneutica, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha successivamente prodotto una numerosa giurisprudenza (a partire da Trib Sup. Acque 16 febbraio 2016 n. 53), valorizzante sia la specialità del sistema delle impugnazioni nel suo plesso, sia la considerazione, appunto, della sopravvenuta inutilità della notificazione nella modalità originariamente prevista dall’art. 183, comma 4, R.D. T.U. acque, per giungere a ritenere – come nella sentenza qui impugnata – che il decorso del termine breve per impugnare prende le mosse dall’avviso del deposito della sentenza effettuato dalla cancelleria ai difensori.

4.3 Questa Suprema Corte ha poi confermato una siffatta interpretazione quanto alla proposizione di appello con una pronuncia posteriore alla notifica del presente ricorso, ovvero con la sentenza di Cass. Sez. U. 26 febbraio 2019 n. 5642, così massimata: “Il termine breve previsto dal R.D. n. 1775 del 1933, art. 189, comma 1, per proporre impugnazione davanti al TSAP avverso le sentenze emesse dal Tribunale regionale delle acque pubbliche decorre dal rilascio a mezzo PEC della copia integrale della sentenza, a seguito dell’avviso previsto dell’art. 183 R.D. cit., comma 3, atteso che la soppressione dell’obbligo di registrazione delle sentenze civili ha reso ormai irrazionale ed inutile la notificazione della copia integrale del dispositivo, originariamente prevista dal successivo comma 4 dello stesso articolo, a ciò non ostando quanto stabilito nel “nuovo” art. 133 c.p.c., comma 2, u.p., stante il carattere speciale della disciplina contenuta negli artt. 183 e 189 del R.D. citato, che rende la stessa applicabile in luogo di quella ordinaria”.

Tale pronuncia, dopo aver affermato che “la disciplina contenuta nel R.D. n. 1775, artt. 189 e 183… è ormai costantemente interpretata dalle Sezioni Unite di questa Corte nel senso che la soppressione dell’obbligo di registrazione ha reso ormai irrazionale/inutile la notificazione della copia integrale del dispositivo della sentenza, siccome originariamente previsto dal R.D. n. 1775 cit., art. 183, comma 4”, ne desume che, in caso di non registrazione, la sopravvivenza del citato art. 183, comma 4, “renderebbe impossibile l’adempimento delle formalità di notifica dalle quali far decorrere il termine breve; con la conseguenza che il rilascio di copia integrale della sentenza, a seguito dell’avviso R.D. n. 1775 cit., ex art. 3, comma 3, deve essere inteso come necessariamente ” idoneo ” a far decorrere il ridetto termine breve di cui al R.D. n. 1775, art. 189, comma 1″. E “l’evidente carattere speciale della disciplina contenuta nel R.D. n. 1775, artt. 189 e 183… rende la stessa applicabile, in luogo di quella ordinaria stabilita dal “nuovo” art. 133 c.p.c., comma 2″, normativa, questa, diretta in realtà “ad evitare incertezze circa gli effetti della comunicazione telematica”. Il che deve essere affermato “anche se “il rilascio” della copia integrale della sentenza, che subito segue l’avviso R.D. n. 1775, ex art. 183, comma 3,… avviene ora in via telematica a mezzo PEC, mancando pur sempre la possibilità, in ipotesi di non registrazione, di far decorrere il termine breve dalla notifica di cui al R.D. n. 1775 cit., art. 183, comma 4; soluzione che del resto è già stata adottata con riferimento ad analoghi meccanismi speciali per i quali la notifica telematica del testo integrale della sentenza è stata giudicata “idonea” a far decorrere il termine breve per l’impugnazione” (il riferimento è al decorso del termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza che respinge il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento: al riguardo si vedano Cass. sez. 1, 20 maggio 2016 n. 10525, Cass. sez. 6-1, ord. 30 gennaio 2017 n. 2315 e Cass. sez. 6-1, ord. 19 settembre 2019 n. 23447 -).

4.4 Questa interpretazione, orientata nel senso dell’abrogazione tacita dei dati normativi su cui si basa il motivo in esame, deve ritenersi ormai consolidata dalle pronunce successivamente emesse (Cass. Sez. U. ord. 11 novembre 2019 n. 29083, massimata, nonchè le non massimate Cass. Sez. U. 13 giugno 2019 n. 15900, Cass. Sez. U. 10 settembre 2019 n. 22573, Cass. Sez. U. 26 novembre 2019 n. 30801 e Cass. Sez. U. 4 febbraio 2020 n. 2502).

5. Il motivo risulta pertanto infondato, e ciò comporta il rigetto del ricorso. Essendosi formata la suddetta giurisprudenza, in specifico riguardo alla proposizione dell’appello avverso sentenza di Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, in epoca posteriore alla notifica del ricorso, sussistono i presupposti di legge per la compensazione delle spese.

In conformità con Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315, si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso compensando le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2020

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