Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 784 del 15/01/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 784 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA
=,7=mzJ,L
5Jul riurge 6290-2U 1U
propon da:
GAGT.TARDI GIANNI GGLGNNIPCO3L716K
nella sua qualità
in proprio nonchè
di titolare della cessata Ditta
individuale IERM, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA ANTONIO CANTORE 5, presso lo studio
Data pubblicazione: 15/01/2013
dell’avvocato PONTECORVO MICHELE, che lo rappresenCa
2012
1806
e difende unitamente all’avvocato CANNIZZARO
FRANCESCO giusta delega in atti;
– ricorrente contro
BROCCA CELESTINO ERCCST10S30B615G,
elettivamente
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domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 86
PIANO 1. INT. 5, presso lo studio dell’avvocato
MARTIRE ROBERTO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MARCHIONI GIANCARLO giusta
delega in atti;
COSTANZA
elettivamente
RDCCTN68P68L746N,
domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo
studio dell’avvocato GELLI PAOLO, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato FUHRMANN ANDREA
giusta delega in atti;
–
avverso
la
sentenza n.
D’APPELLO di
TORINO,
controricorrenti
1345/2009 della
depositata
il
–
CORTE
14/10/2009,
R.G.N. 1897/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/11/2012 dal Consigliere Dott.
RAFFAELLA LANZILLO;
udito l’Avvocato MICHELE PONTECORVO;
udito l’Avvocato ENZO GIARDIELLO per delega;
RADICE
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto;
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Svolgimento del processo
L’arch. Gianni Gagliardi,
in proprio e quale titolare
dell’impresa I.E.R.M., ha proposto domanda di risarcimento
dei danni per responsabilità professionale contro gli avv. ti
relazione alle seguenti vicende.
A seguito di contratti stipulati il 18 marzo 1985 con l’arch.
Lorenzo Coss, qualificatosi amministratore del Condominio ex
Istituto Righini e Maria Consolatrice, di Gignese, ha
eseguito in appalto, quale titolare della IERM, varie opere
in favore del Condominio, richiedendo alla fine il
corrispettivo in
47.541.258.
Il Condominio lo ha convenuto davanti al Tribunale di
Verbania per fare accertare l’insussistenza di ogni obbligo
di pagamento, per il fatto che
l’arch. Coss non aveva mai
ricevuto alcun potere dall’assemblea condominiale di
conferire l’incarico e che i lavori erano stati abusivamente
eseguiti.
L’arch. Gagliardi si è costituito in giudizio tramite l’avv.
Brocca, il quale si è limitato a chiedere la chiamata in
causa dell’arch. Coss e a proporre domanda riconvenzionale di
condanna del Condominio, o del Coss, al pagamento del
compenso spettante all’attore, richiamando anche
genericamente il principio di cui all’art. 936 cod. civ.
Celestino Brocca e Costanza Radice, di Verbania, in
Il Tribunale di Verbania, con sentenza depositata il 9
dicembre 1987, ha dichiarato la continenza della causa
rispetto ad altra, promossa dal Condominio contro l’arch.
Coss davanti al Tribunale di Busto Arsizio, e la controversia
sentenza n. 558/2000, depositata il 2 maggio 2000, ha assolto
il Condominio dalle domande proposte dal Gagliardi, a causa
dell’inefficacia dei contratti di appalto perché conclusi con
soggetto privo del potere di impegnare il Condominio, ed ha
condannato il Coss al risarcimento dei danni in favore del
Gagliardi, in misura corrispondente all’importo da lui
richiesto per l’esecuzione delle opere.
La sentenza è rimasta ineseguita a causa dell’incapienza
dell’obbligato.
Con il patrocinio dell’avv. Brocca e dell’avv. Costanza
Radice il Gagliardi ha allora promosso davanti al Tribunale
di Verbania un nuovo giudizio contro il Condominio, con
estensione del contraddittorio ai condomini personalmente,
per sentir condannare tutti i convenuti al pagamento di
un’indennità ai sensi dell’art. 936, 4 ° comma, cod. civ.,
indennità indicata in complessive E 61.975.311, pari
all’importo delle fatture emesse dal Gagliardi.
Con sentenza 29 marzo 2003 il Tribunale di Verbania ha
dichiarato inammissibile la domanda, ritenendola in contrasto
con il giudicato formatosi sulla sentenza n. 558/2000 del
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è proseguita davanti a quest’ultimo Tribunale che, con
Tribunale di Busto Arsizio, ed ha condannato il Gagliardi al
pagamento delle spese processuali, che egli ha corrisposto in
un importo superiore ad E 31.000,00.
Il Gagliardi ha allora proposto domanda di risarcimento dei
a)
contro l’avv. Celestino Brocca, per non avere questi
correttamente proposto la domanda ex art. 936 4 ° comma cod.
civ., nel primo processo, iniziato a Verbania e concluso a
Busto Arsizio;
b) contro i due difensori, Brocca e Radice, sia perché non lo
avevano informato che vi era l’ostacolo del giudicato, prima
di iniziare la seconda causa; sia per la negligente e non
corretta proposizione della domanda di indennizzo ai sensi
dell’art. 936 4 ° comma anche nella seconda causa.
I convenuti hanno resistito alle domande.
Il Brocca ha eccepito a sua discolpa, fra l’altro, che la
domanda di indennizzo di cui all’art. 936 avrebbe dovuto
essere proposta contro tutti i condomini singolarmente, dei
quali il Gagliardi non conosceva e non aveva comunicato i
nomi in occasione della prima causa; che la sentenza del
Tribunale di Verbania era frutto di errore del giudice, in
quanto non si era formato alcun giudicato nel primo processo
sulla suddetta domanda, trattandosi di causa fra parti
diverse e con oggetto diverso.
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danni:
L’avv.
Brocca ha proposto domanda riconvenzionale di
pagamento della somma di e 3.349,91, a saldo del compenso
spettantegli per altro incarico professionale.
L’Avv. Radice ha ribadito anch’essa l’errore del giudice nel
Il Tribunale di Verbania ha respinto tutte le domande del
Gagliardi; ha accolto la domanda riconvenzionale dei Brocca
ed ha condannato l’attore al pagamento delle spese
processuali.
Con sentenza depositata il 14 ottobre 2009 n.
1345,
notificata in data 8 gennaio 2010, la Corte di appello di
Torino ha confermato la sentenza di primo grado.
Con atto notificato iA 9 marzo 2010 l’arch. Gagliardi propone
quattro motivi di ricorso per cassazione, illustrati da
memoria.
Resistono gli intimati con separati controricorsi.
Motivi della decisione
1.- La Corte di appello ha respinto gli addebiti del
Gagliardi a carico dei suoi legali con la motivazione che:
a)
quanto al primo processo, la domanda ex art. 936 cod. civ.
pur se menzionata nell’atto di citazione, non è stata
riproposta in sede di precisazione delle conclusioni; il
Tribunale non ha pronunciato sulla stessa, né avrebbe potuto
farlo, non essendo stati evocati in giudizio tutti i
ravvisare un giudicato in realtà insussistente.
condomini, che ne erano litisconsorti necessari; donde la
conseguenza che non si è formato alcun giudicato sul punto;
b)
la pronuncia di inammlssibilità del Tribunale di Verbania
quindi frutto di errore del giudice, che avrebbe potuto e
impugnazione a cui il Gagliardi non ha voluto procedere;
e)
non è imputabile ai difensori la mancata produzione in
giudizio di una consulenza di parte, con l’indicazione del
valore delle opere, ben potendo provvedere in tal senso il
Tribunale di ufficio, tramite l’ammissione di CTU.
La Corte ha poi respinto l’eccezione di inammissibilità della
domanda riconvenzionale del Brocca, eccezione che il
Gagliardi aveva sollevato sul rilievo che il credito fatto
valere dal Brocca si riferiva ad un rapporto diverso da
quello oggetto di causa.
2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia insufficiente
motivazione sui punti a) e b)di cui sopra.
Assume che la domanda ex art, 936 è stata inequivocabilmente
proposta nel primo processo, pur se non è stata
diligentemente coltivata dal difensore, tanto che è stata
espressamente riproposta anche davanti al Tribunale di Busto
Arsizio, dopo la riassunzione; che la circostanza è stata
ammessa dallo stesso convenuto Brocca nei suoi atti
difensivi; che è irrilevante che sia stato evocato in
giudizio solo il Condominio, in quanto la decisione si
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dovuto essere rimediato tramite impugnazione della sentenza:
sarebbe comunque estesa ai condomini, in virtù dell’efficacia
riflessa del giudicato; che di tali rilievi la sentenza
impugnata non ha tenuto conto nella motivazione.
2.1.- Il motivo è inammissibile prima ancora che non fondato.
936 cod. civ., il giudizio della Corte di appello attiene
all’interpretazione degli atti e documenti di causa in ordine
alla prova dei fatti dedotti a fondamento delle domande
attrici. Trattasi pertanto di valutazione di merito, non
suscettibile di riesame in questa sede di legittimità.
La Corte di appello ha specificato che, anche ammesso che la
domanda fosse stata proposta nel primo giudizio, essa non è
stata presa in esame dalla prima sentenza; pertanto non ha
costituito oggetto di giudicalo.
Neppure può ritenersi implicitamente respinta per effetto
della formula generica di cui al dispositivo di
ogni altra domanda”,
“rigetto di
poiché il principio per cui il giudicato
copre il dedotto e il deducibile è applicabile solo alle
questioni espressamente proposte e discusse nel corso del
giudizio ed il ricorrente non deduce né dimostra che il
Tribunale di Busto Arsizio si sia pronunciato sull’entità dei
costi di costruzione e di manodopera, sull’aumento di valore
apportato ai fondo, ed in genere sui presupposti che
condizionano l’accoglimento delle domande di cui all’art. 936
cod. proc. civ.
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Quanto all’avvenuta proposizione o meno della domanda ex art.
Deve essere poi condiviso il principio affermato dalla Corte
di appello circa l’erroneità della pronuncia dal Tribunale di
Verbania, nella parte in cui ha ritenuto coperta da giudicato
la domanda di pagamento dell’indennizzo ai sensi dell’art.
pronuncia sul punto; sia perché la pronuncia emessa nei
confronti del solo amministratore del condominio non avrebbe
potuto essere opposta ai singoli condomini.
Va premesso che in questa sede l’ipotetico giudicato viene in
considerazione non per la sua efficacia precettiva, ma come
fatto storico, al fine di accertare se sia o meno
configurabile una responsabilità dell’avvocato, per non
averlo rilevato prima di iniziare la seconda causa.
La questione, pertanto, ben può essere proposta sotto il
limitato profilo dei vizi di motivazione.
Quanto al merito, l’amministratore può ritenersi passivamente
legittimato al giudizio anche in materia di diritti reali
solo quando si tratti di conservare, gestire e difendere
diritti dei condomini sulle parti comuni dell’edificio; non
certo quando si tratti di disporre del diritto di proprietà
dei condomini, così come avviene quando sia in questione un
acquisto per accessione, ai sensi dell’art. 936 cod. civ.:
cioè un atto che comporta un mutamento della consistenza del
diritto medesimo, nonché l’assunzione dell’obbligo di pagarne
il prezzo: decisioni tutte che vanno ben oltre l’ambito dei
936 cit., sia perché, come si è detto, mancava una precedente
poteri
di
rappresentanza
processuale
conferiti
all’amministratore dall’art. 1131, 2 0 comma, cod. civ., pur
se latamente interpretato.
Del resto, anche in relazione alle questioni di mero
che il giudizio debba svolgersi nei confronti di Lutti i
partecipanti al condominio (Cass. civ. Sez. 2,
2006 n. 6056;
17 marzo
Cass. civ. Sez. 2, 30 aprile 2012 n. 6607). A
maggior ragione ciò vale con riguardo agli atti di
disposizione.
Correttamente, pertanto, la Corte di appello ha affermato che
la sentenza asseritamente passata in giudicato non avrebbe
potuto vincolare i condomini personalmente, nei confronti dei
quali è stata intentata la seconda causa.
3.- Manifestamente infondato è il secondo motivo, con cui il
ricorrente denuncia ancora insufficiente motivazione nella
parte in cui la Corte di appello ha assolto i difensori
dall’addebito di non avere specificato l’entità dei costi di
costruzione.
Correttamente ha ritenuto la Corte che sul punto avrebbe
potuto essere ammessa CTU nel corso del giudizio: richiesta
che non può essere considerata meramente esplorativa – come
afferma il ricorrente poiché non vi è contestazione sul
fatto che i lavori siano stati eseguiti, sicché si trattava
solo di determinarne il valore.
lo
accertamento della proprietà comune di un bene, si è ritenuto
4.-
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia abnorme
e
contraddittoria motivazione sulla ritenuta ammissibilità
della domanda riconvenzionale, per il fatto che la somma
diverso da quello dedotto in giudizio,
e comunque non
riguardava l’avv. Radice.
4.1.- Il motivo è manifestamente infondato.
La domanda riconvenzionale è ammissibile pur se non
dipendente dal medesimo titolo dedotto in giudizio
dall’attore, in forza del medesimo principio per cui possono
essere proposte più domande nel medesimo processo, pur se non
dipendenti dallo stesso titolo, qualora il giudice del merito
ravvisi fra esse un collegamento obiettivo che implichi
l’opportunità di un simultaneo processo (Cass. civ. Sez. I,
14 febbraio 2000 n. 1617; Cass. civ. Sez. 3, 14 gennaio 2005
n. 681).
La valutazione di opportunità non è censurabile in sede di
legittimità, essendo rimessa al discrezionale apprezzamento
del giudice di merito
5.-
Con il quarto motivo 11 ricorrente denuncia illogica,
insufficiente o contraddittoria motivazione nel capo in cui
la Corte di appello ha ritenuto tardiva l’eccezione di
compensazione,
da
lui
proposta
avverso
la
domanda
riconvenzionale, fondata sul fatto che anche in relazione al
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chiesta in pagamento dall’avv. Brocca riguardava un rapporto
diverso rapporto professionale di cui
riconvenzionale egli aveva ragione di
alla domanda
proporre domanda di
risarcimento dei danni per responsabilità professionale.
Assume che la sua eccezione è stata sollecitata dalla domanda
poteva essere proposta con la
memoria di cui all’art. 183 uit. comma cod. proc. civ.
5.1.- Il motivo non è fondato, pur se deve essere corretta la
motivazione.
L’eccezione di compensazione,
in quanto formulata con
esplicito riferimento alla domanda riconvenzionale, poteva
essere proposta nel termine di cui all’art. 183, 4 ° comma,
cod. proc. civ., che menziona la possibilità di proporre le
eccezioni che siano conseguenza delle domande riconvenzionali
e delle eccezioni tempestivamente proposte dalla controparte.
Resta il fatto che l’eccezione di compensazione del credito
azionato dal Brocca con la domanda riconvenzionale, con il
credito del Gagliardi derivante da asseriti inadempimenti e
responsabilità professionali, risalenti a rapporti ed a
comportamenti del tutto diversi da quello dedotto in
giudizio, avrebbe comportato un ampliamento dell’oggetto
della vertenza, rispetto di suoi termini originari, ben più
rilevante di quello derivante dall’oggetto della domanda
riconvenzionale, e per di più relativo ad un (asserito)
credito tutt’altro che liquido ed esigibile.
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riconvenzionale e pertanto
La
mancata
ammissione
dell’eccezione
risulta
pertanto
giustificata sia dal potere del giudice di non ammettere – in
base alla sua discrezionale valutazione di inopportunità – la
trattazione nello stesso processo di domande troppo diverse
supra, § 4.1); sia
dal potere di negare la compensazione giudiziale, qualora il
credito opposto in compensazione non sia liquido, né di
facile e pronta liquidazione (cfr. art. 1243 cod. civ.).
6.- Il ricorso deve essere rigettato.
7.-
Le
spese
del
presente
giudizio,
liquidate
nel
dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione, liquidate complessivamente in 4,000,00 in
favore di ciascuno degli intimati, di cui E 200,00 per
esborsi ed 3.800,00 per compensi; oltre agli accessori
previdenziali e fiscali di legge.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2012
Il Presteopte (/
l’una dall’altra (v. giurisprudenza cit.