Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7838 del 27/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 27/03/2017, (ud. 23/02/2017, dep.27/03/2017),  n. 7838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29750-2015 proposto da:

CROCE ROSSA ITALIANA, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA

N. 20 presso lo studio dell’avvocato EMANUELE PAGLIARO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 199/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata l’08/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

Rilevato:

1. che l’odierno controricorrente, dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato della Croce Rossa Italiana (da ora CRI), conveniva l’ente datore di lavoro per sentirlo condannare alla restituzione delle somme trattenute sui compensi incentivanti erogati per gli anni dal 2005 al 2010, trattenute effettuate sulla base della Det. Direttoriale n. 86 del 17 luglio 2007 con la quale CRI aveva proceduto al recupero di detto compenso i nei confronti di tutti i dipendenti, mediante “sottrazione” dal Fondo unico per l’incentivazione di un importo complessivo di Euro 5.154.216,87 secondo un piano di recupero da realizzare in cinque annualità dal 2006 al 2010;

2. che il giudice di primo grado ha respinto la domanda per carenza di prova in ordine al quantum debeatur.

3. che la Corte di appello di Genova, in riforma della decisione, ha condannato l’ente Croce Rossa Italiana a corrispondere al lavoratore la somma di Euro 5.188,43, oltre interessi dalle scadenze al saldo;

3.1 che, con particolare riferimento al quantum debeatur, il giudice di appello ha reputato idoneii i parametri offerti dal lavoratore a riscontro della somma richiesta e osservato, quanto all’anno 2005, avendo che avendo il R. ricevuto, per accordo sindacale, un acconto pari al 40%, del tutto logicamente aveva calcolato il dovuto in misura pari al residuo 60%; quanto agli anni dal 2006 al 2010 era corretto il calcolo del dovuto per ciascun anno, sulla base del Fondo, come determinato per quegli stessi anni e delle decurtazioni applicate per il recupero oggetto di causa, tenendo conto della percentuale (risultata del 5,11%) di riduzione complessivamente attuata sul globale importo nazionale destinato all’incentivazione, per i recuperi sugli anni precedenti, apparendo tale criterio del tutto logico, nell’impossibilità di calcoli più precisi;

4. che avverso tale sentenza CRI ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo;

5. che la parte intimata depositato tempestivo controricorso.

Considerato:

6. che con l’unico motivo di ricorso CRI ha dedotto violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 40, 40 bis 3 e 60 degli artt. 32 CCNL 1998/1999 Comparto Enti Pubblici non Economici, degli artt. 2103 e 2033 c.c., della L. n. 448 del 1999, art. 20, comma 1, lett. e). Ha quindi esposto che, a seguito di rilievi formulati da parte del Collegio dei Revisori, con nota n. 7336 del 18.5.2006, il Ragioniere Generale dello Stato aveva incaricato l’Ispettorato Generale di Finanza di eseguire una verifica amministrativo-contabile presso il Comitato Centrale della Croce Rossa Italiana in merito alla regolarità della costituzione e della erogazione dei Fondi relativi al trattamento accessorio del personale. Dalla relazione conclusiva dell’Ispettore di Finanza, comunicata con (….) nota n. 137691 del 23.10.2006, emerse che l’Ente aveva corrisposto, a titolo di compenso incentivante, somme in eccesso per gli anni 2003 e 2004. Le irregolarità evidenziate riguardavano il pagamento di Fondi di incentivazione per gli anni 2002, 2003, 2004 e 2005 in assenza della certificazione del Collegio dei Revisori e dell’approvazione dei Ministeri Vigilanti; il pagamento del Fondo 2003 in esubero rispetto allo stanziamento di bilancio; l’inserimento nei fondi di incentivazione per gli anni 2003, 2004, e 2005 di somme a titolo di maggiori entrate e di minori spese, inesistenti e/o in eccesso rispetto al quantum inseribile; il mancato accantonamento nei Fondi per il 2003, 2004 e 2005 delle somme necessarie al pagamento delle “progressioni orizzontali”. Per gli anni 2003 e 2004 i Fondi erano già stati integralmente corrisposti ai dipendenti, mentre con riferimento al Fondo 2005 erano stati versati degli acconti, giacchè a seguito dell’intimazione del Collegio dei Revisori il pagamento del saldo – di regola corrisposto nel mese di maggio dell’anno successivo – venne sospeso, senza erogazione di ulteriori importi, fino alla conclusione della verifica ispettiva. Alla stregua delle risultanze ispettive, il Ministero dell’Economia e delle Finanze impose all’ente di “formulare un piano di rientro da realizzare nell’arco temporale più breve possibile ai fini del recupero delle somme illegittimamente corrisposte”. Onde ottemperare a tale prescrizione, la C.R.I. deliberò di recuperare nell’arco di cinque anni l’importo complessivo pari ad Euro 5.154.216,87 mediante riduzione degli stanziamenti dei Fondi relativi agli anni successivi.

6.1. che tanto premesso in ordine allo svolgimento della vicenda, incontestata nel suoi termini fattuali, l’odierna ricorrente deduce che tale operazione di recupero doveva ritenersi del tutto legittima, in quanto la contrattazione collettiva nazionale fissa solo il tetto massimo ed invalicabile per la costituzione del Fondo, ma non esclude che l’importo possa essere determinato al ribasso, specialmente nel caso in cui debba arginarsi un pregresso sforamento e debba operarsi il recupero di quanto corrisposto in eccesso. Conclude dunque per la piena legittimità della Determinazione Direttoriale impugnata e del piano di rientro ivi previsto;

7. che il ricorso deve essere deciso in continuità con le condivisibili pronunce di questa Corte su ricorsi proposti da CRI aventi il medesimo oggetto (Cass. nn. 1245, 1180, 826, 825, 589, 484, 278, 153, 151, 77, 16, del 2016; Cass. nn. 25161, 24834 del 2015);

7.1 che con tali decisioni è stato innanzitutto precisato che l’assunto secondo cui l’Ente ricorrente avrebbe operato una ripetizione di indebito regolata dall’art. 2033 c.c., come pure prospettato dalla difesa dei lavoratori, non corrisponde all’esatta qualificazione giuridica dei fatti, i quali non sono sussumibili nell’alveo di tale fattispecie CRI non ha, infatti, proceduto ad un vero e proprio recupero per ricalcolo del compenso incentivante erogato a ciascun lavoratore negli anni interessati dalla verifica ispettiva, pur avendo costoro percepito l’incentivo in misura superiore a quanto sarebbe spettato ove la parte datoriale avesse correttamente operato, in esatta applicazione delle regole della contrattazione nazionale e in osservanza dei vincoli di bilancio. L’ente, proprio ritenendo, (sulla base di un parere reso dall’Avvocatura generale) che non potesse ricorrere un’ipotesi di erogazione sine titulo, a fronte di una prestazione lavorativa già resa, ha proceduto al recupero delle eccedenze indebitamente erogate per il passato attraverso la rimodulazione dei compensi accessori dovuti per gli anni dal 2006 al 2010;

7.2 che tale riduzione e il conseguente recupero del compenso incentivante di cui all’art. 28, comma 1, lett. e) del c.c.n.l. 1998 – 2001, in relazione agli anni 2006 e 2007 e agli anni successivi, sono stati ritenuti legittimi in considerazione del fatto che il relativo diritto non si era sia perfezionato nei suoi elementi costitutivi, integrati dalla prestazione lavorativa, dalla compiuta verifica del raggiungimento degli obiettivi e dalla ripartizione dell’apposito fondo a seguito di accordo sindacale;

7.3 che, in relazione al Fondo 2005, per il quale l’Ente aveva versato degli acconti sospendendo, a seguito dell’intimazione del Collegio dei Revisori, il pagamento del saldo (che sarebbe dovuto avvenire nel maggio 2006) è stato ritenuto che essendosi già perfezionati tutti gli elementi costitutivi del diritto al compenso in oggetto anteriormente alla D.D. n. 6 del 2007 non vi erano i presupposti per negare il pagamento del residuo;

8. che in base quindi alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, alla quale si ritiene di dare continuità, il ricorso deve essere accolto limitatamente agli anni successivi al 2005;

8.1 che a tanto consegue l’accoglimento in parte qua del ricorso e la cassazione della decisione con rinvio, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, ad altro giudice di secondo grado che si designa nella Corte d’appello di Genova n diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2017

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