Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7835 del 20/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7835 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 9395-2014 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE ,in
persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante protempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA
CORETII che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati
,

VINCENZO STUMPO, VINCENZO TRIOLO giusto mandato
speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
ESPOSITO DANIELA;

– intimata avverso la sentenza n. 1249/2013 del 13/03/2013, della CORTE
D’APPELLO di LECCE, depositata il 29/04/2013;

Data pubblicazione: 20/04/2016

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito l’Avvocato Vincenzo Stumpo difensore del ricorrente che si
riporta ai motivi.

FATTO E DIRITTO
marzo 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
” La Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 29 aprile 2013,
riformando la decisione del primo giudice che l’aveva rigettata,
accoglieva la domanda proposta da Esposito Daniela nei confronti
dell’INPS e ordinava all’istituto di reiscrivere la predetta negli elenchi
anagrafici dei lavoratori agricoli per 78 giornate nel 2003 e per 102
giornate nel 2004, 2005 e 2006 ed a corrisponderle l’indennità di
malattia per il periodo 16.2 — 17.3.2007 e l’indennità di disoccupazione
per il 2006.
Ad avviso della Corte territoriale aveva errato il primo giudice a
ritenere che il ricorso fosse stato proposto dopo lo spirare del termine
di decadenza in quanto: il provvedimento di cancellazione era stato
comunicato il 10 maggio 2007 e, poi, il 25 maggio 2007 era stata
comunicata la reiezione della domanda delle prestazioni correlate; il
provvedimento di cancellazione era divenuto definitivo, tenendo conto
dei termini virtuali di cui all’art. 11 del D.L. n. 375/93 applicati a
decorrere dal ricorso alla Commissione Centrale, se pure tardivo, il 5
gennaio 2008 ; il ricorso, quindi, era tempestivo perché proposto il 15
febbraio 2008.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’INPS affidato ad
un unico motivo.
La Esposito è rimasta intimata.
Ric. 2014 n. 09395 sez. ML – ud. 09-03-2016
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La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 9

Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa
applicazione del D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22, convertito, con
modifiche, dalla L. 11 marzo 1970, n. 83, della L. 11 agosto 1973, n.
533, art. 8 e, in connessione con questi, dell’art. 15 preleggi,
148 disp. att c.p.c., nel testo introdotto dalla L. n. 533 del 1973, art. 9,

360, n. 3, c.p.c.)
Si assume che il termine di 120 giorni per l’esercizio dell’azione
giudiziaria decorre dalla data in cui il provvedimento di cancellazione
dagli elenchi è divenuto definitivo per mancata proposizione del
ricorso amministrativo, ovvero dalla data di notifica all’interessato del
provvedimento conclusivo adottato in esito al procedimento
amministrativo o dalla scadenza dei termini per la definizione di tale
procedimento.
Nel caso in esame il termine 120 giorni previsto dal citato art. 22
doveva decorrere dal momento in cui il provvedimento di
cancellazione del 10 maggio 2007 era divenuto definitivo – per mancata
presentazione del ricorso amministrativo nel termine di 30 giorni – e,
dunque, era spirato alla data del deposito del ricorso giudiziario
avvenuto il 15 febbraio 2008.
Il ricorso è fondato.
Per giurisprudenza consolidata di questa Corte il termine di decadenza
di 120 giorni stabilito dal citato art. 22 per l’esercizio dell’azione
giudiziaria decorre: dai provvedimenti degli organi preposti alla
gestione degli elenchi, che siano divenuti definitivi perché non fatti
oggetto di tempestivo gravame amministrativo; dai provvedimenti (di
quegli stessi organi) che abbiano acquisito la suddetta caratteristica di
definitività in esito al procedimento amministrativo contenzioso.

Ric, 2014 n. 09395 sez. ML ud. 09-03-2016
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nonché del D.Lgs. 11 agosto 1993, n. 375, art. 11 ( in relazione all’art.

Nel primo caso il dies a quo è quello della scadenza del termine (30
giorni) stabilito dal D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11 per la presentazione
del primo dei due previsti rimedi amministrativi; nel secondo caso va
individuato con la definizione del procedimento amministrativo
contenzioso, che coincide con la data di notifica all’interessato del

dall’art. 11, cit., ovvero con la scadenza di questi stessi termini nel caso
del loro inutile decorso, dovendosi equiparare l’inerzia della
competente autorità a un provvedimento tacito di rigetto conosciuto
ex lege” dall’interessato al verificarsi della descritta evenienza (Cass. n.

20086 del 02/09/2013; Cass. Ordinanza n. 29070 del 27/12/2011;
Cass. n. 813 del 16/01/2007, tra le varie).
E’ stato anche chiarito che la definizione del procedimento
contenzioso nei sensi ora precisati segna la soglia oltre la quale la
presentazione di un ricorso tardivo, pur restando rilevante ai fini della
procedibilità dell’azione giudiziaria, non può essere recuperata per lo
spostamento in avanti del dies a quo del ripetuto termine di decadenza;
così come irrilevante, agli stessi fini, resta un’eventuale decisione
tardiva sul ricorso.
Orbene, nel caso in esame – essendo il provvedimento di
cancellazione divenuto definitivo trenta giorni dopo la comunicazione
alla Esposito, avvenuta il 10 maggio 2007, perché non fatto oggetto di
tempestivo gravame amministrativo – il termine di 120 giorni,
decorrente dal 9 giugno 2007, alla data del deposito del ricorso
giudiziario avvenuta il 15 febbraio 2008 era, ormai, spirato.
Alla luce di quanto esposto, di propone l’accoglimento del ricorso
con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5 – la cassazione
dell’impugnata sentenza con decisione nel merito, ex art. 384 , co.2°,

Ric. 2014 n. 09395 sez. ML – ud. 09-03-2016
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provvedimento conclusivo espresso, se adottato nei termini previsti

c.p.c. non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con
declaratoria di inammissibilità della originaria domanda.”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.

quindi, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e — decidendo
nel merito, ex art. 384, co.2 °, c.p.c. non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto — dichiara inammissibile l’originaria domanda.
Le spese relative ai gradi di merito vanno interamente compensate tra
le parti in considerazione del diverso esito della decisioni;
diversamente, quelle relative al presente giudizio di legittimità, per il
principio della soccombenza, sono poste a carico della Esposito e
vengono liquidate come da dispositivo.
Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto
dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di
stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti
iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame,
avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è
perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario
(Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il
presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai
sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
nel testo introdotto dall’art.1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n.
228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del

Ric. 2014 n. 09395 sez. ML – ud. 09-03-2016
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Il Collegio condivide pienamente il contenuto della relazione e,

rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante,
del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e,
decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’originaria domanda;

Esposi«) Daniela alle spese del presente giudizio liquidate in euro
100,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre
rimborso spese forfetario nella misura del 15%
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. a 115 del 2002 dà atto
della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, 9 marzo 2016.

compensa tra le parti le spese relative ai gradi di merito e condanna

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