Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7835 del 05/04/2011
Cassazione civile sez. VI, 05/04/2011, (ud. 24/02/2011, dep. 05/04/2011), n.7835
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – rel. Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
B.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Calcutta 45,
presso l’avv. Alberto D’Auria, rappresentato e difeso dall’avv.
D’AVINO Arcangelo giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro;
– intimato –
avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli emesso nel
procedimento n. 2639/2008 in data 27.10.2009.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 24.2.2011 dal
Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;
E’ presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. RUSSO Libertino Alberto.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il relatore designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., osservava quanto segue: ” B.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi avverso il decreto con il quale la Corte di Appello di Napoli, aveva condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di Euro 750,00 in suo favore, con riferimento a giudizio promosso davanti al Tar Campania e quindi proseguito davanti al Consiglio di Stato, protrattosi in primo grado dal 29.12.1999 all’1.7.2004 e quindi pendente in sede di gravame dal 12.4.2005, la cui durata era stata ritenuta ragionevole nella misura di cinque anni e, detratto il periodo di nove mesi decorso prima della proposizione dell’impugnazione, irragionevole per anni uno e mesi dieci.
Non ha resistito il Ministero intimato. In particolare, con i motivi di impugnazione il ricorrente ha rispettivamente denunciato: 1) errata determinazione del periodo di irragionevole durata in un anno e dieci mesi, che viceversa, con l’applicazione dello stesso parametro adottato dalla Corte di Appello, avrebbe dovuto essere stabilito in due anni e otto mesi, atteso che la domanda di equo indennizzo era stata presentata il 24.4.2008; 2) violazione di legge con riferimento alla quantificazione dell’indennizzo, per il rilievo attribuito alla mancata presentazione dell’istanza di prelievo; 3) vizio di motivazione, in relazione a quanto dedotto sub 2).
Ciò premesso, il relatore propone la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ritenendo manifestamente fondato il primo motivo e manifestamente infondati gli altri due.
Ed infatti, detraendo dall’arco temporale dal 29.12.1999 al 24.4.2008 un periodo di nove mesi (ritardo nella presentazione del ricorso al Consiglio di Stato) e stimato in cinque anni il periodo di ragionevole durata, ne risulta uno irragionevole di due anni e otto mesi, anzichè di un anno e dieci mesi come ritenuto.
Sono viceversa infondati gli altri due motivi, poichè la Corte di Appello non ha escluso il diritto all’indennizzo per effetto della mancata presentazione dell’istanza di prelievo ma, più semplicemente, si è limitata correttamente ad apprezzarne l’incidenza sulla relativa quantificazione”.
Tali rilievi, sui quali il Pubblico Ministero e le parti non hanno depositato conclusioni o memorie sono condivisi dal Collegio.
Ne consegue che il decreto impugnato deve essere cassato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, il Ministero va condannato al pagamento di Euro 2.000,00 (Euro 750,00 per ogni anno di eccessiva durata, come già stabilito dal giudice del merito) oltre agli interessi legali dalla domanda ed al pagamento delle spese del giudizio di merito e di quello di legittimità, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario e liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di Euro 2.000,00 in favore di B.A., oltre agli interessi legali dalla domanda e al pagamento delle spese processuali del giudizio di merito e di legittimità, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario, liquidate rispettivamente in Euro 840,00 di cui Euro 480,00 per onorari e Euro 310,00 per competenze, e in Euro 700,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2011