Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7832 del 20/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7832 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 4475-2014 proposto da:
PIACENTE ANGELO, SPOSINI FRANCESCO, eletrivamente
domiciliati in ROMA, V. G. AVEZZAN.A 2/B, presso lo studio
dell’avvocato MASSIMO CANIMAROTA, che li rappresenta e
difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

TRENIT_ALIA SPA, in persona dell’Institore ex art. 2203 c.c. per atto
del Dott. PAOLO CASTELLINI, Notaio in Roma, del 12 marzo
2008, Rep. n. 72872, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI
RIPEITA 22, presso lo studio dell’avvocato GERARDO VESCI, che
la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e
ricorso incidentale;
con troricorrente e ricorrente Incidentale –

Data pubblicazione: 20/04/2016

avverso la sentenza n. 5724/2013 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 10/06/2013, depositata il 08/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito l’Avvocato FERDINANDO DELLA CORTE, giusta delega
al verbale dell’Avvocato VESCI, difensore del

controricorrente, che si riporta ai motivi.

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 9
marzo 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
” Il giudice del lavoro presso il Tribunale di Roma accoglieva la
domanda di Sposini Francesco e Piacente Angelo – dipendenti della
Trenitalia s.p.a. – ed accertava che, ai sensi dell’art. 82 del CCNL di
settore 1998 istitutivo dell’ “assegno personale pensionabile”, nella
determinazione di tale emolumento doveva computarsi l’importo
previsto dall’ “elemento distinto della retribuzione” (EDR) di cui
all’Accordo nazionale 8.11.1995 e condannava la società al pagamento
in favore dei ricorrenti delle somme specificate in ricorso oltre
accessori.
Tale decisione veniva riformata dalla Corte di appello di Roma, con
sentenza dell’8 ottobre 2013, che, in accoglimento del gravame
proposto dalla detta società, rigettava la domanda dei dipendenti.
Rilevava Corte del merito che era fondata l’eccezione di
riassorbimento proposta dalla società appellante e cioè che la
medesima normativa invocata dagli appellati prevedeva anche il
riassorbimento dell’emolumento mediante corrispondente diminuzione
di altre voci accessorie ( salario professionale, indennità di utilizzazione
professionale ed indennità di navigazione), per cui l’inclusione
Pic. 2014 n. 04475 sez. ML
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ud. 09-03-2016

allegata

dell’EDR non poteva dar luogo alla effettiva erogazione dell’importo
così preteso, assumendo, pertanto rilievo ai soli fini della
determinazione della base pensionistica. Osservava: che dalla
normativa contrattuale emergeva come la finalità dell’istituto
dell’elemento distinto della retribuzione era stata quella di trasferire

base in modo da rendere gli stessi pensionabili; che questo travaso era
stato realizzato con il meccanismo del riassorbimento; che il risultato
di ampliamento della retribuzione base pensionabile era stato
conseguito in modo indiretto, ossia mediante il riconoscimento di un
EDR che andava ad incrementare la retribuzione base, ma che era
destinato ad essere riassorbito in varie indennità accessorie le quali,
quindi, venivano ad essere decurtate nella medesima misura.
Evidenziava che tale ultima conclusione derivava dalla lettura degli artt.
65 e 63 del CCNL Attività Ferroviarie del 16 aprile 2003 nonché degli
art. 32 e 30 del Contratto Aziendale di gruppo Ferrovie dello Stato
sottoscritto il 16 aprile 2003, costituente il secondo livello di
contrattazione richiamato dall’art. 3 del CCNL.
Per la Cassazione di tale decisione propongono ricorso lo Sposini ed
il Piacente affidato ad unico motivo.
Resiste con controricorso Trenitalia s.p.a. e propone a sua volta
ricorso incidentale condizionato fondato su due motivi.
Con l’unico motivo del ricorso principale viene dedotto omesso
esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti ( ex art. 360, n. 5, cp.c.) nonché violazione e
falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.
Si argomenta che la Corte di merito, pur ricostruendo correttamente
l’istituto dell’EDR di cui all’Accordo collettivo dell’8 novembre 1995 e
riconoscendo la computabilità del detto EDR nell’assegno personale
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una parte degli importi delle competenze accessorie nella retribuzione

pensionabile di cui all’art. 82 del CCNI, Ferrovieri 1996/1999, aveva,
poi, ritenuto l’appello fondato, rigettando la domanda dei dipendenti,
sul rilievo che detta inclusione nell’assegno personale pensionabile non
dava luogo ad alcuna erogazione di importo corrispondente
all’ammontare di detto assegno che doveva essere riassorbito dalla

Si assume che le motivazioni della Corte di appello “risultano del tutto
superficiali e parziali nonché frutto di un’errata interpretazione del
contratto collettivo e degli accordi intervenuti in materia” e si propone
una interpretazione degli artt. 30 e 82 del CCNL Attività Ferroviarie
(senza indicazione dell’anno, ma evidentemente riferito al CCNL del 6
febbraio 1998) in base alla quale l’EDR 1995 doveva essere incluso
nell’assegno personale pensionabile, sottolineandosi che la
giurisprudenza di questa Corte era consolidata nel ritenere la natura
retributiva a non meramente pensionistica dell’EDR.
Il motivo è inammissibile.
Lo è nella parte in cui si lamenta l’omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti
alla luce della interpretazione del nuovo testo dell’art. 360, secondo
comma, n. 5, c.p.c. – come modificato dall’art. 54, comma 1° lett. b)
d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modifiche in legge 7 agosto 2012
n. 134, applicabile all’impugnata sentenza pubblicata dopo 11
settembre 2012 ( ai sensi dell’art. 54, comma 3 0 dl. cit.) — operata dalle
Sezioni Unite di questa Corte ( SU n. 8053 del 7 aprile 2014).
E’ stato, infatti, precisato che, a seguito della modifica dell’art. 360,
comma 1° n. 5 cit., il vizio di motivazione si restringe a quello di
violazione di legge e, cioè, dell’art. 132 c.p.c., che impone al giudice di
indicare nella sentenza “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di
diritto della decisione”.
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proporzionale riduzione di altre voci della retribuzione.

Ed infatti perché violazione sussista si deve essere in presenza di un
vizio “così radicale da comportare con riferimento a quanto previsto
dall’art. 132, n. 4, c.p.c. la nullità della sentenza per mancanza di
motivazione”, fattispecie che si verifica quando la motivazione manchi
del tutto oppure formalmente esista come parte del documento, ma le

permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del

decisum.
Pertanto, a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla
motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il
controllo sulla esistenza (sotto il profilo della assoluta omissione o
della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile
contraddittorietà e dell’illogicità manifesta).
Inoltre, il vizio può attenere solo alla questi° farti (in ordine alle questio

juris non è configurabile un vizio di motivazione) e deve essere testuale,
deve, cioè, attenere alla motivazione in sè, a prescindere dal confronto
con le risultanze processuali.
Quanto invece allo specifico vizio previsto dal nuovo testo dell’art.
360, n. 5, c.p.c., in cui è scomparso il termine motivazione, deve
trattarsi di un omesso esame di un fatto stoico, principale o secondario, la
cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali che
abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere

decisivo

(vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso
della controversia).
Le Sezioni unite hanno specificato che “la parte ricorrente dovrà
indicare — nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366, primo
comma, n. 6 e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c.- il fatto storico, il cui
esame sia stato omesso, il dato testuale (emergente dalla sentenza) o
extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui risulti l’esistenza,
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argomentazioni siano svolte in modo “talmente contraddittorio da non

il come ed il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato
oggetto di discussione tra le parti, la decisività del fatto stesso”, fermo
restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per
sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico,
rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal

risultanze probatorie.
E’ evidente, quindi, che il motivi all’esame non presenti alcuno dei
requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5 così
come novellato nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di
questa Corte. Ed infatti non viene neppure indicato quale sia il fatto
storico di cui sarebbe stato omesso l’esame , a meno di non voler
ritenere tale, ma in modo inammissibile per quanto sopra detto, la
violazione della norme della contrattazione collettiva.
Quanto alla lamentata violazione e falsa applicazione dei contratti ed
accordi collettivi va rilevato che le censure contenute nel motivo sono
inconferenti con la motivazione della impugnata sentenza che aveva
rilevato la fondatezza della eccezione di riassorbimento sollevata da
Trenitalia questione del tutto diversa da quella della computabilità
dell’EDR 1995 nell’assegno personale pensionabile sulla quale si
diffonde il motivo. Del resto, nella impugnata sentenza, è chiaramente
affermato che non poteva giovare il richiamo alla giurisprudenza di
questa Corte in quanto formatasi in relazione alla disciplina
dell’assegno personale pensionabile dettata dal CCNL del 6 febbraio
1998 e riguardo agli artt. 73 e 82 “…che includevano l’EDR nella base
di calcolo dell’assegno personale pensionabile senza richiamare
espressamente il principio del riassorbimento invocato dalla società”.
Con i due motivi del ricorso incidentale viene dedotta violazione degli
artt. 2948, n. 3, c.c., 112 e 116 c.p.c. ( primo mezzo) nonché violazione
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giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le

degli artt. 2943 c.c. e 116 c.p.c. (secondo motivo) per avere la Corte
territoriale erroneamente ritenuto che l’eccezioni e le contestazioni
mosse nell’atto di appello — in merito alla eccezione di prescrizione —
erano inammissibili in quanto introducevano temi di indagine e di
decisione nuovi e, quindi, inammissibili in sede di gravame. In

non aveva tenuto conto che il divieto di nuove eccezioni in appello
concerneva solo le eccezioni in senso proprio e non anche le eccezioni
cosiddette improprie o mere difese (tale era l’eccezione di mancata
ricezione dell’atto interruttivo della prescrizione e della inidoneità del
documento a giustificare l’effetto interruttivo cui era diretto). Peraltro,
la sentenza era censurabile anche laddove aveva considerato idonee
allo scopo le presunte missive interruttive della prescrizione (secondo
motivo).
Si deve osservare che raccoglimento del ricorso principale comporta
l’inammissibilità del ricorso incidentale per difetto di interesse (Cass. n.
13882 del 09/06/2010; Cass. n. 4787 del 28/02/2007).
Per tutto quanto sopra considerato, previa riunione dei ricorsi in
quanto proposti avverso la medesima sentenza, si propone la
declaratoria di inammissibilità del ricorso principale e di quello
incidentale con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c. in cui si
ribadiscono le argomentazioni di cui ai motivi del ricorso principale e
di quello incidentale ma che il Collegio non considera idonee a scalfire
il contenuto sopra riportato della relazione che è pienamente
condivisibile anche se deve essere parzialmente corretto nelle
Ric. 2014 m 04475 sez. ML ud. 09-03-2016
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particolare, con il primo motivo si evidenzia che l’impugnata sentenza

conclusioni in quanto il ricorso incidentale va dichiarato assorbito dal
rigetto del principale.
Pertanto, riuniti i ricorsi in quanto proposti avverso la medesima
sentenza ( ex art. 335 c.p.c.) va dichiarato inammissibile quello
principale ed assorbito l’incidentale.

sono poste a carico dei ricorrenti e vengono liquidate come da
dispositivo
Sussistono i presupposti per il versamento, solo da parte dei
ricorrenti principali dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio,
introdotto dall’art. 1, cornma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai
procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale
quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del
ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del
destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre,
il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai
sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
nel testo introdotto dall’arti, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n.
228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del
rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante,
del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso principale,
assorbito l’incidentale, condanna i ricorrenti alle spese del presente
giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 3.000,00 per

Ric. 2014 m 04475 sez. ML – ud. 09-03-2016
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Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza,

compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del
15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento solo da parte dei
ricorrenti principali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato

art. 13.
Così deciso in Roma, 9 marzo 2016.

pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso

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