Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7831 del 20/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7831 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 3931-2014 proposto da:
INTILISANO MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
NOMENTANA 251, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
GRILLO, rappresentata

e

difeso dall’avvocato PAOLO

PERGOLIZZI giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO 01165400589,in
persone del Direttore della Direzione Centrale Prestazioni,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,
presso lo studio dell’avvocato EMILIA EAVATA, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato LUCIANA ROMEO giusta procura
speciale in calce al ricorso notificato;

+

Data pubblicazione: 20/04/2016

- resistente avverso la sentenza n. 2724/2012 del 18/12/2012 della CORTE
D’APPELLO di MESSINA, depositata il 15/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES.

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 9
marzo 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Con sentenza del 15 gennaio 2013, la Corte di Appello di Messina
confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto della domanda
proposta da Intilisano Maria nei confronti dell’INAIL ed intesa al
riconoscimento di postumi invalidanti permanenti derivati
dall’infortunio “in itinere” verificatosi il 4 febbraio 2002 mentre essa
ricorrente si stava recando, a bordo del proprio ciclomotore, sul posto
di lavoro ( l’Istituto Comprensivo n. 18 “Petrarca” presso la scuola
elementare Letterio Donato ove svolgeva l’attività di insegnante di
sostegno).
Ad avviso della Corte territoriale, per quello che ancora rileva in
questa sede, l’uso del mezzo di trasporto privato non era necessitato e
la prova testimoniale articolata dalla Intilisano era inconducente (nella
parte in cui era intesa a dimostrare che l’utilizzazione del mezzo di
trasporto pubblico per coprire il tragitto dalla propria abitazione al
luogo di lavoro non fosse particolarmente agevole) e generica (laddove
era volta a provare che, talvolta, il mezzo pubblico subiva ritardi o
saltava delle corse). La Corte , quindi, riteneva che nel caso in esame le
esigenze prospettate rispondevano solo ad una mera comodità della
lavoratrice consistente nell’impiego di un minor tempo, rispetto a

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FATTO E DIRITTO

quello necessario servendosi del trasporto pubblico, per recarsi al
lavoro e tornare a casa al termine dello stesso.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Imilisano
affidato a due motivi.
L’INAIL ha depositato procura per poter partecipare alla discussione.

applicazione dell’art. 2 del D.P.R. n. 1124 del 1965 così come
modificato dal d.Lgs n. 38 del 2000 ed omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.).
Si assume che la Corte di merito aveva omesso di valutare la
inadeguatezza dei mezzi pubblici in relazione alla distanza tra
l’abitazione ed il posto di lavoro e la circostanza che vi erano anche
esigenze familiari – il dover prestare assistenza al padre malato e
bisognoso di cure — che rendevano l’uso del mezzo privato
“necessitato”.
Con il secondo motivo viene lamentato l’omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. per non
avere la Corte di merito ammesso la prova testimoniale con la quale si
intendeva dimostrare la difficoltà di far ricorso al trasporto pubblico e
per non aver valutato la documentazione prodotta agli atti ( le direttive
per il buon funzionamento dell’istituto Comprensivo e la
documentazione anagrafica e medica relativa al padre della Intilisano).
Entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente
connessi, sono inammissibili.
Quanto alla dedotta violazione di legge vale ricordare che questa
Corte ha avuto modo di chiarire che l’art. 12 del D.Lgs. n. 38 del 2000,
(v. Cass. 6-7-2007 n. 15266), in materia di infortuni sul lavoro, ha
espressamente ricompreso nell’assicurazione obbligatoria la fattispecie
dell’infortunio “in itinere”, inserendola nell’ambito della nozione di
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Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa

occasione di lavoro di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2, ha
espresso dei criteri normativi (come quelli di “interruzione o
deviazione del tutto indipendenti da lavoro o comunque, non
necessitate”) che delimitano l’operatività della garanzia assicurativa”.
La norma, in sostanza, recependo i principi già affermati dalla

anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché
necessitato”, richiede che tale uso sia effettivamente “necessitato”, cioè
funzionalizzato, in relazione alle circostanze di tempo e di luogo in cui
avviene, ad un corretto e puntuale adempimento dei compiti
lavorativi”.
In particolare, è stato specificato che l’indennizzabilità dell’infortunio

in itinere, subito dal lavoratore nel percorrere, con mezzo proprio, la
distanza fra la sua abitazione e il luogo di lavoro, postulava: a) la
sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l’evento, nel
senso che tale percorso costituisca per l’infortunato quello normale per
recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione; b) la sussistenza
di un nesso almeno occasionale tra itinerario seguito ed attività
lavorativa, nel senso che il primo non sia dal lavoratore percorso per
ragioni personali o in orari non collegabili alla seconda; c) la necessità
dell’uso del veicolo privato, adoperato dal lavoratore, per il
collegamento tra abitazione e luogo di lavoro, considerati i suoi orari di
lavoro e quelli dei pubblici servizi di trasporto (e pluritnig Cass. n. 7717
del 2004).
L’uso del mezzo proprio, con l’assunzione degli ingenti rischi connessi
alla circolazione stradale, deve essere valutato dunque con adeguato
rigore, tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce lo
strumento normale per la mobilità delle persone e comporta il grado
minimo di esposizione al rischio di incidenti (Cass. n. 19940 del 2004).
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giurisprudenza di questa Corte, prevedendo, che “l’assicurazione opera

È stato, infine anche precisato che “in materia di indennizzabilità
dell’infortunio “in itinere” occorso al lavoratore che utilizzi il mezzo di
trasporto privato, non possono farsi rientrare nel rischio coperto dalle
garanzie previste dalla normativa sugli infortuni sul lavoro situazioni
che senza rivestire carattere di necessità – perché volte a conciliare in

familiari proprie del lavoratore – rispondano, invece, ad aspettative che,
seppure legittime per accreditare condotte di vita quotidiana
improntate a maggiore comodità o a minori disagi, non assumono uno
spessore sociale tale da giustificare un intervento a carattere
solidaristico a carico della collettività” (v. Cass. 29 luglio 2010 n.17752;
Cass. 27-7-2006 n. 17167).
Tali principi fissati con riferimento alla disciplina antecedente alla
entrata in vigore dell’art. 12 del d.Lgs. n. 38 del 2000, ovviamente
tuttora utilizzabili per verificare se l’utilizzo del mezzo proprio da parte
del lavoratore sia “necessitato”, sono stati correttamente applicati dalla
Corte di appello come emerge dalla motivazione sopra riportata sulla
scorta di una valutazione di merito non sindacabile in questa sede.
Quanto alla censura pure contenuta in entrambi i motivi, concernente
l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, la stessa è
inammissibile.
Le Sezioni Unite di questa Corte ( SU n. 8053 del 7 aprile 2014)
hanno chiarito – con riferimento allo specifico vizio previsto dal nuovo
testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c., in cui è scomparso il termine
motivazione – che deve trattarsi di un omesso esame di un fatto storico,
principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o
dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione e che
abbia carattere

decisivo

(vale a dire che se esaminato avrebbe

determinato un esito diverso della controversia).
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un’ottica di bilanciamento di interessi le esigenze del lavoro con quelle

Le Sezioni unite hanno anche specificato che “la parte ricorrente
dovrà indicare — nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366,
primo comma, n. 6 e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c.- il fatto storico,
il cui esame sia stato omesso, il dato testuale (emergente dalla
sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui

fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisività del fatto
stesso”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non
integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora
il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto
di tutte le risultanze probatorie.
Ciò detto, si rileva che i motivi all’esame finiscono con il lamentare la
omessa ammissione della prova testimoniale ed una non adeguata
considerazione dei documenti prodotti ( nel secondo motivo
prospettata anche come violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.) che,
come chiarito dalle Sezioni unite, non integrano il vizio di omesso
esame di un fatto storico.
Peraltro, non può non rilevarsi che la Corte di appello non ha
ammesso la prova testimoniale con una motivazione fondata su una
valutazione di fatto non inficiata da incongruenze di ordine logico ed
insindacabile in questa sede (Cass. n. 2201 del 31/01/2007; Cass.
n.18222 del 10/09/2004) già prima della riformulazione dell’art. 360,
n.5, c.p.c. ad opera dell’art. 54, comma 1° lett. b) d.l. 22 giugno 2012,
n. 83, conv. con modifiche in legge 7 agosto 2012 n. 134 .
Va, altresì, evidenziato che il secondo motivo è inammissibile perché
non autosufficiente, nella parte in cui lamenta il mancato esame della
produzione documentale non essendo riportato il contenuto di detti
documenti né la sede in cui gli stessi sono rinvenibili (fascicolo
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risulti l’esistenza, il come ed il quando (nel quadro processuale) tale

d’ufficio o di parte) ( ex multis: Cass. n. 16900 del 19/08/2015; Cass. n.
8569 del 09/04/2013).
Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso,
con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta

Camera di consiglio.

La Intilisano ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui si
ribadiscono le argomentazioni di cui ai motivi di ricorso ma che il
Collegio non considera idonee a scalfire il contenuto sopra riportato
della relazione che è pienamente condivisibile anche se deve essere
corretto nelle conclusioni in quanto il ricorso, stante la inammissibilità
di entrambi i motivi, va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza,
sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da
dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto
dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di
stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti
iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame,
avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è
perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario
(Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il
presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai
sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
nel testo introdotto dall’arti, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n.
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relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in

228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del
rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante,
del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente

2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario
nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, 9 marzo 2016.

alle spese del presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro

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