Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 783 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/01/2011, (ud. 18/11/2010, dep. 14/01/2011), n.783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G., F.M., elettivamente

domiciliati in ROMA VIA C. POMA 2 SC. B INT. 6, presso lo studio

dell’avvocato LEONARDI MASSIMO, che li rappresenta e difende, giusta

delega in calce;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 108/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 22/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il resistente l’Avvocato D’ASCIA, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Rieti i coniugi C.G. e F.M. impugnavano la cartella di pagamento che l’esattoria aveva fatto notificare a seguito del recupero ad imposizione di spese non deducibili, a fronte di quanto dichiarato dai contribuenti con lo rispettive dichiarazioni dei redditi per il 1993. Essi deducevano che i presupposti della pretesa tributaria erano carenti, dal momento che diversi costi erano stati sostenuti, ed in particolare i contributi previdenziali versati per la regolarizzazione della posizione della moglie quale collaboratrice familiare nell’impresa artigiana; percio’ chiedevano l’annullamento del medesimo atto.

Instauratosi il contraddittorio, l’agenzia delle entrate eccepiva l’infondatezza dell’opposizione, e percio’ chiedeva il rigetto del ricorso.

Il giudice adito lo accoglieva in parte.

Avverso tale decisione i contribuenti proponevano appello, cui l’ufficio resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale del Lazio, la quale accoglieva solo in parte l’impugnazione, osservando che, mentre alcune poste erano risultate sottoposte ad imposizione, e quindi per esse andava riconosciuta la deduzione, viceversa per i contributi versati dal marito, non solo essi non erano stati indicati nel bilancio aziendale, ma non figuravano corrisposti dalla diretta interessata, e comunque erano di carattere volontario e non invece obbligatorio.

Contro questa decisione C. e F. hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, che hanno illustrato con memoria.

L’agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col motivo addotto a sostegno del ricorso i ricorrenti deducono falsa applicazione della L. n. 414 dl 1991, artt. 22 e 31 con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 in quanto la CTR non considerava che il suindicato provvedimento non era stato indicato in nessuno scritto difensivo; ne’ il marito poteva invocarne l’applicazione, non essendo ragioniere, ma semplicemente essi chiedevano il riconoscimento della deduzione, giacche’ la moglie, pur essendo percettrice di reddito autonomo, tuttavia era collaboratrice familiare dell’impresa artigiana del coniuge dal 1982, il quale non aveva mai versato i contributi obbligatori, che percio’ erano stati corrisposti per regolarizzare quella posizione.

Il motivo e’ infondato. Come esattamente rilevato dal giudice di appello, i contribuenti non avevano assolto l’onore di fornire la prova del loro assunto. Inoltre va osservato che la facolta’, che la L. 6 agosto 1991, n. 414, art. 31, comma 1, riconosce agli iscritti alla Cassa nazionale di previdenza od assistenza dei ragionieri e periti commerciali – evidentemente richiamato non a proposito – di procedere al versamento di contributi integrativi di quello soggettivo annuo convenzionale comporta, ove esercitata, che i contributi medesimi non possano qualificarsi come obbligatori.

Pertanto essi non sono assoggettabili, in quanto tali, al regime fiscale previsto dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10 nel testo in vigore nell’anno 1993, atteso che il beneficio della deducibilita’ di tali oneri e’ stato esteso alle contribuzioni facoltative soltanto dal D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, applicabile unicamente ai contributi versati, a decorrere dal 1 gennaio 2001, e non avente quindi efficacia retroattiva (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 1605 del 26/01/2006, n. 1642 del 2005). Inoltre va rilevato che i contributi in questione, proprio perche’ non corrisposti dalla diretta interessata, bensi’ dai marito, non potevano essere dedotti dal medesimo, gusta la suindicata disposizione vigente all’epoca.

Sul punto percio’ la sentenza impugnata risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

Ne deriva che il ricorso va rigettato.

Quanto alle spese del giudizio, sussistono giusti motivi per compensarle.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso, e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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