Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7829 del 14/04/2020

Cassazione civile sez. un., 14/04/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 14/04/2020), n.7829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35320/2018 proposto da:

G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELL’UMILTA’ 49, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO ERNESTO

LUTRARIO, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE SIMONETTI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI VENEZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B.

TORTOLINI 34, presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE VENEZIAN,

MAURIZIO BALLARIN, ANTONIO IANNOTTA, NICOLETTA ONGARO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5507/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 25/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.P. propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 5507/2018 del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, depositata il 25/09/2018.

Resiste con controricorso il Comune di Venezia.

La sentenza n. 5507/2018 del Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto da G.P. contro la sentenza non definitiva del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 4837 del 19 ottobre 2017, resa nell’ambito del giudizio di appello avverso la sentenza del T.A.R. per il Veneto n. 681/2013. Quest’ultima sentenza aveva respinto il ricorso proposto dal G. avverso il provvedimento comunale che ne aveva accertato l’inottemperanza all’ordine di demolizione di opere abusive ed aveva conseguentemente disposto l’acquisizione delle medesime al patrimonio del Comune. La sentenza non definitiva del Consiglio di Stato n. 4837/2017 rigettò il secondo dei sette motivi di appello (con cui il G. lamentava che gli abusi edilizi erano stati realizzati dal padre) e nominò c.t.u. al fine di individuare i beni oggetto del provvedimento di acquisizione.

La sentenza n. 5507/2018 del Consiglio di Stato ha poi dichiarato inammissibile la revocazione, osservando: quanto al motivo sub a), che il ricorrente neppure aveva allegato quali dati documentali sarebbero stati oggetto di errata percezione, e che al più esso involgeva un error in judicando; che la censura sulla nomina del consulente d’ufficio veicolava soltanto una critica al merito della decisione istruttoria; che non si potesse in alcun modo desumere la conformità urbanistica del complesso industriale originario; quanto al motivo sub b), sulla valenza di “documento” (agli effetti dell’art. 395 c.p.c., n. 3) della sentenza emessa inter alios, che al più il ricorrente poteva lamentare un error in judicando; quanto al motivo sub c), che lo stesso era inammissibile, stante l’inesistenza degli errori di fatto censurati.

La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Il controricorrente Comune di Venezia ha depositato memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. Il ricorso per cassazione di G.P. espone in premessa che “oggetto di censura” è la “statuizione giudiziale contenuta nella sentenza impugnata che ritiene non adeguatamente specificata e documentalmente supportata l’indicata errata comprensione dei fatti in questione dei Giudici estensori della sentenza resa oggetto di ricorso per revocazione. Si ritiene opportuno quindi nella presente sede riproporre le argomentazioni svolte nel ricorso introduttivo della fase di revocazione a quo al fine di rendere comprensibile la non legittimità della statuizione resa”. Segue la trascrizione dei tre motivi di revocazione formulati conto la sentenza del Consiglio di Stato n. 4837/2017.

1.1. Il ricorso è inammissibile.

Queste Sezioni Unite hanno già più volte affermato che, in sede di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato o della Corte dei Conti pronunciate su impugnazione per revocazione, può sorgere questione di giurisdizione solo con riferimento al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima, restando comunque esclusa la possibilità di rimettere in discussione detto potere sulla precedente decisione di merito (così Cass., Sez. U., 31 ottobre 2019, n. 28214; Cass., Sez. U., 27 gennaio 2016, n. 1520; Cass., Sez. U., 23 luglio 2014, n. 16754).

E’ peraltro comunque inammissibile il ricorso per cassazione, proposto ai sensi dell’art. 362 c.p.c. e art. 111 Cost., con il quale si censura la valutazione delle condizioni di ammissibilità dell’istanza di revocazione da parte del Consiglio di Stato, giacchè con esso non viene posta una questione di sussistenza o meno del potere giurisdizionale di operare detta valutazione e, dunque, dedotta una violazione dei limiti esterni alla giurisdizione del giudice amministrativo, rispetto alla quale soltanto è consentito ricorrere in sede di legittimità in base alle anzidette norme (Cass., Sez. U., 17 settembre 2019, n. 23101; Cass. Sez. U, 8 aprile 2008, n. 9150).

Nella specie, la sentenza n. 5507/2018 del Consiglio di Stato ha pienamente valutato le condizioni di ammissibilità dell’istanza di revocazione proposta da G.P., ed è perciò inammissibile il ricorso per cassazione in esame, giacchè esso non pone affatto in discussione la sussistenza o meno del potere giurisdizionale di operare detta valutazione, e dunque una violazione di quei limiti esterni alla giurisdizione del giudice amministrativo, limitandosi, piuttosto, a denunciare un cattivo esercizio della propria giurisdizione da parte del Consiglio di Stato nel verificare i presupposti della revocazione, vizio che, attenendo all’esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo, non può essere dedotto dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.

II. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2020

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