Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7829 del 03/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 7829 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso 22100-2008 proposto da:
TRENITALIA S.P.A., nonche’ RETE FERROVIARIA ITALIANA
S.P.A., in persona dei legali rappresentanti pro
tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio
dell’avvocato SCOGNAMIGLIO RENATO, che le rappresenta
2014

e difende giusta delega in atti;
– ricorrenti –

414

contro

MARTONE FRANCESCO C.E. MRTFNC61P18B667Y,
domiciliato in

ROMA,

elettivamente

VIA GIOVANNI DA PROCIDA 36,

Data pubblicazione: 03/04/2014

presso lo studio dell’avvocato BALDARI FILIPPO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 573/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 10/09/2007 r.g.n. 4207/2004;

udienza del 05/02/2014 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
AMENDOLA;
udito l’Avvocato SANGERMANO FRANCESCO per delega
SCOGNAMIGLIO RENATO;
udito l’Avvocato BALDARI FILIPPO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per:
improcedibilità in subordine inammissibilità in
subordine rigetto.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro

Pubblica udienza del 5 febbraio 2014
n. 20 del ruolo – R.G. n. 22100/2008
Presidente Vidiri – Relatore Amendola

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

confermato la pronuncia di primo grado con cui Trenitalia Spa e Rete
Ferroviaria Italiana Spa sono state condannate, in solido, al pagamento in
favore del dipendente Francesco Martone di emolumenti retributivi a titolo di
“indennità di utilizzazione” prevista dall’art. 1, Allegato 7, del C.C.N.L. F.S.
1990 – 1992 nonché dagli articoli 33 e 42 del medesimo contratto collettivo.
In sintesi la Corte territoriale, respingendo l’appello delle società, ha
interpretato la disciplina collettiva in controversia nel senso che detta
indennità di utilizzazione spettasse per l’intera mensilità, senza alcuna
detrazione per gli eventuali giorni di assenza dal servizio, e non dovesse
dunque essere calcolata su base giornaliera, così come invece erogata dalla
datrice di lavoro.
2.— Il ricorso di Trenitalia Spa e di Rete Ferroviaria Italiana Spa,
illustrato da memoria, ha domandato la cassazione della sentenza per un
unico motivo, concluso da un quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., nel
testo pro tempore vigente.
Ha resistito con controricorso l’intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.— Con l’unica censura le società ricorrenti denunciano violazione e
falsa applicazione dell’art. 39, co. 1, Cost., avuto riguardo al principio della
derogabilità del contratto collettivo di categoria a mezzo di altro contratto
collettivo, anche tacitamente concluso, nonché degli articoli 1372, 1350 e
1362 c.c., in relazione al contratto individuale concluso tra le FF.SS. ed i
singoli lavoratori.
Secondo le istanti il criterio di calcolo della “indennità di utilizzazione”
indicato dalla contrattazione colettiva necessitava di una integrazione che

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1.— Con sentenza del 10 settembre 2007 la Corte di Appello di Roma ha

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro
sarebbe stata operata dal “Foglio di disposizioni” emanato dall’ente F.S. il 22
settembre 1990 e che collegava la percezione dell’emolumento alla presenza
in servizio.
L’applicazione per molti anni ad opera della datrice di lavoro di tale

realizzato, per comportamento concludente, un accordo sindacale integrativo
ovvero una accettazione tacita da parte dei singoli dipendenti delle detrazioni
dell’indennità di utilizzazione per i giorni di assenza dal servizio.
2.— La Corte giudica il ricorso inammissibile.
2.1.— L’art. 366, co. 1, n. 6, c.p.c., statuisce che il ricorso in cassazione
tra l’altro deve contenere, “a pena di inammissibilità”, “la specifica
indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi
collettivi sui quali il ricorso si fonda”.
Per consolidato orientamento di questa Corte la disposizione, oltre a
richiedere la specifica “indicazione” degli atti e documenti posti a
fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il
documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica
indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che
si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art.
369, co. 2, n. 4, c.p.c., anche che esso sia prodotto in sede di legittimità (per
tutte v. Cass. SS.UU. n. 28547 del 2008).
In particolare le stesse Sezioni unite (sent. n. 7161 del 2010) hanno
successivamente articolato i seguenti distinguo: “a) qualora il documento sia
stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel
fascicolo di quelle fasi, la produzione può avvenire per il tramite della
produzione di tale fascicolo, ferma restando la necessità di indicare nel
ricorso la sede in cui esso ivi è rinvenibile e di indicare che il fascicolo è
prodotto, occorrendo tali indicazioni perché il requisito della indicazione
specifica sia assolto; b) se il documento risulti prodotto nelle fasi di merito
dalla controparte, è necessario che il ricorrente indichi che il documento è

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criterio di calcolo, non contestata dai sindacati e dai lavoratori, avrebbe

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Sezione lavoro
prodotto nel fascicolo del giudizio di merito della controparte e che cautelativamente e comunque stante l’autonoma previsione dell’art. 369
c.p.c., n. 4 citato, che riferisce l’onere di produzione direttamente al
ricorrente, per il caso che quella controparte possa non costituirsi in sede di
senza il documento – produca in copia il documento stesso (appunto ai sensi
dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, ed indichi tale modalità di produzione nel
ricorso); c) se si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, ipotesi
che stante il tenore dell’art. 372 c.p.c., comma 1, continua a riguardare il
caso dei documenti relativi alla nullità della sentenza impugnata o
all’ammissibilità del ricorso, e’ necessario che il ricorrente indichi nel ricorso
la produzione, individuando il documento e, quindi, lo produca unitamente a
questo; d) se si tratti documenti attinenti alla fondatezza del ricorso che si
sono formati dopo le fasi di merito e comunque dopo l’esaurimento della
possibilità di produrli in esse sono necessari adempimenti simili a quelli di
cui alla lettera precedente”.
Nell’impugnazione che ci occupa le società, sebbene riportino il testo del
“Foglio di disposizioni” dell’ente F.S. n. 132/1990 su cui si fonda il ricorso,
non indicano specificamente in alcun punto del motivo esposto in quale sede
processuale risulti prodotto il documento richiamato.
2.2.— Il ricorso è inammissibile anche per altro verso.
Come questa Corte ha più volte affermato, nel giudizio di legittimità le
censure relative all’interpretazione di un contratto o di un accordo collettivo
offerta da parte del giudice di merito possono essere prospettate sotto il
profilo della mancata osservanza dei criteri legali di ermeneutica contrattuale
o della insufficienza o contraddittorietà della motivazione, mentre la mera
contrapposizione fra l’interpretazione proposta dal ricorrente e quella accolta
nella sentenza impugnata non riveste alcuna utilità ai fini dell’annullamento
di quest’ultima (tra le tante, Cass. n. 4851 del 2009, n. 22102 del 2009, n.
10554 del 2010, n. 17717 del 2011, n. 17168 del 2012).

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legittimità o possa costituirsi senza produrre il fascicolo o possa produrlo

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro

Sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica che la
denuncia del vizio di motivazione esigono, poi, una specifica indicazione, e
cioè la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata la violazione
anzidetta e delle ragioni dell’obiettiva deficienza e contraddittorietà del

la qualificazione loro attribuita dalla parte ricorrente, nella mera
contrapposizione di un’interpretazione diversa da quella criticata (cfr.,

ex

multis, Cass. n. 23635 del 2010 e n. 6641 del 2012).
Nella specie la Corte territoriale, partendo dal dato letterale della
clausola collettiva in controversia, ha ritenuto evidente “come la stessa
terminologia impiegata dalle parti contraenti (, e ) alluda ed anzi renda palese
l’univoca e specifica intenzione delle stesse parti sociali contraenti di
conteggiare l’indennità di utilizzazione ricomprendendo in essa ogni mese
una certa determinata somma normalmente ed astrattamente prestabilita e
quindi sostanzialmente invariabile, nella stessa entità già prefissata in sede
contrattuale dalle parti contraenti collettive tenendo conto di ogni singola
classe di stipendio”.
Al cospetto di tale esegesi rispettosa del canone primario di
interpretazione dei contratti, le parti ricorrenti non specificano le regole e i
principi ermeneutici asseritamente violati né precisano in qual modo il
giudice del merito se ne sia discostato.
Piuttosto hanno evidenziato che la clausola in discorso richiedesse una
integrazione ad opera del citato “Foglio di disposizioni”, senza spiegare quali
elementi letterali della disposizione collettiva ne postulassero la necessità,
semplicemente contrapponendo una propria interpretazione a quella diversa
resa dalla sentenza impugnata, rendendo così inammissibile la censura.
3.— Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo,
con distrazione al procuratore dichiaratosi antistatario.

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ragionamento del giudice, non potendo le censure risolversi, in contrasto con

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Sezione lavoro
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le società
ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità
liquidate in euro 1500,00 per compensi professionali, euro 100,00 per spese,

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 febbr. *o 2014

oltre accessori, con attribuzione all’avv. F. Baldari antistatario.

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