Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7827 del 31/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 31/03/2010), n.7827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – rel. Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 34628 R.G. 2006 proposto da:

P.M., rappresentata e difesa, con procura a margine

del ricorso, dall’avv. DE PIETRO Gino, con il quale elettivamente

domicilia in Roma, alla Via Faleria 37, presso lo studio dell’avv.

Assunta Mazzeo;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE, nelle

persone, rispettivamente, del Ministro e del Direttore pro tempore,

rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliataria in Roma, alla Via dei Portoghesi 12;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Campania in data 17 novembre 2005, depositata col n.

251/45/05 il 29 dicembre 2005.

Viste le richieste scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso per essere manifestamente fondato quanto

al primo motivo, assorbiti gli altri;

udita, in Camera di consiglio, la relazione del Dott. Papa.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Che P.M. – esercente la professione di medico – ricorre, con tre motivi, avverso la sentenza della Commissione della Commissione tributaria regionale della Campania, indicata in epigrafe, che, accogliendo il gravame dell’Ufficio di Benevento dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione provinciale n. 143/08/2004, le ha negato il diritto al rimborso dell’IRAP versata per il 1998-2002: per il primo anno, in quanto la contribuente era incorsa nella decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 (nel testo anteriore alla entrata in vigore della L. n. 133 del 1999, che, all’art. 1, ha elevato il relativo termine da diciotto a quarantotto mesi), e, per gli anni successivi, avendo ritenuto non provata la mancanza del presupposto della “attività autonomamente organizzata”.

Denunzia, in ordine successivo, la ricorrente:

1) “violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 329, 345 e 346 c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 56 e del principio secondo cui i fatti addotti e non contestati non necessitano di essere specificamente provati in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e comunque per nullità della sentenza e del procedimento d’appello in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5”: deduce che l’Ufficio, mentre già in primo grado, senza contestare le affermazioni della ricorrente, si era limitato ad opporre “che qualsiasi lavoratore autonomo è di per sè dotato di una organizzazione che costituisce il presupposto dell’imposta in questione”, anche in appello aveva limitato la propria censura, testualmente affermando che “ai fini IRAP è quindi attività autonomamente organizzata anche con l’organizzazione del proprio lavoro ed è imponibile perchè deducibile dall’imponibile IRAP del committente. Accedere alla tesi opposta, ed esentare dall’IRAP qualcuno in base alla carenza di organizzazione vorrebbe dire rendere indeducibile il compenso ai fini IRAP per il committente, oppure, nel caso di soggetti operanti con consumatori finali, escludere da tassazione un valore aggiunto che certamente sussiste (…) di conseguenza, conformemente agli orientamenti espressi dalla dottrina e dalla giurisprudenza, si deve ritenere che l’esistenza pur minima del requisito dell’organizzazione sia una connotazione tipica del lavoro autonomo, alla quale vien fatto riferimento per differenziarlo dal lavoro dipendente. La mancanza del requisito della organizzazione autonoma si ravvisa nelle attività di lavoro autonomo indicate nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, commi 2 e 3 (T.U.I.R.) che infatti come le collaborazioni continuate e continuative non realizzano soggettività passiva per l’applicazione dell’IRAP (…) poichè l’IRAP è un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, deve ritenersi che anche modiche quantità di organizzazione del professionista autonomo, quale la capacità di reperire clienti, sono sufficienti ed idonee ad integrare l’ipotesi legislativa in esame (…). Si duole, pertanto, che il giudice a quo abbia spinto l’esame oltre i limiti della questione giuridica prospettata, giungendo – oltre tutto in maniera erronea – a valutare se in concreto sussistesse un’organizzazione autonoma rilevante ai fini dell’IRAP;

2) “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, nel senso che l’onere della prova sul presupposto d’imposta incombeva in realtà all’ente impositore;

3) “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″, essendo certamente da escludere dall’ambito di applicazione dell’IRAP il professionista operante senza autonoma organizzazione”.

Gli intimati Ministero dell’economia e delle finanze ed Agenzia delle entrate non svolgono attività difensiva.

Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha concluso per l’accoglimento del ricorso per essere manifestamente fondato quanto al primo motivo, assorbiti gli altri.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Che è inammissibile il ricorso proposto nei confronti del ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte nel presente giudizio. Alla relativa declaratoria non conseguono statuizioni sulle spese.

E’ manifestamente fondato il primo motivo del ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

Dal riportato contenuto del ricorso emerge testualmente come l’Agenzia locale, avendo affermato ripetutamente doversi prescindere dalla entità della organizzazione di un lavoratore autonomo, si sia limitata a proporre una questione – peraltro erronea – di diritto, senza mai indubbiare i dati di fatto della questione; con l’evidente preclusione, per il giudice a quo, di ogni esame circa l’ampiezza della organizzazione stessa, in concreto.

Costituisce, infatti, orientamento ormai affermato (cfr. Cass., 5^, 1540/2007) quello secondo cui “anche al processo tributario – caratterizzato, al pari di quello civile, dalla necessità di difesa tecnica e da un sistema di preclusioni, nonchè dal rinvio alle norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili – è applicabile il principio generale di non contestazione che informa il sistema processuale civile (con il relativo corollario del dovere del giudice di ritenere non abbisognevoli di prova i fatti non espressamente contestati), il quale trova fondamento non solo negli artt. 167 e 416 cod. proc. civ., ma anche nel carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena, nella generale organizzazione per preclusioni successive, che caratterizza in misura maggiore o minore ogni sistema processuale, nel dovere di lealtà e probità previsto dall’art. 88 cod. proc. civ., il quale impone alle parti di collaborare fin dall’inizio a circoscrivere la materia effettivamente controversa, e nel generale principio di economia che deve sempre informare il processo, soprattutto alla luce del novellato art. 111 Cost.”.

Da ciò deriva l’accoglimento del primo motivo, con evidente assorbimento dei restanti.

Consegue, altresì, la cassazione della sentenza impugnata, e non essendo necessari nuovi accertamenti di fatto, l’accoglimento del ricorso introduttivo, con esclusione del rimborso per l’anno 1998, in ordine a cui il giudice a quo ha rilevato la decadenza già evidenziata, non oggetto di censura in questa sede.

Le spese processuali dell’intero giudizio possono restare compensate, avuto riguardo all’epoca di affermazione del principio giurisprudenziale applicato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero delle finanze; accoglie il primo motivo di quello proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente, limitatamente agli anni 1999, 2000, 2001 e 2002; compensa le spese dell’intero giudizio fra le parti.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2010

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA