Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7826 del 14/04/2020

Cassazione civile sez. un., 14/04/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 14/04/2020), n.7826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5351/2019 proposto da:

P.F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli

avvocati IVANA CALCOPIETRO, e FRANCESCO GIAMPA’;

– ricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente pro tempore della Giunta

regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO 12,

presso lo studio dell’avvocato GRAZIANO PUNGI’, rappresentata e

difesa dall’avvocato PAOLO FALDUTO;

– controricorrente –

e contro

DIPARTIMENTO ORGANIZZAZIONE E PERSONALE DELLA GIUNTA REGIONALE DELLA

CALABRIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6437/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 15/11/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso, confermandosi la declaratoria di sussistenza della

giurisdizione del G.O.;

uditi gli avvocati Francesco Giampà ed Ivana Calcopietro.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR della Calabria che aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a decidere la controversia avente ad oggetto il trasferimento del Dott. P.F.P. – con decreto del 10 marzo 2008 n. 2218 e in applicazione della Delib. Giunta Regionale Generale n. 620 del 2007, dispositiva del Piano trasferimenti del personale addetto ai servizi socio psico pedagocici di cui alla L.R. 5 maggio 1990, n. 57 – nei ruoli della A.S.P. di Vibo Valentia.

2. Il giudice di appello ha osservato che, ai sensi della L.R. n. 57 del 1990, art. 5, la Regione Calabria aveva stabilito di mantenere in servizio, seppure in posizione non di ruolo, gli operatori socio psico pedagocici salvo poi prevedere una procedura di mobilità per il trasferimento nei ruoli dell’Azienda Sanitaria Provinciale, ovvero presso le amministrazioni dove già erano in servizio in base al rapporto istaurato con la Regione. Ha rammentato che ai sensi della L.R. n. 9 del 2007, art. 28, la Giunta regionale ha stabilito un piano di trasferimento del personale già destinato, ai sensi della L.R. n. 23 del 2003, art. 37, alle strutture degli enti sociali presso cui presta servizio fatta salva la possibilità di essere comandati. Ha quindi posto in evidenza che si trattava di una procedura di mobilità priva di concorso pubblico d’ingresso e che nel ricorso era stato denunciato che nella sua attuazione si era determinato un demansionamento ed una grave penalizzazione economica del rapporto di lavoro già in essere e non investiva se non genericamente l’atto organizzativo di base concernente il reimpiego del personale.

3. Ricorre P.F.P. insistendo per la giurisdizione del giudice amministrativo e denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, artt. 1, 7 e art. 133, comma 1, lett. i) del cod. proc. amm.. La nullità per illegittimità, illogicità manifesta, contraddittorietà. La violazione del principio di cui agli artt. 112,115 e 11 c.p.c. e dell’art. 39cod. proc. amm.. L’omessa e/o apparente motivazione ed il travisamento dei fatti. Resiste con controricorso la Regione Calabria. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso e la conferma della giurisdizione del giudice ordinario.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Il ricorso non può essere accolto.

4.1. Occorre premettere in fatto che il Dott. P.F.P. impugnò davanti al TAR della Calabria Sez. di Catanzaro il Decreto 10 marzo 2008, n. 2218, con il quale in applicazione della Delib. Giunta Regionale Generale n. 620 del 2007, dispositiva del Piano di trasferimento del contingente del quale faceva parte il ricorrente, era stato disposto il trasferimento in ruolo presso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia del personale addetto ai servizi socio-psicopedagogici di cui alla L.R. 5 maggio 1990, n. 57.

4.2. Ad avviso del P. il decreto, e gli atti connessi presupposti e conseguenziali, era illegittimo perchè in violazione della normativa regionale applicabilei oltre che illogico e contraddittorio rispetto alla Delib. della giunta da attuare, poichè non era stata prevista “la ricognizione delle categorie e dei profili professionali di appartenenza”.

4.3. Tanto premesso va qui ribadito che la giurisdizione si determina in base al petitum sostanziale, da individuare con riferimento ai fatti materiali allegati dall’attore e alle particolari caratteristiche del rapporto dedotto in giudizio. Rientra comunque nella giurisdizione del giudice ordinario il potere di verificare, in via incidentale, la legittimità degli atti generali di autoregolamentazione dell’ente pubblico (per eventualmente disapplicarli), qualora il giudizio verta su pretese attinenti al rapporto di lavoro e riguardi, quindi, posizioni di diritto soggettivo del lavoratore, in relazione alle quali i suddetti provvedimenti di autoregolamentazione costituiscono solamente atti presupposti (cfr. Cass. Sez. U. 21/12/2018 n. 33213 ed ivi ampi richiami di giurisprudenza).

4.4. Nel caso in esame il Dott. P., fin dal primo grado di giudizio ha lamentato di essere stato pregiudicato dal decreto attuativo della Delib. Giunta Regionale n. 670 del 2007, deducendone l’illegittimità sul presupposto dell’avvenuta violazione delle prescrizioni contenute nell’atto presupposto, non avendo proceduto alla puntuale ricognizione dei rapporti di lavoro come previsto dalla Delib. giuntale di cui si assume la conformità alla L.R. n. 23 del 2003, art. 37.

4.5. Il ricorrente ha inteso impugnare un atto di gestione del rapporto di lavoro, il provvedimento con il quale è stato disposto il trasferimento del Dott. P., in quanto facente parte del personale addetto ai servizi socio psico pedagogici all’Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia, ai sensi della L.R. 11 maggio 2007, n. 9, art. 28. L’atto si configura come una cessione del contratto di lavoro del dipendente pubblico. Una mobilità che non determina la costituzione di un nuovo rapporto di pubblico impiego o una nuova assunzione ma unicamente la modificazione soggettiva del rapporto di lavoro già in atto. Non si tratta di costituire un rapporto ex novo con l’Azienda Sanitaria Provinciale al di fuori di qualsivoglia procedura volta all’instaurazione del rapporto di lavoro ma dell’immissione “in ruolo” che rende stabile un rapporto di lavoro con la P.A. già in essere.

4.5. Si tratta di una forma di mobilità in esito alla quale si è determinata l’assunzione in ruolo dell’odierno ricorrente e, questa Corte ha affermato, anche di recente, che ove, come nella specie, non venga in rilievo la costituzione di un nuovo rapporto lavorativo a seguito di procedura concorsuale, ma si verifichi una mera modificazione soggettiva del rapporto preesistente, si realizza una cessione del contratto e la relativa controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, non venendo in rilievo la costituzione di un nuovo rapporto lavorativo a seguito di procedura selettiva concorsuale (Cfr. Cass. sez. U. 33213 del 2018 cit ed anche n. 1417 del 2018 e 19251 del 2010).

4.6. In sostanza un provvedimento che, come quello in esame, disponga del rapporto esistente e non incida sull’organizzazione in generale dell’amministrazione, individuandone uffici, stabilendone la rilevanza, determinandone le dotazioni organiche complessive, attività questa demandata agli Organi di indirizzo politico-amministrativo, rientra tra gli atti di cd. “organizzazione minore” adottati dai dirigenti, al pari degli atti di gestione del rapporto in senso stretto, nell’esercizio della capacità e dei poteri del privato datore di lavoro e nell’ambito e sulla base degli atti organizzativi di carattere generale.

5. In conclusione il giudice del lavoro è il giudice del rapporto chiamato a risolvere le controversie che attengono alla sua gestione con eccezione degli atti organizzativi generali presupposti dei quali può conoscere, se del caso, solo per disapplicarli. Al giudice amministrativo è demandata invece la soluzione delle controversie che attengono alle procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni oltre che di quelle che riguardano la “configurazione strutturale” degli uffici, vale a dire che afferiscono all’individuazione delle linee fondamentali dell’organizzazione, degli uffici di maggiore rilevanza, delle modalità generali di conferimento della titolarità dei medesimi, di determinazione delle pìante organiche, in sintesi le funzioni alle quali la P.A. provvede mediante atti organizzativi generali, anche di natura normativa presupposti all’attività di gestione del rapporto (cfr. Cass. Sez. U. 21/12/2018 n. 33212 e 27/02/2017n. 4881).

6. Dalle esposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso e la conferma della affermata giurisdizione del giudice ordinario. Il ricorrente deve essere poi condannato al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in dispositivo. Inoltre va dato atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R., se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 3.000,00 per compensi professionali Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2020

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