Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7826 del 03/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 7826 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: GHINOY PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 20459-2008 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
2014
353

RICCIO ALESSANDRO, NICOLA VALENTE, ANTONELLA PATTERI,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

e

contro

GALLISTO ANTONIO C.F. GLLNTN45A24A399D, elettivamente

Data pubblicazione: 03/04/2014

domiciliato in ROMA, VIA AGRI 1, presso lo studio
dell’avvocato NAPPI PASQUALE, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato VITIELLO ERNESTO,
giusta delega in atti;
controri corrente

D’APPELLO di MILANO, depositata il 01/08/2007 R.G.N.
1237/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/01/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA
GHINOY;
udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA;
udito l’Avvocato NAPPI MASSIMO per delega NAPPI
PASQUALE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso per integrazione della
motivazione.

avverso il provvedimento n. 754/2007 della CORTE

R. Gen. N. 20459/2008
Udienza 30.1.2014

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
1. Il Tribunale di Monza con sentenza del 10 gennaio 2006 respingeva la
domanda di Antonio Gallisto diretta all’accertamento del suo diritto ad ottenere la
liquidazione della pensione sulla base di un’anzianità contributiva di 35 anni, con la
condanna dell’Inps al pagamento delle differenze maturate rispetto alla pensione

La sentenza veniva gravata di appello dal Gallisto, all’esito del quale la Corte di
Milano emetteva una sentenza nella cui motivazione argomentava che la domanda
era fondata, ma che doveva essere altresì accolto l’appello incidentale dell’Inps in
quanto il pagamento dei ratei pregressi poteva essere riconosciuto solo per il triennio
anteriore alla proposizione della domanda giudiziale, considerato che per i ratei
precedenti era maturata la decadenza triennale prevista dall’art. 47 del DPR 639 del
1970. Riteneva poi di compensare tra le parti le spese processuali in ragione della
parziale soccombenza reciproca nella misura della metà, ponendo l’ulteriore metà a
carico dell’Inps. Nel dispositivo tuttavia la Corte così si pronunciava: “La Corte, in
riforma della sentenza n. 3 del 2006 del Tribunale di Monza, dichiara il diritto di
Gallisto ad ottenere la liquidazione della pensione sulla base di un’anzianità
contributiva di 35 anni e quindi nella somma mensile calcolata al momento del
pensionamento; dichiara compensate per metà le spese dei due gradi del giudizio e
condanna l’Inps a corrispondere l’ulteriore metà, liquidata in € 2.000”, omettendo la
statuizione sulla misura del riconoscimento dei ratei arretrati.
2. Per la cassazione di tale sentenza l’Inps ha proposto appello, affidato ad un
unico motivo, cui ha resistito Antonio Gallisto.
A fondamento del ricorso l’istituto previdenziale deduce la “nullità della sentenza ai
sensi dell’art. 156 c.2 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.”. Lamenta il contrasto
tra motivazione e dispositivo in cui è incorsa la Corte di merito e sostiene che la
sentenza sarebbe di conseguenza nulla.
3. La fattispecie sottoposta all’esame di questa Corte di legittimità è del tutto
peculiare: nel dispositivo della sentenza, il giudice di merito si è pronunciato sul
diritto alla maggiorazione pensionistica, ritenendolo fondato. Sotto tale aspetto, vi è
coerenza tra la motivazione ed il dispositivo e la sentenza è in grado di produrre i
P a Ghinoy, estensore
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corrisposta.

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Udienza 30.1.2014

suoi effetti. La Corte tuttavia non ha quantificato il dovuto, né ha dettato in
dispositivo alcuna statuizione sulla spettanza delle differenze sui ratei arretrati, sulle
quali, secondo la motivazione, aveva inciso la decadenza. Per tale aspetto sussiste il
contrasto tra la motivazione, che ha affrontato e risolto tale aspetto, ed il dispositivo,
nel quale non ve ne è traccia. Tale omissione crea oggettiva incertezza sulla portata

più nella sua veste di ente gestore di denaro pubblico destinato alla tutela di diritti
primari dell’individuo, ad ottenere una statuizione dotata dei caratteri
dell’incontestabilità, anche nella parte in cui viene individuata la misura degli
importi che per effetto del riconoscimento del diritto deve erogare al pensionato.
4. Il ricorso deve quindi essere accolto, in quanto il vizio denunciato sussiste
e l’incertezza applicativa non può essere risolta in via interpretativa, come sostenuto
dalla difesa dell’intimato, ma richiede un intervento correttivo.
Ciò in quanto costituisce ius receptum l’affermazione – resa in relazione a fattispecie
analoghe a quella in esame, in cui la motivazione non era contestuale ex art. 429 I
comma I periodo c.p.c., come modificato dall’art. 53 comma 2 del D.L. n. 112 del
2008, conv. nella L. 133 dello stesso anno- che nel rito del lavoro il dictum si
esprime nel dispositivo della sentenza letto in udienza, il quale assume rilevanza
autonoma in quanto contiene gli elementi del comando giudiziale che non possono
essere mutati in sede di redazione della motivazione (cfr. ex plurimis: Cass. Sez. L,
ordinanza n. 21885 del 26.10.2010, Cass. 15.1.96 n. 279; 30.07.92 n. 9131; Cass.
22.1.88 n. 505). Da tale presupposto consegue che il principio dell’interpretazione
del dispositivo della sentenza mediante la motivazione (Cass. 8.03.07 n. 5337),
benché applicabile anche nel rito del lavoro, non può sanare contrasti irriducibili fra
le due componenti, dovendo in tal caso darsi la prevalenza al secondo che,
acquistando pubblicità con la lettura fattane in udienza, cristallizza stabilmente la
statuizione emanata nella concreta fattispecie (Cass. 12.10.98 n. 10095). Né, per gli
stessi motivi, la portata della pronuncia cristallizzata nel dispositivo letto in udienza
può essere integrata sotto il profilo “quantitativo” mediante il ricorso alla
motivazione, con aggiunta di statuizioni ivi non espressamente contenute.

Ghinoy, estensore
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della sentenza, sicché sussiste l’interesse dell’istituto previdenziale ricorrente, tanto

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Udienza 30.1.2014

5. In considerazione di quanto sinora detto la fattispecie scrutinata non trova
la sua collocazione giuridica nell’ambito dell’errore materiale (nella nozione che ne è
stata delineata da ultimo da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 816 del 25/01/2000, Sez. 2,
Sentenza n. 5196 del 11/04/2002 e Sez. 1, Sentenza n. 19601 del 26/09/2011), in
quanto l’ omissione in dispositivo riguarda una parte della statuizione sul merito

produrre effetti per tale aspetto. La lacuna non è emendabile quindi con il ricorso alla
relativa procedura di correzione, ritenuta applicabile da questa Corte in alcune ipotesi
di contrasto parziale tra motivazione e dispositivo (Cass. Sez. L, ordinanza n. 21885
del 26/10/2010, Sez. L, sentenza n. 18090 del 27/08/2007).
6. Onde perseguire il risultato di comporre la discrasia quantitativa tra il
dispositivo e la motivazione, occorre rilevare che non vi è contrasto tra le parti sul
punto della debenza delle differenze arretrate della pensione, riliquidata secondo i
dettami della Corte di merito, nei limiti determinatisi per effetto dell’intervenuta
decadenza triennale. Lo stesso intimato infatti afferma che si potrebbe comunque
integrare il dispositivo con la motivazione e che in un’eventuale controversia avente
ad oggetto la quantificazione del diritto non potrebbe non tenersi conto della
motivazione della sentenza.
7. Al fine di individuare la soluzione funzionale a riportare la statuizione nei
corretti canoni del diritto regolando la fattispecie secondo i parametri accertati dalla
Corte di merito ed accettati dalle parti, non può poi non tenersi conto del principio di
ragionevole durata del processo, inteso sia sotto il profilo oggettivo, di canone di
buona amministrazione della giustizia, recepito nella nostra Costituzione in specie
all’art. 111 nel capo dedicato alla giurisdizione, sia nella sua dimensione soggettiva,
di strumento diretto alla protezione dei diritti fondamentali, valorizzata nella
Convenzione europea dei diritti dell’uomo ( ratificata in Italia con la L. 4 agosto
1955 n. 848).
8. La soluzione che appare maggiormente idonea a perseguire il risultato
proposto, che consente alle parti una celere definizione della controversia, è quindi
quella di cassare la pronuncia impugnata in considerazione del vizio riscontrato e,
poiché emergono da essa tutti gli elementi richiesti dal codice di rito, decidere la
Paol Ghinoy, estensore
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della pretesa e quindi della “sostanza del giudizio” e determina l’impossibilità di

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Udienza 30.1.2014

causa nel merito ai sensi dell’art. 384 II comma cod. proc. civ. , dichiarando il diritto
di Gallisto Antonio ad ottenere la liquidazione della pensione sulla base di
un’ anzianità contributiva di 35 anni e quindi nella somma mensile calcolata al
momento del pensionamento, fatti salvi, tra i ratei arretrati, solo quelli del triennio
antecedente alla proposizione della domanda giudiziale perché non estinti.

merito anche in presenza di errores in procedendo, quando non siano necessari
ulteriori accertamenti in fatto (Sez. 3, Sentenza n. 2977 del 15/02/2005, Sez. 3,
Sentenza n. 7073 del 28/03/2006), purché ciò non comporti soppressione di un
giudizio di merito (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15808 del 11/11/2002).
9. Quanto alla regolamentazione delle spese, per il giudizio di merito si
conferma quella adottata dalla Corte d’Appello, con la compensazione tra le parti
della metà delle stesse in considerazione della parziale soccombenza reciproca e la
condanna dell’Inps a rifonderne l’ulteriore metà, oltre accessori, mentre le spese del
presente giudizio di legittimità vengono compensate integralmente tra le parti in
ragione della peculiarità della controversia e della sostanziale convergenza sulla
regolamentazione del rapporto previdenziale in relazione all’aspetto oggetto di
giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
dichiara il diritto di Gallisto Antonio ad ottenere la liquidazione della pensione sulla
base di un’anzianità contributiva di 35 anni e quindi nella somma mensile calcolata
al momento del pensionamento, fatti salvi i soli ratei del triennio antecedente alla
proposizione della domanda giudiziale. Compensa tra le parti le spese del giudizio di
merito nella misura della metà e condanna l’Inps al pagamento dell’ulteriore metà,
liquidata in € 2.000,00 complessivi, oltre accessori; compensa le spese del presente
giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 30.1.2014

E’ stata del resto già ammessa da questa Corte la possibilità di decidere la causa nel

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