Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7825 del 31/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 31/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 31/03/2010), n.7825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – rel. Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 32176 R.G. 2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura Generale dello

Stato, damiciliataria in Roma, alla Via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

M.M., rappresentato e difeso, con procura a margine

del controricorso, dagli avv.ti MORA Paolo e Maria Grazia MODESTI, ed

elettivamente domiciliato in Roma, alla via Ferrari 2, presso lo

studio dell’avv. Ernesto Carpio;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia in data 8 giugno 2005, depositata col n.

79/25/05 il 29 settembre 2005.

Sentito per il controricorrente l’avv. Maria Grazia Modesti;

viste le richieste scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso quanto al secondo motivo, per essere

manifestamente fondato;

udita, in Camera di consiglio, la relazione del Dott. Papa.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

– che l’Agenzia delle entrate ricorre, con due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, indicata in epigrafe, che ha respinto il gravame dell’Ufficio di Milano (OMISSIS), contro la decisione con cui la Commissione tributaria provinciale aveva accolto parzialmente il ricorso del contribuente M.M. – architetto – contro il silenzio rifiuto sulla istanza di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998-2001, accogliendo, per contro, il gravame incidentale dello stesso contribuente e disponendo l’integrale restituzione delle imposte versate.

Denunciando “violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 144, nonchè del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2, 3, 8, 27 e 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, la ricorrente censura la sentenza per aver dato al presupposto della “autonoma organizzazione” una valenza meramente materiale, laddove esso appare rivestire rilievo squisitamente economico, nel senso che ben può bastare la capacità di ottenere credito o di procurarsi autonomamente una propria clientela; e deducendo, in ordine successivo, “omessa, illogica ed incoerente motivazione si punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, si duole – in via evidentemente gradata – che il giudice del gravame abbia disposto, per l’anno 1999, il rimborso per Euro 1.149,11, oltre euro 701,86, che – già riconosciuti nella sentenza di primo grado – erano da ritenere ricompresi nella maggior somma liquidata.

Resistendo con controricorso, il contribuente oppone la inammissibilità della impugnazione avversaria, perchè proposta fuori termine; e, nel merito, la inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del primo motivo, in quanto formulato avverso una, corretta, valutazione di merito; e la sostanziale inammissibilità del secondo, rivolto contro un mero errore di calcolo, non essendo controversa l’entità della somma complessiva chiesta in restituzione.

Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha concluso per il rigetto del primo motivo di ricorso, per manifesta infondatezza, e l’accoglimento del secondo, per manifesta fondatezza.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Che preliminarmente, l’eccezione di tardività del ricorso (notificato il 14 novembre 2006) è priva di pregio, avendo erroneamente computato, il controricorrente, il periodo della sospensione feriale in quarantacinque giorni (con scadenza del termine lungo il 13 novembre) in luogo di quarantasei, corrispondenti al periodo dal 1 agosto al 15 settembre.

Ciò posto, la prima censura articolata in ricorso è manifestamente infondata.

E’ consolidato indirizzo di questa Corte (v., per tutte, Cass., 5^, 3677/2007) che “in tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e art. 53, comma 1, del medesimo D.P.R. (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) è escluso dall’applicazione di imposta qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni”.

Il giudice a quo ha condotto una indagine di merito consona all’indirizzo richiamato, giungendo, con valutazione immune da vizi logici, alla conclusione secondo cui risulta “documentalmente dall’esame dei modelli prodotti, con particolare riferimento ai righi RE 10 e RE 11 e 12 una spesa zero per lavoro dipendente e per prestazione di collaborazione coordinata e continuativa”. Si tratta di una corretta valutazione, che non può essere in alcun modo indubbiata nella presente sede di legittimità.

Manifestamente fondata, invece, è la seconda censura. Pure se l’errore di computo potrà apparire chiaro alle parti – onde lo stesso contribuente lo ammette -, esso, che mai potrebbe costituire materia di ricorso in sede di legittimità, non risulta in alcun modo dalla sentenza (nemmeno dalla parte espositiva), e vale, pertanto, ad integrare il vizio di motivazione denunciato, cui può sopperirsi unicamente attraverso il riesame di merito.

Da tutto ciò deriva il rigetto del primo motivo di impugnazione e l’accoglimento del secondo; la cassazione, in relazione ad esso, della sentenza impugnata, con il rinvio per nuovo esame alla medesima Commissione tributaria regionale, che provvederà, all’esito, anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo;

cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata, e rinvia ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvederà anche sulle spese della presente fase.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2010

 

 

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