Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7820 del 20/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7820 Anno 2016
Presidente: ARMANO ULIANA
Relatore: RUBINO LINA

ORDINANZA
sul ricorso 2921-2015 proposto da:
RIBONI LAURA, DORIGO ANNA MARIA, elettivamente
domiciliate in ROMA, P.ZA CRIVELLI 50, presso lo studio
dell’avvocato SELENE SABELLICO, che le rappresenta e difende
unitamente all’avvocato DANNI LIVIO LAGO giusta procura a
margine del ricorso;

– ricorrenti contro
CURATELA FALLIMENTO NOVUM SPA IN LIQUIDAZIONE,
in persona del Curatore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
VESCOVIO 21, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO
MANFEROCE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MARCO BORRACCINO giusta mandato a margine del
controricorso;

Data pubblicazione: 20/04/2016

- contraticorrente avverso la sentenza a 1971/2014 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA del 28/04/2014, depositata il 19/08/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

udito l’Avvocato Alessandra Capassi (delega avvocato Danni Livio
Lago) difensore delle ricorrenti che si riporta agli scritti.

RAGIONI DELLA DECISIONE
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione :
” Nel 2006 la Curatela Fallimento Novum s.p.a. in liquidazione
conveniva in giudizio Dorigo Anna Maria e Riboni Lara, per sentir
dichiarare l’inefficacia nei propri confronti, ex art. 2901 c.c., della
donazione con riserva di usufrutto del 2004, effettuata dalla Dorigo in
favore della figlia Riboni.
Il Tribunale di Bassano del Grappa accoglieva la domanda.
La Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza n. 1971 del 2014,
pubblicata il 19 agosto 2014, qui impugnata, confermava
l’accoglimento della azione revocatoria proposta dal Fallimento.
Avverso la predetta sentenza Dorigo Anna Maria e Riboni Lara
propongono tre motivi di ricorso per cassazione.
Il Fallimento ha depositato controricorso.
Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione
degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato
ad essere rigettato.
Con il primo motivo le ricorrenti deducono la violazione dell’art. 360
n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 2901 c.c., la nullità della sentenza e la
violazione dell’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c.

Ric. 2015 n. 02921 sez. M3 – ud. 11-02-2016
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dell’11/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO;

All’interno del motivo le ricorrenti riuniscono una molteplicità di
censure eterogenee.
Denunciano la violazione di legge per aver la sentenza ritenuto
sufficiente per l’esercizio dell’azione revocatoria l’esistenza di una mera
ragione di credito,senza considerare che non era pendente alcun

sentenza per error in procedendo, consistente nella mancata dichiarazione
di insussistenza del presupposto processuale costituito appunto dalla
pendenza di un giudizio di accertamento del credito al momento della
proposizione della revocatoria, e l’insufficiente e\ o contraddittoria
motivazione sul punto.
La denunciata violazione di legge non sussiste, in quanto ai fini della
vittoriosa esperibilità dell’azione revocatoria, l’art. 2901 cod. civ. ha
accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o
aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di
certezza, liquidità ed esigibilità. Ne consegue che anche
il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a
determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto
di contestazione in separato giudizio sia che si tratti
di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di
creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria

giudizio volto all’accertamento del credito litigioso, la nullità della

avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore (nella specie, atto
di concessione di ipoteca volontaria) (Cass. n. 1893 del 2012). Il
credito legittimante l’esercizio dell’azione può quindi essere costituito
da una semplice pretesa o aspettativa altrui, e nel caso specifico il fatto
che l’accertamento del credito risarcitoti°, vantato dal fallimento nei
confronti dell’ ex amministratrice della società per il suo operato, non
fosse ancora in corso al momento della proposizione dell’azione
revocatoria di per sé non ne preclude l’esperibilità né l’accoglibilità.
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Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano sempre la violazione
dell’art. 2901 c.c. con riferimento al presupposto della conoscenza da
parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del
creditore, il vizio di motivazione sul punto e la violazione degli artt.
2727 e 2729 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e 4

responsabilità civile in capo alla Dorigo che, quale amministratore della
Nov-um aveva ceduto alcune quote societarie di altra società per un
controvalore di oltre 180.000,00 euro, dandone quietanza nell’atto di
cessione ma senza provvedere mai a versare la predetta somma nella
casse della società) che, al contrario doveva essere provato dalla
curatela. In realtà nella sentenza viene motivatamente ritenuto provato
in capo alla Dorigo la consapevolezza dell’aver compiuto un’attività
contraria agli interessi della società, per la quale venne intrapresa nei
suoi confronti venne intrapresa un’azione ex art. 2409 c.c., e a riprova
di ciò viene indicato che la stessa, due giorni prima di compiere la
donazione manifestò in consiglio di amministrazione la volontà di
dimettersi. Dalla successione cronologica degli eventi la corte
territoriale desume agevolmente, facendo legittimo ricorso al
meccanismo logico delle presunzioni, che la Dorigo, consapevole di
trovarsi esposta alle pretese risarcitorie della società, si disfò dell’unico
bene di cui disponeva donandolo alla figlia essendo ben consapevole di
mettere a repentaglio la possibilità del creditore di conseguire il proprio
credito, ed anzi, la corte territoriale motiva che “appare di tutta
evidenza che la stessa pose in essere l’operazione di donazione e
dimissioni proprio allo scopo di porre in essere la donazione”.
Infine, con il terzo motivo le ricorrenti denunciano la violazione
dell’art. 91 c.p.c. con riferimento all’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. in relazione
alla condanna solidale al pagamento delle spese di giudizio, esteso
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per aver ritenuto noto un fatto (la consapevolezza della propria

anche alla Riboni benché contumace ed anche l’insufficiente,
contraddittoria ed inadeguata motivazione in ordine alla ritenuta
collaborazione da parte della Riboni alla sottrazione del bene.
Anche in questo caso, non sussiste violazione di legge, atteso che la
scelta della parte soccombente di rimanere contumace non la sottrae

conformità appunto al principio della soccombenza disciplinato
dall’art. 91 c.p.c.
Quanto ai rilievi con i quali, all’interno dei vari motivi di ricorso, si
denuncia la presenza di un vizio di motivazione nella sentenza
impugnata, essi non possono essere presi in considerazione in quanto
inammissibili, facendo tutti riferimento, in relazione a profili diversi
della sentenza impugnata, ad una nozione di vizio di motivazione (
insufficiente e \ o contraddittoria motivazione il primo motivo,
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione il secondo e il
terzo motivo) differente da quella attualmente vigente ed applicabile al
caso di specie. Poiché la sentenza gravata è stata depositata il 19 agosto
2014, nel presente giudizio risulta applicabile il testo dell’art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 5 come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54
convertito con la L. 7 agosto 2012, n. 134. Tale testo – in forza della
quale le sentenze ricorribili per cassazione possono essere impugnate

all’obbligo di tenere esente la controparte dalle spese di giudizio, in

“per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti” – si applica infatti, per il disposto del
suddetto art. 54, comma 3 ai ricorsi per cassazione avverso sentenze
pubblicate dall’i 1 settembre 2012, trentesimo giorno successivo
all’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. a 83 del 2012.
La nuova e più circoscritta area di rilevanza, all’interno del sindacato di
legittimità, del vizio di motivazione, in riferimento alle sentenze
pubblicate dall’H settembre 2012 in poi, va intesa, in applicazione dei
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Lt

canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 disp. prel. cod. civ., tenendo
conto della prospettiva della novella, mirata ad evitare l’abuso del
ricorsi basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai
precetti costituzionali, supportando la generale funzione nomofilattica
della Corte di cassazione. Ne consegue che, come già affermato da

motivazione”, perché l’accertamento se l’esame del fatto è avvenuto o
è stato omesso non può che risultare dalla motivazione; b) i fatti
decisivi e oggetto di discussione, la cui omessa valutazione è deducibile
come vizio della sentenza impugnata, sono non solo quelli principali
ma anche quelli secondari; c) è deducibile come vizio della sentenza
soltanto l’omissione e non più l’insufficienza o la contraddittorietà
della motivazione, salvo che tali aspetti, consistendo
nell’estrinsecazione di argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio
decidendi”, si risolvano in una sostanziale mancanza di motivazione (v.
Cass. n. 7983 del 2014).
Si propone pertanto il rigetto del ricorso”.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di
consiglio, il Collegio, esaminata la memoria depositata dalle ricorrenti,
ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.
Il ricorso va pertanto rigettato per i motivi esposti.

questa Corte : a) l'”omesso esame” non può intendersi che “omessa

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo
posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza delle
ricorrenti, la Corte, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
nonna del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico delle ricorrenti le spese di
lite sostenute dal controricorrente, che liquida in euro 2.500,00 di cui
200,00 per spese, oltre accessori e contributo spese generali.
Dichiara che sussistono i presupposti per il versamento da parte delle

quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’art. 13,
comma quater, del D.P.R. n. 115 del 2002.

Roma, 11.2.2016
Il Presidente
Dott.ssa Uliana Armano

ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

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