Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7818 del 14/04/2020

Cassazione civile sez. I, 14/04/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 14/04/2020), n.7818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G. C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13921/2019 proposto da:

N.N.A., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Mario Novelli, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 3734/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato

il 19/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

che:

N.N.A., nato in (OMISSIS), con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, impugnava dinanzi il Tribunale di Ancona, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale in tutte le sue forme.

Il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente – il quale aveva riferito di essere fuggito motivi di natura politica perchè alcuni soggetti avevano tentato di affiliarlo al Partito dell'(OMISSIS) e, a fronte del suo rifiuto, lo avevano ingiustamente accusato di avere commesso un omicidio – perchè non circostanziato ed incoerente in merito ai fatti narrati, perchè originariamente aveva dedotto di essere fuggito per questioni attinenti alla proprietà di beni; perchè non era credibile che avesse potuto lasciare il suo paese con un volo di linea, in presenza di un’accusa di omicidio a suo carico.

Sulla scorta di tale considerazione ha escluso il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Il Tribunale, inoltre, avendo consultato le COI afferenti alla situazione socio/politica del Bangladesh, ha escluso che in detta regione vi fosse un conflitto generalizzato tale da comportare un concreto pericolo per la popolazione ed ha denegato anche la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) del D.Lgs. cit..

Infine ha respinto la richiesta di protezione umanitaria, oltre che per le ragioni anzidette, perchè non erano emerse situazioni soggettive di particolare vulnerabilità rilevanti ai sensi della normativa invocata, nè un certo grado di integrazione sociale.

Il richiedente propone ricorso articolato in sei mezzi; il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 28/7/1951.

1.2. Con il secondo motivo la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e).

Il ricorrente trattando congiuntamente i due motivi, si duole che non sia stato adeguatamente valutato il rischio di essere condannato a morte o di subire trattamenti degradanti, una volta tornato in Patria.

1.3. Con il terzo motivo (nuovamente indicato come primo) si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3. Il ricorrente si duole della valutazione di non credibilità e lamenta la mancata attivazione di poteri officiosi di indagine sulla situazione generale del Paese di provenienza e la mancata considerazione della situazione esistente in Libia, Paese di transito.

1.4. I primi tre motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, sono inammissibili perchè, lungi dal confrontarsi con la statuizione impugnata di non credibilità circa le ragioni della fuga, sollecitano un sindacato di fatto conforme alla personali aspettative del ricorrente, inammissibile in sede di legittimità.

Nel caso di specie la motivazione senz’altro possiede i requisiti del minimo costituzionale ed il ricorrente non ha indicato alcun fatto di cui sia stato omesso l’esame, di guisa che la censura non risponde nemmeno al modello legale del vizio denunciato e si palesa del tutto generica (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Inoltre, la doglianza risulta essere assolutamente generica anche quanto alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione e, per conseguenza, priva di decisività non solo perchè l’approfondimento istruttorio vi è stato, ma anche perchè non viene indicato quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso (in tema, Cass. n. 2119 del 24/1/2019), nè la loro tempestiva deduzione dinanzi al giudice di merito.

Quanto alle allegazioni circa la consumazione di violenza indiscriminata nel Paese di transito (la Libia) – senza evidenziare quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese ed il contenuto della domanda – si deve osservare che tale circostanza risulta irrilevante ai fini della decisione, perchè l’indagine del rischio persecutorio o del danno grave in caso di rimpatrio va effettuata con riferimento al Paese di origine o alla dimora abituale ove si tratti di un apolide, ove andrà disposto il ritorno del richiedente (Cass. n. 31676 del 06/12/2018).

2.1. Con il quarto motivo (indicato come secondo) si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in ragione del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, nonostante non avesse ottenuto alcuna protezione dallo Stato ed anzi il partito (OMISSIS) fosse in grado di controllare le forze di sicurezza.

In proposito invoca anche precedenti giurisprudenziali che hanno riconosciuto la protezione sussidiaria in situazioni analoghe.

2.2. Con il quinto motivo (indicato come terzo) si denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, lamentando una insufficiente istruttoria sulla situazione oggettiva della regione di provenienza.

2.3. I motivi quarto e quinto, da trattarsi congiuntamente perchè connessi, vanno dichiarati inammissibili.

2.4. A prescindere dalla circostanza che il racconto del ricorrente non è stato ritenuto credibile, con evidenti negative ricadute in merito alla protezione richiesta ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b) cit., si deve osservare che le censure sono formulate in termini del tutto astratti, mediante la riproduzione di norme e precedenti giurisprudenziali, ma non dei pregressi atti di giudizio nei loro passaggi significativi ed individualizzanti il tema in esame, e non consentono di comprendere se le questioni circa la situazione socio/politica della zona di provenienza siano state tempestivamente sottoposte al giudice di merito (Cass. n. 15430 del 13/06/2018) e se sia stato dedotto che le Forze statali non gli avevano garantito protezione, nonostante la richiesta, e se siano state al giudice di primo grado indicate le fonti riportate in ricorso, posto che questi ha approfonditamente esaminate le COI indicate nel decreto ed ha formulato una propria articolata motivazione, escludendo anche la presenza di una situazione di violenza ed insicurezza e/o di grave instabilità nella zona di provenienza.

Infine non possono assumere decisivo rilievo le pronunce giudiziarie favorevoli ad altri richiedenti, frutto della valutazione delle circostanze precipuamente accertate in detti giudizi.

3. Con il sesto motivo (indicato come quarto) si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Il ricorrente si duole che non si sia tenuto conto della situazione di insicurezza del proprio Paese, delle violenze perpetrate nei suoi confronti in Libia e degli effetti dei cambiamenti climatici sulla povera economia del Bangladesh.

Il motivo è inammissibile perchè, in disparte dai profili di apparente novità delle questioni proposte non si confronta con la statuizione impugnata, ove tali aspetti sono stati esaminati e ritenuti non sufficienti ad integrare i presupposti per la protezione richiesta in applicazione dei principi enunciati da questa Corte (cfr. Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455) attesa, anche, la mancata integrazione in Italia, e sostanzialmente sollecita una rivalutazione del merito, inammissibile in sede di legittimità.

4. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensive del resistente.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2020

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