Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7817 del 05/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/04/2011, (ud. 25/01/2011, dep. 05/04/2011), n.7817

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18014-2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

MERIDIO CONSULTING SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA ALBANI 12/A,

presso lo studio dell’avvocato ERNESTO STAJANO, che la rappresenta e

difende, giusta procura speciale alle liti in calce all’atto di

costituzione;

– resistente –

avverso la sentenza n. 57/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di POTENZA del 16/04/07, depositata il 16/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

udito l’Avvocato Stajano Ernesto, difensore del resistente che

insiste per il rigetto e per l’inammissibilità del ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI che aderisce

alla relazione.

Fatto

OSSERVA

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della Meridio Consulting s.r.l. (che non ha resistito) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di recupero di credito di imposta, la C.T.R. Basilicata confermava la sentenza di primo grado (che aveva accolto il ricorso introduttivo) sostenendo che fino al 1.1.2005 l’atto di recupero di credito di imposta non era previsto dalla legge e pertanto, ove si fosse verificata la necessità di un recupero, avrebbe dovuto essere emesso un avviso di accertamento. In ogni caso i giudici d’appello nel merito (in relazione al rilievo dell’Ufficio secondo il quale la consegna del bene era anteriore alla norma agevolativa mentre la fattura era stata emessa oltre un anno dopo) affermavano che il contratto di fornitura di beni è subordinato all’accettazione della proposta di vendita e, non essendo prevista per legge l’espressione dell’accettazione, il termine entro il quale essa può essere espressa può costituire oggetto di accordo tra le parti, le quali possono anche stabilire lunghi periodi di prova prima della conclusione del contratto.

2. Il primo motivo di ricorso (col quale, deducendo violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. h, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere i giudici d’appello ritenuto illegittimo l’atto di recupero di credito perchè asseritamente non previsto dalla legge fino al 1.1.2005) è manifestamente fondato alla luce della giurisprudenza di questo giudice di legittimità, secondo la quale gli avvisi di recupero di crediti di imposta illegittimamente compensati, oltre ad avere una funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, costituiscono manifestazioni della volontà impositiva da parte dello Stato al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione, e come tali sono impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, anche se emessi anteriormente all’entrata in vigore della L. 30 dicembre 2004, n. 311, che ha espressamente annoverato l’avviso di recupero quale titolo per la riscossione di crediti indebitamente utilizzati in compensazione (v. Cass. n. 4968 del 2009).

Anche il secondo motivo – col quale si deduce violazione della L. n. 388 del 2000, art. 8 e art. 75, comma 1, lett. a) TUIR per avere i giudici di appello omesso di considerare che ai fini tributari come ai fini civilistici la data di emissione della fattura non ha rilievo per stabilire il passaggio di proprietà, pertanto i beni dovevano ritenersi acquistati alla loro consegna (anteriore alla entrata in vigore della norma agevolativi) e che in ogni caso, anche volendo ritenere l’emissione della fattura come momento di acquisto dei beni, gli stessi non potevano considerarsi nuovi, perchè già in uso da un anno – ed il terzo motivo – col quale si deduce violazione dell’art. 2697 c.c. e vizio di motivazione per avere i giudici d’appello ritenuto provate clausole negoziali meramente allegate dalla parte nonchè irragionevoli ed antieconomiche quali la previsione di un periodo di prova di oltre un anno per beni soggetti a velocissima obsolescenza, da esaminare congiuntamente perchè logicamente connessi, risultano manifestamente fondati, nei termini di cui in prosieguo.

Invero, a norma dell’art. 75 Tuir, ai fini dell’esercizio di competenza, “i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione del bene si considerano sostenute, alla data della consegna o della spedizione per i beni mobili”. La disciplina tributaria, peraltro, ricalca la disciplina civilistica, posto che, a norma dell’art. 1498 c.c., il compratore è tenuto a pagare il prezzo nel termine e nel luogo fissati dal contratto, ma che, in mancanza di pattuizione e salvo usi differenti, il pagamento deve avvenire al momento della consegna. Attesa la disciplina sopra richiamata, in mancanza della prova di una diversa pattuizione, il pagamento doveva ritenersi intervenuto al momento della consegna. Non può ritenersi che detta prova sia stata fornita con la mera allegazione di un accordo contrattuale da parte della contribuente, soprattutto in relazione alla mancata allegazione di una valida ragione pratica o economica per prevedere, peraltro solo verbalmente, una clausola contrattuale assolutamente inusuale quale la conclusione del contratto all’esito di un periodo di prova superiore all’anno per beni mobili soggetti a rapida obsolescenza quali i computers.

Il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Basilicata.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2011

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