Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7817 del 03/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 7817 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 22823-2008 proposto da:
URRU GRAZIA c.f.

RRUGRZ66T58A492G,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo
studio dell’avvocato VACIRCA SERGIO, rappresentata e
difesa dall’avvocato LALLI CLAUDIO, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2013
3583

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
I.

legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

Data pubblicazione: 03/04/2014

studio

dell’avvocato

FIORILLO

LUIGI,

che

la

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 377/2007 della CORTE D’APPELLO
di CAGLIARI, depositata il 18/09/2007 r.g.n. 261/2006;

udienza del 05/12/2013 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO per delega LALLI
CLAUDIO;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Cagliari, con sentenza depositata il 18 settembre 2007,
rigettava il gravame proposto da Urru Grazia avverso la sentenza del Tribunale

declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato dalle
parti per il periodo 2.8.99 – 31.8.99 per “necessità di espletamento del servizio di
sportelleria in concomitanza di assenza per ferie” ex art. 8 ccnl come integrato
dall’acc. az. 25- 9-97 e per l’accertamento della sussistenza di un rapporto a
tempo indeterminato, con condanna della società al pagamento di tutte le
mensilità maturate dalla data della cessazione del rapporto di lavoro, oltre
accessori.
La Corte territoriale ravvisava, al pari del primo giudice, la fondatezza
dell’eccezione di risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso, nel cui
accoglimento restava assorbito l’esame di ogni ulteriore questione. Osservava, in
particolare, che nel quadro dell’attuale tendenza alla riduzione del ruolo e della
rilevanza della volontà dei contraenti, intesa come momento psicologico
dell’iniziativa contrattuale, e alla oggettivazione del contratto, deve attribuirsi
valore di dichiarazione negoziale a comportamenti sociali valutati in modo
tipico, e ciò vale in particolare nel rapporto di lavoro in cui, nella maggior parte
dei casi, la stipulazione del contratto non è formalizzata desumendosi
dall’esecuzione; al pari dell’esecuzione anche il suo contrario assume valore
dichiarativo, cosicché la mancanza totale di operatività del rapporto protratta
per un tempo apprezzabile deve essere valutata in modo socialmente tipico,
quale dichiarazione risolutoria, atteso che il rapporto di lavoro è caratterizzato
dall’effettivo svolgimento, nell’ambito del quale solo raramente e per periodi

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Udienza 5 dicembre 2013
Urru c/Poste Italiane

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di Oristano che aveva respinto la domanda della lavoratrice diretta ad ottenere la

limitati si assiste a stati di quiescenza. D’altra parte, richiedere anche la prova
della consapevolezza della illegittimità della clausola a termine addosserebbe al
datore una probatio diabolica a causa delle difficoltà collegate alla dimostrazione
dello stato psicologico del lavoratore. Nella specie, gli elementi valorizzabili

per oltre quattro anni, dalla mancata formulazione di qualsivoglia contestazione
al momento della scadenza del contatto, dalla restituzione del libretto di lavoro,
dall’accettazione incondizionata del TFR e delle competenze finali. Osservava
inoltre che la circostanza che, dopo la cessazione del rapporto, la lavoratrice
fosse stata inclusa – a domanda – in una graduatoria per future assunzioni a
termine e che negli anni 1999-2000 la società avesse impartito agli uffici di non
stipulare in nessun caso contratti a tempo determinato con soggetti aventi un
contenzioso con riferimento a precedenti contratti a termine, piuttosto
esprimeva la volontà concorde di una risoluzione in vista di una futura nuova
assunzione; in caso contrario il contrattista interessato a proseguire nel rapporto
avrebbe potuto e dovuto agire celermente anche per avversare il contenuto della
contestata circolare in data 14.2.2000.
Per la cassazione di tale sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso affidato a
due motivi. La società ha resistito con controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha disposto la stesura della sentenza con motivazione semplificata.
Con il primo motivo la ricorrente, denunciando vizio di motivazione, lamenta
che i dati di fatto sui quali la Corte di Appello ha operato la propria ricognizione
sono esclusivamente il decorso di un certo lasso di tempo, il ricevimento senza
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Udienza 5 dicembre 2013
Urru c/Poste Italiane

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erano costituiti dalla breve durata del rapporto di lavoro, dall’inerzia protratta

contestazioni del libretto di lavoro e del t.f.r., la durata del rapporto e il
reperimento di altre occupazioni temporanee nelle more processuali, elementi
tutti che, in mancanza di comportamenti positivi ulteriori, non dimostrano in

La ricorrente lamenta altresì vizio di motivazione in ordine all’interpretazione
degli effetti della richiesta di inclusione nella graduatoria dei c.d. trimestrali e
della circolare del 14-2-2000, avendo la Corte di merito illogicamente ed
apoditticamente ritenuto che la prima offrisse la prova di “una volontà concorde
con la risoluzione del rapporto” e che la seconda non avesse “valore
confermativo dell’opposto interesse del contrattista ad avere rapporti di lavoro,
sebbene solo a termine, con Poste Italiane”.
Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art.
1372 c.c., con riferimento all’art. 1422 c.c., la ricorrente in sostanza deduce che
erroneamente la Corte di merito ha ritenuto il rapporto di lavoro risolto per
mutuo consenso sulla sola base dei detti elementi nonostante che: “a) fosse
pacifico tra le parti che il lavoratore era iscritto in una graduatoria di aspiranti
all’assunzione predisposta dal datore di lavoro; b) fosse pacifica l’esistenza di una
circolare dei datore di lavoro che vietava la stipula di contratti con i lavoratori
che avevano impugnato sia giudizialmente che stragiudizialmente precedenti
contratti a termine”.
I detti motivi, che in quanto connessi possono essere trattati congiuntamente,
risultano fondati e vanno accolti come di seguito, come già ritenuto da questa
Corte in fattispecie del tutto analoghe (v., in particolare, Cass. sentenza n. 6161
del 2010, n. 8292 del 2012; cfr., pure più recentemente, Cass. ord. nn. 24236,
8669 del 2013).

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Udienza 5 dicembre 2013
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modo chiaro e certo una volontà risolutiva del rapporto.

E’ stato infatti più volte affermato che “nel giudizio instaurato ai fini del
riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un
termine finale ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del

di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché
del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente
fine ad ogni rapporto lavorativo” (v. Cass. 10-11-2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007
n. 20390, Cass. 17-12-2004 n. 23554, nonché, più recentemente, Cass. 18-112010 n. 23319, Cass. 11-3-2011 n. 5887, Cass. 4-8-2011 n. 16932). La mera
inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine, quindi, “è di per
sé insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo
consenso” (v. da ultimo Cass. 15-11-2010 n. 23057, Cass. 11-3-2011 n. 5887),
mentre “grava sul datore di lavoro”, che eccepisca tale risoluzione, “l’onere di
provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle
parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro” (v. Cass. 212-2002 n. 17070 e fra le altre da ultimo Cass. 1- 2-2010 n. 2279).
Tale principio, del tutto conforme al dettato di cui agli artt. 1372 e 1321 c.c.,
va ribadito anche in questa sede, così confermandosi l’indirizzo prevalente ormai
consolidato, basato in sostanza sulla necessaria valutazione dei comportamenti e
delle circostanze di fatto, idonei ad integrare una chiara manifestazione
consensuale tacita di volontà in ordine alla risoluzione del rapporto, non
essendo all’uopo sufficiente il semplice trascorrere del tempo e neppure la mera
mancanza, seppure prolungata, di operatività del rapporto (contra sulla rilevanza
al mero dato oggettivo della “cessazione della funzionalità di fatto del rapporto”,
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rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso

valutato “in modo socialmente tipico” cfr. Cass. 23-7-2004 n. 13891 e Cass. 6-72007 n. 15264).
Orbene nella fattispecie la Corte d’Appello, dopo aver richiamato tale ultimo

giudice è tenuto ad attribuire valore di dichiarazione negoziale a comportamenti
sociali valutati in modo tipico, per ciò che essi socialmente esprimono”, in tal
modo disattendendo l’indirizzo prevalente ormai consolidato e qui ulteriormente
ribadito.
In particolare la Corte territoriale in sostanza ha fondato la propria decisione
soltanto sulla, pur prolungata, inerzia della lavoratrice e sulla mancanza di
contestazione al momento della cessazione del contratto, in uno con la
accettazione senza riserva del t.f.r., nonché sulla breve durata del rapporto
(circostanze tutte incentrate sulla complessiva inerzia della lavoratrice oltreché
sulla breve durata del contratto, sostanzialmente estranea al comportamento
successivo delle parti).
In tal modo la Corte di merito ha disatteso l’indirizzo consolidato qui ribadito,
valutando le circostanze richiamate sul piano meramente oggettivo, anziché
sotto il profilo della chiara e certa manifestazione tacita della volontà risolutiva
di ogni rapporto. La Corte, peraltro, in specie, neppure ha fornito una
sufficiente e congrua motivazione, in ordine alla valutazione sia dell’inserimento
della lavoratrice nella graduatoria sia del contenuto della circolare del 14-2-2000
(in tal senso, Cass. n. 8292 del 2012).
Il ricorso va pertanto accolto e l’impugnata sentenza deve essere cassata con
rinvio alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, la quale

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indirizzo “oggettivo” (ed in specie Cass. n. 13891/2004 cit.), ha affermato che “il

provvederà attenendosi al principio sopra ribadito, statuendo anche sulle spese
di legittimità.
P.Q.M.

anche per le spese, alla Corte di Appello di Cagliari in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

La Corte accoglie il ricorso; cassa la impugnata sentenza e rinvia,

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