Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7816 del 14/04/2020

Cassazione civile sez. I, 14/04/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 14/04/2020), n.7816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G. C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12368/2019 proposto da:

W.G., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Mario Novelli, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 2842/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato

il 04/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

che:

W.G., nato in (OMISSIS), con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, impugnava dinanzi il Tribunale di Ancona, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto, in merito alle ragioni della fuga ed al timore del rimpatrio perchè non circostanziato (quanto a nomi, tempo e luogo) e perchè sia i riferimenti al PDP, al popolo del Biafra ed alla partecipazione ad una manifestazione erano privi di riferimenti; ha rimarcato che le dichiarazioni non era coerenti, apparendo poco credibile che la polizia avesse ricevuto ordini dal gruppo terroristico (OMISSIS) e che una manifestazione promossa da un partito tradizionale come il PDP avesse sostenuto l’indipendenza del Biafra. Ha sottolineato anche che il richiedente non si era presentato all’udienza fissata per l’audizione, mancando di collaborare all’esame della sua domanda.

Sulla scorta di tale considerazione ha escluso il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Il Tribunale, inoltre, avendo consultato le COI afferenti alla situazione socio/politica della Nigeria, ha escluso che in detta regione vi fosse un conflitto generalizzato tale da comportare un concreto pericolo per la popolazione ed ha denegato anche la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) del D.Lgs. cit..

Infine ha respinto la richiesta di protezione umanitaria, oltre che per le ragioni anzidette, perchè non erano emerse situazioni soggettive di particolare vulnerabilità rilevanti ai sensi della normativa invocata, nè un certo grado di integrazione sociale.

Il richiedente propone ricorso articolato in quattro mezzi; il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. Il ricorrente si duole che non sia stata riconosciuta la presenza di una situazione di violenza ed insicurezza nella zona del Biafra, di provenienza del ricorrente, caratterizzata da violenza indiscriminata.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in ragione del mancato riconoscimento di queste forme di protezione sussidiaria.

Sostiene che nel Paese di provenienza sia assente la tutela da parte dell’Autorità preposte alla difesa del cittadino e deduce una situazione di violenza generalizzata anche nel Delta State; in proposito invoca anche precedenti giurisprudenziali che hanno riconosciuto la protezione sussidiaria a richiedenti provenienti dalla Nigeria.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, lamentando una insufficiente istruttoria sulla situazione oggettiva della regione di provenienza.

1.4. I motivi primo, secondo e terzo, da trattarsi congiuntamente perchè connessi, vanno dichiarati inammissibili.

1.5. Si deve prendere atto, innanzi tutto che la statuizione di non credibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente (fol. 2 del decreto) non risulta impugnata.

Va quindi osservato che le censure sono formulate in termini del tutto astratti, mediante la riproduzione di norme e precedenti giurisprudenziali, ma non dei pregressi atti di giudizio nei loro passaggi significativi ed individualizzanti il tema in esame, e non consentono di comprendere se le questioni circa la situazione socio/politica della zona di provenienza siano state tempestivamente sottoposte al giudice di merito (Cass. n. 15430 del 13/06/2018) e se gli siano state indicate le fonti riportate in ricorso, posto che questi ha approfonditamente esaminate le COI indicate nel decreto ed ha formulato una propria articolata motivazione.

Infine non possono assumere decisivo rilievo le pronunce giudiziarie favorevoli ad altri richiedenti nigeriani, frutto della valutazione delle circostanze precipuamente accertate in detti giudizi.

2.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Il ricorrente si duole che il Tribunale non abbia considerato la grave situazione del Paese di provenienza.

2.2. Il motivo è inammissibile perchè non si confronta con la statuizione impugnata che ha ritenuto non credibile il racconto in ordine alle ragioni di allontanamento dalla Nigeria e perchè sollecita inammissibilmente un riesame del merito.

3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del giudizio che liquida della controparte in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2020

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