Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7815 del 20/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7815 Anno 2016
Presidente: ARMANO ULIANA
Relatore: RUBINO LINA

ORDINANZA
sul ricorso 785-2015 proposto da:
VALENTINO ROSARIO, elettivamente domiciliato presso la
CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA,
rappresentato e difeso dall’Avvocato PAOLO DE BLASI, giusta
procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

Contro
D’AMBROSIO MATTEO, TOSCANO ALESSANDRA,
D’AMBROSIO EMANUELE, TOSCANO l 11,1ANUELA, SPADA
MARIA TERESA, RICCIATO VALERIA, D’AMBROSIO ALDO,
TOSCANO MARIO, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
FEDERICO ROSAZZA 23, presso lo studio dell’avvocato UGO
LUCA SAVIO DE LUCA, rappresentati e difesi dall’avvocato
ANTONIO TANZA, giusta mandato in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 20/04/2016

controricorrenti
avverso la sentenza n. 740/2013 della CORTE D’APPELLO di
LECCE del 01/10/2013, depositata il 11/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’

RAGIONI DELLA DECISIONE
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“Il relatore, cons. Lina Rubino
esaminati gli atti, osserva:
Spada Maria Teresa, Toscano Alessandra ed Emanuela, Ricciato
Valeria, D’Ambrosio Emanuele, D’Ambrosio Matteo, Carozzo Donna,
Carlino Caterina Carlino Cosimo e Giovanni, Toscano Mario,
D’Ambrosio Aldo e Carlino Antonio convenivano in giudizio
Valentino Rosario, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni
non patrimoniali conseguenti al reato di usura continuata posto in
essere nei loro confronti dal Valentino (reato per il quale il V. veniva
condannato in primo grado e in appello, mentre la corte di cassazione
dichiarava l’avvenuta estinzione del reato per intervenuta prescrizione,
facendo salve le statuizioni civili inerenti il risarcimento del danno, da
liquidarsi in separata sede).
Il tribunale con sentenza non definitiva accoglieva l’eccezione di
prescrizione sollevata dal convenuto nei confronti di tutti gli attori
tranne gli ultimi. tre (costituiti parte civile nell’ambito del procedimento
penale), e compensava la spese di giudizio tra le parti disponendo la
prosecuzione del giudizio quanto alla posizione degli attori il cui diritto
al risarcimento non era prescritto.
Il Valentino proponeva appello in ordine alla pronuncia relativa alle
spese e la Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza n. 740\2013

Ric. 2015 n. 00785 sez. M3 – ud. 11-02-2016
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11/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO;

dell’H ottobre 2013, qui impugnata, dichiarava cessata la materia del
contendere tra alcuni degli appellati ed il Valentino, per intervenuta
transazione, e per il resto rigettava l’appello proposto confermando la
pronuncia di primo grado sulle spese e condannando il Valentino alla
rifusione delle spese legali del grado.

cui resistono Toscano Mario, D’Ambrosio Aldo, Spada M. Teresa,
Toscano Alessandra, Emanuela, Ricciato Valeria, D’Ambrosio Matteo,
D’Ambrosio Emanuele con controricorso.
Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione
degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato
ad essere rigettato per manifesta infondatezza.
Con il primo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa
applicazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 2947 comma
terzo c.c. ed attacca la sentenza di merito laddove non ha ritenuto
prescritta l’azione civile di risarcimento danni anche nei confronti dei
tre originati attori che si erano costituiti parte civile nel procedimento
penale. Sostiene che quando un fatto è previsto dalla legge come reato
si applica il più lungo termine di prescrizione previsto per il reato, ma a
decorrere sempre dalla commissione del reato stesso, senza tener
conto degli effetti interruttivi maturati in sede penale.
Il primo motivo si appalesa inammissibile, ex art. 360 bis, avendo la
corte territoriale deciso la questione facendo corretta applicazione di
un principio di diritto già affermato da questa Corte con la sentenza n.
872 del 2008,a1 quale si ritiene in questa sede di dare continuità :
2947 cod. civ. va interpretato nel senso che, qualora il fatto illecito generatore del
danno sia considerato dalla legge come reato, se quest’ultimo si estingue per
prescliione, si estingue pure l’arcione civile di risarcimento, data l’equipara.?’one tra
le due, a meno che il danneggiato, costituendosi P. C nel processo penale, non
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Valentino Rosario propone due motivi di ricorso per cassazione,

interrompa la prescrizione ai sensi dell’art. 2943 cod. civ. e tale effetto intemativo,
che si ricollega all’esercizio dell’azione civile nel processo penale, ha carattere
permanente protraendosi per tutta la durata de/processo; in caso di estinzione del
reato per prescrizione, detto effetto cessa alla data in cui diventa irrevocabile la
sentenza che dichiara l’estinzione, tranne che la P.C. abbia revocato la costituzione

esercitare il diritto che è alla base dell’effetto intemittivo”.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt.
91 e 92 c.p.c., in quanto la corte d’appello lo ha condannato a pagare le
spese di appello anche in favore di quelle parti la cui azione risarcitoria
si era prescritta e quindi nei confronti delle quali egli sarebbe il
vincitore quanto alla pretesa sostanziale, benché formalmente
soccombente in relazione ai motivi del suo appello.
In realtà, contesta la legittimità della decisione di appello laddove ha
rigettato la sua impugnazione sul punto della compensazione delle
spese e sostiene che il giudice di appello avrebbe salvato la decisione di
compensazione adducendo sue autonome ragioni, non ipotizzate e
neppure ipotizzabili leggendo la sentenza di primo grado che pertanto
sarebbe priva di motivazione sul punto.
Quindi, sostiene che la corte salentina avrebbe dovuto accogliere il suo
appello sul punto della compensazione delle spese di primo grado e
qualora lo avesse correttamente fatto non avrebbe potuto condannarlo
a pagare le spese del grado di appello.
Il motivo è infondato.
Il giudice di primo grado, dichiarando estinto nel 2008 per
prescrizione il diritto degli attuali controricorrenti al risarcimento del
danno nei confronti del Valentino, condannato in primo e in secondo
grado per usura continuata nei loro confronti, e prosciolto in

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o non abbia, comunque, coltivato la pretesa, venendo in tal caso meno la volontà di

cassazione per intervenuta prescrizione, ha ritenuto di compensare le
spese del grado per equità.
Il giudice di appello ne ha condiviso la valutazione equitativa
estraendo dalla motivazione della sentenza di primo grado al fine di
evidenziarli, quei parametri che il giudice di primo grado aveva esposto

che le spese di giudizio rimanessero a carico della parte che le aveva
sostenute ( rigetto della domanda risarcitoria non nel merito ma per
accoglimento della eccezione di prescrizione, duplice condanna in sede
penale del V. per usura, proscioglimento in cassazione per intervenuta
prescrizione quindi in difetto di elementi per mandare assolto
l’imputato), rigettando l’appello e ponendo le spese del giudizio di
appello, conformemente al principio della soccombenza a carico
dell’appellante.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione del principio
di diritto espresso dalla sentenza n. 11130 del 2015, secondo la quale

“Nel regime introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. a), della legge 28 dicembre 2003,
n. 263, e anteriore a quello modificato dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, il
provvedimento di compensnione paqiale o totale delle .pese “per giusti motivi”
deve essere esplicitamente motivato. Ove non vi abbia provveduto il primo giudice, i
giusti motivi possono, per colmare il tenore della pronuncia di primo grado, essere
indicati, in sede di appello, dal giudice chiamato a valutare la corrette.ua della
statukione sulle spese, il quale nell’eserciio de/potere di correione, può dare, entro
i limiti del “devolutum”, un diverso fondamento al dispositivo contenuto nella
sentenza impugnatd’.Si propone pertanto il rigetto del ricorso”.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di
consiglio, il Collegio — esaminata la memoria del ricorrente – ha
condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.
Il ricorso va pertanto rigettato per i motivi esposti.
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come elementi del fatto e tenuto in conto nel ritenere più opportuno

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza.
Essendo stato il ricorso depositato in data successiva al 30 gennaio
2013, stante la soccombenza, deve darsi atto della sussistenza dei
presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater,

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle
spese del giudizio di cassazione in favore del controricorrente, liquidate
in € 2.400,00 (di cui € 200,00 per esborsi) oltre accessori come per
legge e contributo spese generali.
Dichiara che sussistono i presupposti per il versamento da parte dello
stesso ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’art. 13,
comma quater, del D.P.R. n. 115 del 2002.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione in Roma
in data 11.2.2016

introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

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