Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7814 del 05/04/2011

Cassazione civile sez. I, 05/04/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 05/04/2011), n.7814

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7151/2009 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OTRANTO

N. 18, presso lo studio dell’avvocato RAGO ROSSELLA, rappresentata e

difesa dall’avvocato VERTONE Antonio Vito, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 195/2008 della CORTE D’APPELLO di POTENZA del

23/12/08, depositato il 30/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

udito l’avvocato Vertone Antonio Vito, difensore della

controricorrente che richiama le ordinanze dalla n. 115 alla n. 124

di questa Corte;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che

concorda con la relazione e chiede la correzione dell’errore.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’arti. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: “1.- Con il decreto impugnato la Corte di appello di Potenza ha accolto la domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, proposta da M.A. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze in relazione alla durata irragionevole di un giudizio promosso dinanzi al TAR della Basilicata con ricorso del 31.1.1995, dichiarato perento per decorrenza del decennio e mancato riscontro di avviso spedito L. n. 205 del 2000, ex art. 9, con decreto in data 28.11.2007, poi confermato a seguito di opposizione con ordinanza in data 11.3.208.

In particolare, la Corte di appello ha accertato la ragionevole durata del processo in anni tre; ha, poi, aggiunto a tale durata un anno imputabile alla mancata presentazione di istanza di fissazione di udienza e ha liquidato, per la durata ritenuta irragionevole, pari ad anni nove, la somma di Euro 9.000,00 a titolo di indennizzo per danno non patrimoniale.

Contro il decreto il Ministero convenuto ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso l’intimata.

2.1.- Con il primo motivo il Ministero ricorrente denuncia violazione dell’art. 54 d.l. n. 112/2008, lamentando il rigetto dell’eccezione di improponibilità del ricorso e formula il seguente quesito: se il mancato assolvimento dell’obbligo di presentare istanza di prelievo al giudice amministrativo adito determini l’improponibilità del ricorso, presentato innanzi alla Corte di appello territorialmente competente per ottenere l’equa riparazione per la durata irragionevole del giudizio innanzi al giudice amministrativo di primo grado, in base al D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, convertito con modificazioni con la L. n. 133 del 2008, il quale espressamente dispone che la domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 1, non è stata presentata istanza di prelievo ai sensi del R.D. n. 642 del 1907, art. 51, comma 2.

2.2.- Con il secondo motivo il Ministero ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, lamentando che la Corte di merito non abbia valutato negativamente il comportamento della parte che non ha presentato istanza di fissazione di udienza, circostanza che avrebbe dovuto comportare il rigetto del ricorso (perchè infondato, come precisato nel quesito ex art. 366 bis c.p.c.).

2.3.- Con il terzo motivo il Ministero ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla circostanza dell’omessa presentazione dell’istanza di fissazione di udienza, non avendo la Corte di merito motivato sulla eccezione dell’Amministrazione di improponibilità del ricorso.

3.- I motivi – esaminabili congiuntamente perchè connessi – appaiono manifestamente infondati alla luce della giurisprudenza della S.C. secondo la quale l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, in virtù del quale la domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, non è stata presentata un’istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2, è inapplicabile ratione temporis ai procedimenti di equa riparazione aventi ad oggetto un giudizio amministrativo introdotto prima dell’entrata in vigore della predetta disciplina (Sez. 1^, Ordinanza n. 668 del 2010; Sez. 1^, Sentenza n. 28428 del 28/11/2008).

In difetto di una disciplina transitoria e di esplicite previsioni contrarie, va infatti data continuità all’orientamento di questa Corte, secondo il quale il principio dell’immediata applicabilità della legge processuale concerne soltanto gli atti processuali successivi all’entrata in vigore della legge stessa, come ha affermato anche la Corte costituzionale (sentenza n. 155 del 1990), quindi non incide su quelli anteriormente compiuti, i cui effetti, in virtù del principio tempus regit actum, restano regolati dalla legge sotto il cui imperio sono stati posti in essere (Cass. n. 6099 del 2000).

Tanto vuoi dire che, in applicazione delle regole stabilite dall’art. 11 preleggi, comma 1, e dall’art. 15 preleggi, concernenti la successione delle leggi (anche processuali) nel tempo, quando il giudice procede ad un esame retrospettivo delle attività svolte, ne stabilisce la validità applicando la legge che vigeva al tempo in cui l’atto è stato compiuto (con riferimento alle condizioni di proponibilità della domanda, tra le molte, Cass. n. 9467 del 1987;

n. 4676 del 1985), essendo la retroattività della legge processuale un effetto che può essere previsto dal legislatore con norme transitorie, ma che non può essere liberamente ritenuto dall’interprete. Una indebita applicazione retroattiva della legge processuale si ha dunque quando si pretenda sia di applicare la legge sopravvenuta ad atti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore della legge nuova, sia di associare a quegli atti effetti che non avevano in base alla legge del tempo in cui sono stati posti in essere (Cass. n. 20414 del 2006).

Una diversa interpretazione, peraltro, sarebbe in contrasto con i principi della CEDU, come già sottolineato dalla Corte europea (cfr.

Daddi e. Italia, 2 giugno 2009: Par consequent, une pratique d’interpretation et application de l’article 54, deuxieme alinea, dudit decret-loi qui a pour effet de s’opposer à la recevabilitè des recours Pinto portant sur la duree d’un proces administratif qui s’est termine avant le 25 juin 2008, en raison exclusivement du manque d’une demande de fixation en urgence de l’audience, pourrait etre de nature a exempter les requerants interesses de l’obligation d’epuiser le recours Pinto).

Quanto innanzi esposto rende evidente l’infondatezza del primo e del terzo motivo.

Parimenti infondato, poi, è il secondo motivo. E’ vero, infatti, che questa Corte (Sez. 1^, Sentenza n. 16751 del 2010) ha ritenuto che la mancata presentazione dell’istanza di fissazione, rendendo esplicito l’attuale disinteresse per la decisione di merito, giustifica l’esclusione della sussistenza del danno per la protrazione ultradecennale del giudizio, ma non impedisce una valorizzazione dell’atteggiamento tenuto dalle parti nel periodo precedente, quale sintomo di un interesse mano a mano decrescente e quindi come base per una decrescente valutazione del danno e del relativo risarcimento (cfr. Cass. n. 6619 del 2010). Nondimeno, nella concreta fattispecie la Corte del merito ha valutato l’inerzia della parte privata, escludendo dal computo della durata irragionevole il periodo successivo alla comunicazione ai sensi della L. n. 205 del 2000 e limitando l’indennizzo a nove anni.

Il ricorso, quindi, può essere deciso in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”.

p. 2.- Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto del ricorso.

La peculiarità della concreta fattispecie (procedimento presupposto dichiarato perento) giustifica la compensazione tra le parti delle spese processuali del giudizio di legittimità.

Da ultimo, in accoglimento dell’istanza formulata in udienza dalla difesa dell’attrice M.A. e dal P.G., va disposta la correzione dell’errore materiale contenuto nel decreto impugnato là dove, dispositivo, ha pronunciato la condanna in favore di ” T. G.” anzichè dell’attrice.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali. Dispone la correzione materiale del decreto impugnato nel senso che la condanna è pronunciata in favore di M.A. anzichè di T.G..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2011

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