Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7813 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 7813 Anno 2016
Presidente: ARMANO ULIANA
Relatore: SESTINI DANILO

SENTENZA
ul ricor9Q 19650-2011 pr{p{vArí (ise

CUERZONI ADRIANA, elettivamente dumiciliata in ROMA, VIA
BOEZIO 92, presso lo studio dell’avvocato VALERIO CELESTI,
che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MAURO
BERNARDINI, CLAUDIO BALBONI, giusta mandato in calce al
ricorso;
– ricorrente contro
UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK SPA, nella qualita’
di Quadro Direttivo di UniCredit, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA MONTE ZEBIO N.32, presso lo studio dell’avvocato FABIO

Data pubblicazione: 20/04/2016

ACCARDO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in
calce al controricorso;

– controlicorrente nonchè contro

– intimata avverso la sentenza n. 1835/2013 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA del 09/07/2013, depositata il 16/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
dell’11/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. DANILO SESTINI;
udito l’Avvocato VALERIO CELESTI, difensore del ricorrente, che si
riporta agli scritti.

Ric. 2014 n. 19650 sez. M3 – ud. 11-02-2016
-2-

UNICREDIT BANCA SPA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Adriana Guerzoni propose opposizione avverso un
decreto ingiuntivo emesso ad istanza della Cassa
di Risparmio di Modena, in forza di una
fideiussione prestata dall’opponente in favore

funzionario della banca, che l’aveva raggiunta
presso i locali della fonderia (in cui ella
lavorava come operaia), le aveva prospettato
un’esposizione di 50 milioni di lire e aggiunse di
non essersi resa conto -in quanto ipovedente- di
avere sottoscritto la fideiussione per un importo
di 500 milioni di lire.
Il Tribunale di Modena confermò il decreto,
ancorché per una somma (di euro 126.372,40)
inferiore a quella in esso indicata.
La Corte di Appello ha revocato il decreto, ma
ha confermato la condanna della Guerzoni al
pagamento della somma già ritenuta dovuta dal
primo giudice.
Ricorre per cassazione la Guerzoni, affidandosi
a quattro motivi; resiste la Unicredit Credit
Management Bank s.p.a. a mezzo di controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Premesso che la Guerzoni aveva dedotto che

(essendo ipovedente) non aveva potuto rendersi
conto del contenuto dell’atto sottoscritto e che
il funzionario della banca le aveva assicurato che
il limite della fideiussione era di 50 milioni di
lire (anziché di 500 milioni come indicato nella
3

della Fonderia Malaguti: sostenne che il

scrittura), la Corte di Appello ha ritenuto che le
deduzioni dell’appellante in punto di invalidità
della fideiussione non avessero trovato alcun
riscontro probatorio: ha rilevato, infatti, che il
contenuto effettivo della fideiussione era

Guerzoni aveva contraddittoriamente sostenuto -per
un verso- di non avere avuto la possibilità di
rendersi conto del contenuto dell’atto che aveva
sottoscritto e -per altro verso- di avere
concordato il rilascio della fideiussione per
l’importo di 50 milioni di lire.
Rilevato, altresì, che il funzionario aveva
fatto sottoscrivere alla Guerzoni anche una
dichiarazione con cui la stessa dava atto di
essere a conoscenza della grave situazione
debitoria in cui versava il debitore principale,
la Corte ha osservato che l’appellante era del
tutto consapevole “degli effetti pregiudizievoli
dell’atto nei suoi confronti, a nulla rilevando la
eventuale sottoscrizione dell’atto nella sede o
meno della banca”.
Dato atto, inoltre, che non era “agevole capire
le ragioni che hanno indotto la Guerzoni, semplice
dipendente, al rilascio della garanzia in favore
del proprio datore di lavoro”, la Corte ha
tuttavia rilevato che le concrete motivazioni
della parte non assumevano rilievo ai fini della
validità ed efficacia della fideiussione.
4

risultato provato in via documentale e che la

2.

Col primo motivo (“ricostruzione acritica

ed illogica di una volontà – solo apparente della sig.ra Guerzoni di prestare fideiussione per
500 milioni di lire – omesso esame di fatti
decisivi per il giudizio, oggetto di discussione
360, n. 5 C.P.C.”),

la

ricorrente censura la sentenza per avere rilevato
nella

linea

difensiva

della

Guerzoni

una

contraddizione che era del tutto inesistente,
giacché ella non aveva mai sostenuto di non aver
voluto sottoscrivere una fideiussione, bensì di
aver ritenuto di prestarla per l’importo di 50
milioni di lire e non per 500 milioni.
Aggiunge che, contrariamente a quanto ritenuto
dalla Corte, esistevano plurimi elementi
istruttori -segnatamente le dichiarazioni della
Beccari e una dichiarazione del funzionario della
banca prodotta dalla parte opposta- che
corroboravano la tesi secondo cui la Guerzoni
prestò il consenso ad una fideiussione per
l’importo di 50 milioni e ritenne di aver
sottoscritto una scrittura avente tale contenuto,
venendo a conoscenza solo successivamente
dell’effettivo importo indicato nell’atto.
3.

Col secondo motivo (“violazione delle

norme e principi del diritto comunitario che
tutelano

il

consumatore

nei

confronti

del

professionista, in particolare quelle riguardanti
i contratti negoziati fuori dei locali commerciali
(di cui alla direttiva CEE n. 577/1985, poi
5

fra le parti – art.

recepita con il D.L.vo n. 50/1992) – nullità sul
punto della sentenza impugnata – art. 360, n. 4
C.P.C.”), la ricorrente si duole che la sentenza
impugnata non abbia speso neppure una parola sul
quinto motivo di appello (con cui era stata

comunitario) e denuncia la nullità della sentenza
per totale mancanza di pronuncia sul punto.
Aggiunge che il contratto era stato stipulato
presso la fonderia (e quindi al di fuori dei
locali commerciali della banca) ed assume che benché non fosse direttamente operante il D. L.vo
n. 50/1992- erano applicabili i principi di cui
alla direttiva CEE n. 577/85 (in tema di diritto
all’esercizio del recesso), dal momento che era
ormai scaduto -alla data del 23.12.1987- il
termine entro cui tale direttiva avrebbe dovuto
essere recepita dal legislatore nazionale e che,
pertanto, il diritto nazionale avrebbe dovuto
essere interpretato in conformità al diritto
comunitario.
4.

Il terzo motivo deduce la “erronea

applicazione, nella fattispecie, del concetto di
causa e di motivi del contratto e della loro
reciproca delimitazione – falsa applicazione di
diritto – art. 360, n. 3 C.P.C.”: la ricorrente
censura la sentenza per avere considerato priva di
significato la circostanza che una modesta operaia
avesse prestato una fideiussione di 500 milioni di
lire per il proprio datore di lavoro,
6

dedotta la questione della violazione del diritto

considerandola sotto il profilo della irrilevanza
dei motivi anziché alla stregua della mancanza di
una causa concreta dell’impegno fideiussorio.
L’ultimo motivo censura la sentenza (ex

5.

art. 360, n. 5 C.P.C.) per avere omesso l’esame e
“riscontro

l’attuale

circa

esposizione

debitoria della Fonderia Malaguti”, evidenziando
che la Corte si era limitata a prendere atto
pedissequamente dei conteggi della Banca.
6.

Il

secondo motivo

-che

si

esamina

prioritariamente, per la natura potenzialmente
assorbente

della

questione

relativa

alla

applicabilità della normativa in materia di tutela
del consumatore in contratti negoziati fuori dai
locali commerciali- è inammissibile.
Infatti, pur lamentando l’omessa pronuncia su
un motivo di appello, la ricorrente non ha curato
di trascrivere compiutamente il motivo che non
sarebbe stato esaminato, con ciò violando il
principio dell’autosufficienza del ricorso e non
consentendo alla Corte di verificare la fondatezza
della censura sulla base della mera lettura
dell’atto e senza necessità di procedere all’esame
dei fascicoli d’ufficio o di parte (cfr. ex
multis, Cass. n. 17049/2015 e Cass. n.
14561/2012).
7. Il primo motivo è fondato.
La questione centrale sottoposta dalla Guerzoni
alla Corte di Appello (come già al giudice di
primo grado) non concerneva il fatto che ella non
7

il

avesse voluto prestare la fideiussione, bensì la
circostanza che aveva ritenuto di esporsi per 50
milioni di lire e non non si era resa conto di
avere sottoscritto un impegno per 500 milioni.
A sostegno di tale linea difensiva, la Guerzoni

(e titolare di pensione per tale infermità), non
aveva potuto leggere l’atto di fideiussione; che
tale circostanza era risultata confermata dalle
dichiarazioni della Beccari, che aveva anche
riferito come il funzionario della banca, benché
espressamente richiesto, non avesse lasciato una
copia del documento sottoscritto; che, per di più,
dalla stessa relazione del Ferrarini (ossia di
colui che aveva preparato l’atto e raccolto la
firma), emergevano circostanze significative,
quali il fatto che la Guerzoni era stata invitata
a prestare la garanzia mentre si trovava intenta
al lavoro presso la Fonderia e senza che fosse
stata assistita da alcuno e che, inoltre, lo
stesso Ferrarini aveva fatto riferimento alla
cifra di 50 milioni quale importo dell’effettiva
esposizione.
La sentenza non dà conto dello specifico esame
di questo profilo (costituente il fulcro della
difesa della Guerzoni), essendosi limitata a
valorizzare il dato -pacifico- dell’importo
indicato nell’atto fideiussorio e il fatto che la
Guerzoni aveva sottoscritto anche una
dichiarazione in cui dava atto di essere a
8

aveva dedotto che, essendo gravemente ipovedente

conoscenza della grave esposizione del debitore
principale, così pervenendo alla conclusione che
la fideiussione era stata sottoscritta dopo che la
Guerzoni si era determinata a prestarla ed “era
del tutto consapevole degli effetti

Con ciò, è risultato tuttavia omesso l’esame
del fatto effettivamente controverso, costituto
dall’errore in cui sarebbe incorsa la Guerzoni,
che -secondo la sua prospettazione- sarebbe stata
indotta a ritenere di prestare la fideiussione
fino all’importo di 50 milioni di lire e non
avrebbe potuto verificare l’effettivo contenuto
del documento per non averlo potuto leggere, in
quanto gravemente ipovedente e in quanto era stata
vittima di un “effetto sorpresa”, che non le aveva
consentito di comprendere gli effettivi termini
dell’impegno assunto.
E’ stato così del tutto pretermesso l’esame del
profilo del dolo di cui sarebbe stata vittima la
Guerzoni o -comunque- dell’errore in cui sarebbe
incorsa e ciò -si badi- non in relazione alla
volontà di prestare la fideiussione, ma in ordine
all’importo per cui la garante intendeva
prestarla.
Né può ritenersi che tale profilo sia stato
considerato laddove la Corte ha affermato che la
Guerzoni era del tutto consapevole dei rischi che
andava ad assumere, dal momento che la
consapevolezza

del

rischio
9

insito

nella

pregiudizievoli dell’atto nei suoi confronti”.

prestazione della garanzia non fornisce elementi
univoci in ordine all’effettivo importo per cui si
era inteso assumere l’impegno fideiussorio.
7.1. La sentenza va dunque cassata, con rinvio
alla Corte bolognese perché proceda ad un nuovo

tema del vizio della volontà dedotto dalla
Guerzoni.
8.

Il terzo e il quarto motivo restano

assorbiti.
9.

La Corte di rinvio procederà anche sulle

spese del presente giudizio.
P.Q.M.
la Corte, accoglie il ricorso per quanto di
ragione, cassa e rinvia, anche per le spese di
lite, alla Corte di Appello di Bologna, in diversa
composizione.
Roma, 11.2.2016

Il C

ieré- est.

Il Presidente

esame della vicenda che affronti specificamente il

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