Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7813 del 14/04/2020

Cassazione civile sez. I, 14/04/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 14/04/2020), n.7813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G. C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7212/2019 proposto da:

F.M., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Mario Novelli, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 1336/2018 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato

il 03/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

che:

F.M., nato in Senegal, con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, impugnava dinanzi il Tribunale di Ancona, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale in tutte le sue forme.

Il Tribunale ha ritenuto carente sul piano della credibilità il racconto del richiedente – il quale aveva riferito di essere fuggito per paura di persecuzioni dopo alcuni scontri tra l’etnia balanta e quella mandinga nel suo villaggio e dopo la morte accidentale di un suo amico di cui sarebbe stato ritenuto ingiustamente responsabile perchè non circostanziato ed incoerente in merito agli scontri tra le etnie e non credibile in ordine alle circostanze in cui si era verificato l’incidente.

Sulla scorta di tale considerazione ha escluso il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), non ricorrendo i presupposti di legge.

Il Tribunale, inoltre, avendo consultato le COI afferenti alla situazione socio/politica del Senegal, ha escluso che in detta regione vi fosse un conflitto generalizzato tale da comportare un concreto pericolo per la popolazione ed ha denegato anche la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) del D.Lgs. cit..

Infine ha respinto la richiesta di protezione umanitaria, oltre che per le ragioni anzidette, perchè non erano emerse situazioni soggettive di particolare vulnerabilità rilevanti ai sensi della normativa invocata, nè un certo grado di integrazione sociale.

Il richiedente propone ricorso articolato in sei mezzi; il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 28/7/1951.

1.2. Con il secondo motivo la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e).

Il ricorrente, di etnia mandinga, trattando congiuntamente i due motivi, si duole che non sia stato adeguatamente valutato la vicenda narrata circa le ragioni della fuga ed il rischio per l’incolumità per gli appartenenti a determinate etnie o religioni da parte degli appartenenti all’etnia balanta e quello che egli potrebbe correre una volta rimpatriato.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. Il ricorrente si duole della valutazione di non credibilità e lamenta la mancata attivazione di poteri officiosi di indagine sulla situazione generale del Paese di provenienza, laddove il giudicante si sarebbe soffermato esclusivamente sulla asserita pacificazione dell’area del Casamance.

1.4. I primi tre motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, sono inammissibili perchè, lungi dal confrontarsi con la statuizione impugnata di non credibilità circa le ragioni della fuga, sollecitano un sindacato di fatto conforme alla personali aspettative del ricorrente, inammissibile in sede di legittimità.

Nel caso di specie la motivazione senz’altro possiede i requisiti del minimo costituzionale ed il ricorrente non ha indicato alcun fatto di cui sia stato omesso l’esame, di guisa che la censura non risponde nemmeno al modello legale del vizio denunciato e si palesa del tutto generica (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Inoltre, la doglianza risulta essere assolutamente generica anche quanto alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione e, per conseguenza, priva di decisività non solo perchè l’approfondimento istruttorio vi è stato, ma anche perchè non viene indicato quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso (in tema, Cass. n. 2119 del 24/1/2019), nè la loro tempestiva deduzione dinanzi al giudice di merito.

2.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in ragione del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, nonostante l’esistenza di un conflitto “a bassa intensità” in Senegal ed il pericolo di subire una condanna a morte e/o un trattamento inumano e degradante da parte di esponenti dell’etnia balanta.

In proposito invoca anche precedenti giurisprudenziali che hanno riconosciuto la protezione sussidiaria a richiedenti provenienti dal Senegal.

2.2. Con il quinto motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, lamentando una insufficiente istruttoria sulla situazione oggettiva della regione di provenienza.

2.3. I motivi quarto e quinto, da trattarsi congiuntamente perchè connessi, vanno dichiarati inammissibili.

2.4. A prescindere dalla circostanza che il racconto del ricorrente non è stato ritenuto credibile, con evidenti negative ricadute in merito alla protezione richiesta ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b) cit., si deve osservare che le censure sono formulate in termini del tutto astratti, mediante la riproduzione di norme e precedenti giurisprudenziali, ma non dei pregressi atti di giudizio nei loro passaggi significativi ed individualizzanti il tema in esame, e non consentono di comprendere se le questioni circa la situazione socio/politica della zona di provenienza siano state tempestivamente sottoposte al giudice di merito (Cass. n. 15430 del 13/06/2018) e se gli siano state indicate le fonti riportate in ricorso, posto che questi ha approfonditamente esaminate le COI indicate nel decreto ed ha formulato una propria articolata motivazione, escludendo anche la presenza di una situazione di violenza ed insicurezza e/o di grave instabilità nella zona della di provenienza.

Infine non possono assumere decisivo rilievo le pronunce giudiziarie favorevoli ad altri richiedenti senegalesi, frutto della valutazione delle circostanze precipuamente accertate in detti giudizi.

3.1. Con il sesto motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Il ricorrente si duole che non si sia tenuto conto della situazione di insicurezza del Casamance e non sia stato adeguatamente valutato, sotto il profilo dell’integrazione in Italia, la frequenza di un corso di lingua e di corsi di formazione.

3.2. Il motivo è inammissibile perchè non si confronta con la statuizione impugnata, ove tali aspetti sono stati esaminati e ritenuti non sufficienti ad integrare i presupposti per la protezione richiesta in applicazione dei principi enunciati da questa Corte (cfr. Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455), e sostanzialmente sollecita una rivalutazione del merito, inammissibile in sede di legittimità.

4. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensive del resistente.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2020

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