Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7812 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 7812 Anno 2016
Presidente: ARMANO ULIANA
Relatore: SESTINI DANILO

SENTENZA
sul ricorso 19542-2014 proposto da:
SAMBATI MARCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
B.BUOZZI 82, presso lo studio dell’avvocato LUCA VINCENZO
ORSINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MAURIZIO MARCHISIO;

– ricorrenti contro
ROMA CAPITALE 02438750586, elettivamente domiciliato in
ROMA, V. DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso lo studio
dell’avvocato DOMENICO ROSSI, che lo rappresenta e difende

Data pubblicazione: 20/04/2016

unitamente all’avvocato AMERICO CECCARELLI, giusta procura
speciale depositata in data 17/12/2015;

– contrarkorrente avverso la sentenza n. 543/2014 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’
11/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. DANILO SESTINI;
udito l’Avvocato LUCA VINCENZO ORSINI, difensore del
ricorrente che si riporta agli scritti.

Ric. 2014 n. 19542 sez. M3 – ud. 11-02-2016
-2-

ROMA del 06/12/2013, depositata il 28/01/2014;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza

n.

8913/2011,

la Corte di

Cassazione, VI Sezione Penale ha annullato, con
rinvio alb Corte territoriale, la pronuncia della
Corte di Appello di Roma nella parte in cui,

di falso materiale, frode processuale e
danneggiamento ascritti a Marco Sambati, non aveva
disposto in merito alle statuizioni civili in
favore del Comune di Roma, costituitosi parte
civile.
Riassunta la causa da Roma Capitale (già Comune
di Roma), la Corte di Appello Civile ha proceduto
ad autonomo accertamento della sussistenza dei
reati e ha condannato il Sambati al risarcimento
del danno non patrimoniale, quantificandolo in C
200.000,00 (in moneta attuale).
Ricorre per cassazione il Sambati, affidandosi
a quattro motivi; resiste l’intimata Roma Capitale
a mezzo di controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Col primo motivo (“violazione e falsa

applicazione degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. e
dell’art. 2697 c.c.”), il ricorrente censura la
sentenza per non avere fornito un’adeguata
ricostruzione delle fattispecie di reato, con
specifico riferimento all’esistenza dell’elemento
materiale e di quello soggettivo, rilevando

quanto al secondo- che era mancato un accertamento
3

dichiarando estinti per prescrizione alcuni reati

”sulla concreta riferibilità al Sambati, sul piano
del dolo, delle condotte ritenute accertate”.
1.1. A prescindere dalla sua dubbia
ammissibilità (in quanto volto a censurare una
carenza motivazionale piuttosto che un error in

espressamente esaminato sia il profilo materiale
che quello soggettivo dei reati, individuando
specificamente gli elementi indicativi del dolo
del Sambati.
2.

Col secondo motivo (che reitera la censura

di violazione degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. e
deduce l’ulteriore violazione dell’art. 112
C.P.C.), il Sambati rileva che il Comune non aveva
adeguatamente allegato e provato il pregiudizio
non patrimoniale e censura la sentenza per avere
liquidato il danno conseguente alla lesione della
reputazione e dell’immagine dell’ente in difetto
di specifica prospettazione di parte.
2.1.

Anche questo motivo va disatteso.

Infatti, per quanto emerge dai passaggi
dell’atto di riassunzione del giudizio trascritti
a pag. 12 del ricorso e di quelli dell’atto di
costituzione di parte civile richiamati a pag. 14
del controricorso, il Comune di Roma aveva
allegato il danno “all’immagine di trasparenza e
legalità” del proprio operato, lamentando di
essere stato danneggiato “nella sua immagine e nel
suo decoro” e di aver visto “leso il proprio
interesse all’affidabilità dei propri atti”: tanto
4

iure), il motivo è infondato, dato che la Corte ha

costituiva sufficiente allegazione a fondamento
della domanda di ristoro del pregiudizio non
patrimoniale scaturente dal reato.
3.

Il terzo motivo deduce l’omesso esame di

un fatto decisivo per il giudizio in relazione

assumendo che la Corte non ha indicato le ragioni
per cui ha ritenuto sussistente il danno non
essendosi

patrimoniale,

limitata

a

valutare

l’astratta lesività della condotta senza procedere
alla necessaria verifica del danno effettivamente
sofferto.
3.1. La censura è infondata: la Corte ha
indicato chiaramente gli elementi in base ai quali
ha affermato l’esistenza del pregiudizio,
individuandoli nella molteplicità degli episodi
contraffattivi, nell’uso processuale di uno dei
documenti falsificati e nel deturpamento di spazi
pubblici conseguito all’installazione di impianti
pubblicitari abusivi.
4.

Col

quarto

motivo

(che

deduce

la

violazione degli artt. 1226 e 2056 c.c.), il
ricorrente censura la liquidazione equitativa del
danno, rilevando che la Corte ha acriticamente
aderito alle richieste del Comune senza dar conto
delle

ragioni

dell’adeguatezza

dell’importo

liquidato in relazione al pregiudizio subito.
4.1. Anche quest’ultimo motivo va disatteso
giacché l’esercizio del potere equitativo del
giudice nella quantificazione del danno non
5

alla liquidazione del danno non patrimoniale,

patrimoniale è censurabile in sede di legittimità
solo quando la liquidazione “appaia manifestamente
simbolica o per nulla correlata con le premesse in
fatto in ordine alla natura ed all’entità del
danno accertato” (Cass. n. 4186/2004 e Cass.

eccesso, palesemente sproporzionata” (Cass. n.
13066/2004), ipotesi non ricorrenti nel caso di
specie, alla luce degli elementi valorizzati dalla
Corte.
5.

Le spese di lite seguono la soccombenza.

6.

Trattandosi

di

ricorso

proposto

successivamente al 30.1.2013, ricorrono le
condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma
l quater del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente a rifondere alla controricorrente le
spese di lite, liquidate in euro 5.800,00 (di cui
euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso spese
forfettarie e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R.
n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del coma 1-bis dello stesso
articolo 13.
Roma, 11.2.2016
6

23725/2008), ovvero quando sia, “per difetto o per

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Il Presidente

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