Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7809 del 03/04/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7809 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: NUZZO LAURENZA

SENTENZA

sul ricorso 6218-2008 proposto da:
FIALDINI GIOVANNI C.F.FLDGNN46C25F023Q, FIALDINI LINO
C.F.FLDLNI51Al2F023C,

elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA VITTORIO VENETO 96,
dell’avvocato LUCENTE GIOVANNI,

presso lo studio
che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CRICCA GIAN CARLO;
– ricorrenti –

2014
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contro

CARIBOTTI AUGUSTO PIER CARLO C.F.CRBGTP57E06F023Y,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S.CIPRIANO 35,
presso lo studio dell’avvocato MANCINI FERNANDO,

che

Data pubblicazione: 03/04/2014

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FAZZI
ROBERTO;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1006/2007 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 02/10/2007;

udienza del 28/01/2014 dal Consigliere Dott. LAURENZA
NUZZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità o comunque per il rigetto del

ricorno,

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 30.4.1996 Augusto
Caribotti conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di

gli stessi, nel ristrutturare il loro fabbricato sul terreno
confinante,avevano realizzato: a)una nuova gronda di copertura con proiezione ricadente all’interno della proprietà Caribotti;b) un nuovo piano mansardato con sopraelevazione del preesistente fabbricato, in violazione delle distanze dai confini e con “illegittimo aumento
dell’altezza del fabbricato”. Chiedeva, quindi, la condanna dei convenuti alla demolizione della gronda, per
la parte sporgente nella spazio soprastante la proprietà
di esso attore, nonché la demolizione della sopraelevazione ovvero il risarcimento dei danni derivanti dalla
maggior altezza del fabbricato.
I convenuti si costituivano chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna dell’attore all’arretramento, previa
demolizione in tutto o in parte, del box prefabbricato in
cemento, installato a circa 50 cm. dal confine,oltre al risarcimento del danno.
Espletata C.T.U., con sentenza 20.12.2001, il Tribunale
respingeva la domanda dell’attore ed, in accoglimento
della domanda riconvenzionale, condannava il Caribotti
alla demolizione o all’arretramento del manufatto, per

1

Massa, Fíaldini Lino e Fialdini Giovanni lamentando che

la distanza di mt. 5 dal confine, in quanto realizzato in
violazione dell’art. 9 D.M.144/68 “in materia di distanza tra pareti finestrate e pareti di edificio antistanti”,

monetaria, a titolo di risarcimento danni.
Avverso tale sentenza il Caribotti

proponeva appello

cui resistevano Fiaidini Lino e Fialdinì Giovanni,
Con sentenza depositata il 2.10.2007 la Corte di Appello
di Genova, in parziale riforma della sentenza di primo
grado, condannava gli appellati Fialdini ad arretrare, per
m. 5 dal confine con il terreno del Caribotti, il tetto del
proprio edificio ed il sottostante piano sottotetto oggetto di ristrutturazione; respingeva le domande risarcitorie
proposte da ciascuna delle parti in causa; condannava i
Fialdini a rifondere all’attore la metà delle spese processuali di primo grado, compensando la residua metà e
ponendo le spese del grado a carico degli appellati.
Osservava la Corte territoriale che l’incremento di altezza dell’edificio dei conventi a seguito della sua ristrutturazione, unitamente all’ampliamento della falda del tetto e ad altre innovazioni implicanti modesti accrescimenti di superfici coperte e volumi intesi a rendere
abitabile il piano sottotetto, comportavano che la porzione di fabbricato ricostruita era da ritenersi “nuova costruzione”, soggetta

alla normativa sulle distanze del

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nonché al pagamento di £ 5.000.000, oltre rivalutazione

vigente P.R.G. che disponeva, per la zona di Saturazione B4 in cui era ricompreso il Fabbricato Fialdini, il rispetto della distanza dal confine di mt.5; rilevava chei
le domande di risarcimento danni non erano state provate

e l’eccezione di usucapione svolta in appello dai Fialdini, in ordine al diritto a mantenere il fabbricato alla
distanza attuale, non poteva essere accolta in quanto
non proposta in primo grado né rilevabile di ufficio.
Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso
Fialdini Lino e Fialdini Giovanni formulando tre motivi
con quesiti. Resiste con controricorso Caribotti Augusto
Pier Carlo.
Motivi della decisione
I ricorrenti deducono:
1)violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e
degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere il giudice di appello ritenuta provata la sopraelevazione del fabbricato
Fialdini, in difetto di elementi certi sul punto ed in contrasto con l’istruttoria della P.A.( Comune e Genio Civile), nonché alle elaborazioni grafiche del progettista,
alle dichiarazioni del Direttore dei Lavori e
dell’Ausiliario,essendo stata, peraltro, fondata

la do-

manda di arretramento e demolizione su alcune fotografie
non quotate e prive di misura, allegate ad una relazione
di parte;

‘&)

2)violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la Corte di merito condannato i Fialdini ad arretrare,alla distanza di mt.5 dal confine, il tetto

per quale altezza e/o dimensione la sopraelevazione andava abbassata e qualificando l’intervento edilizio come, “nuova costruzione” anziché “ristrutturazione o “demolizione e ricostruzione”, in assenza di domanda sul
punto;
3)insufficiente e contraddittoria motivazione con riferimento alla sopraelevazione ed alla sua entità, laddove la
decisione impugnata era stata fondata sulle fotografie
suddette, in difetto di riscontri obiettivi, con condanna
“imprecisata ed indefinita” all’arretramento del tetto e
sottotetto.
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo, accentrato sull’assunto

del mancato

accertamento della maggiore altezza del fabbricato di
controparte, non coglie la vera “ratio decidendi” della
sentenza impugnata, la quale ha ordinato l’arretramento
dell’immobile perché si trattava di una nuova costruzione. e non si una semplice ricostruzione o ristrutturazione, essendo stato accertato, anche mediate C.T.U. e non
solo attraverso la prova fotografica, un incremento di altezza di detto immobile, sia pure non esattamente quanti-

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dell’edificio ed il sottostante sottotetto, senza indicare

ficabile oltre all’accrescimento

di superfici coperte e

volumi “intesi a rendere abitabile il piano sottotetto”.
La qualificazione della porzione di fabbricato oggetto

nell’apprezzamento del giudice di merito, e non è, di
conseguenza, censurabile in sede di legittimità, ove esente, come nella specie, da vizi logici e giuridici(Cass.
n. 16687/2003). Va aggiunto, con riferimento al quesito
relativo al primo motivo, riguardante la statuizione sulla illegittimità della ristrutturazione del fabbricato, in
contrasto con “l’istruttoria della P.A., le elaborazioni
grafiche del progettista e finanche dell’Auiliario”, che
nessuna rilevanza può riconoscersi a detto asserito contrasto che, per la sua genericità, non consente il vaglio
di decisività da parte del Collegio e che si risolve, comunque, in una valutazione di merito non incidente
sull’accertamento in fatto posto a fondamento della decisione impugnata.
Il secondo motivo è privo di fondamento sotto entrambi i
profili dedotti; la Corte d’appello ha qualificato come
“nuova costruzione” la porzione di fabbricato in questione, sulla base delle conclusioni del C.T.U. rimaste esenti da censura; non è dato ravvisare, peraltro, il vizio
di ultrapetizione o extrapetizione con riguardo all’ordine
di arretramento della costruzione, tenuto conto della e-

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di causa come “nuova costruzione”, rientra

sposizione del “fatto” riportato nella sentenza impugnata, laddove si evidenzia che la “nuova costruzione” era
soggetta alla normativa sulle distanze legali del P.R.G.

fine,la cui mancata osservanza comportava l’arretramento
della costruzione degli attuali ricorrenti nei limiti del
rispetto di tale distanza.
E’ .evidente, quindi, che la domanda del Caribotti di
demolizione del fabbricato dei Fialdini per violazione
delle distanze legali comprendeva quella minore di arretramento. Al riguardo questa Corte ha affermato che resta escluso il vizio di ultra o extrapetizione qualora la
decisione venga contenuta nei limiti di una domanda di
maggiore ampiezza formulata dalla parte e non esulante
dalla causa petendi , intesa come l’insieme delle circostanze di fatto poste a fondamento della pretesa( Cass.
n. 475/2002; n.3566/2006).
Infondata è pure la terza doglianza; la questione
sull’altezza del sottotetto è,invero, ininfluente in quanto tale, rilevando, invece,i1 mancato rispetto della distanza legale cui era soggetta la nuova costruzione, come
accertato dal C.T.U.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Consegue, secondo il criterio della soccombenza,

la

condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese proces-

6

che prevedeva il rispetto della distanza di mt. 5 dal con-

suali, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pa-

di cui € 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 28.1.2014
Il P

Il Consigliere est.

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Roma,

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Si attesta la registrazione presso

gamento delle spese processuali liquidate in € 2.200,00

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