Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7807 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 7807 Anno 2016
Presidente: ARMANO ULIANA
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA
sul ricorso 5040-2014 proposto da:
D’AGOSTINO TERESA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
MONTE ZEBIO 7, presso lo studio dell’avvocato MARIO
PERONE, rappresentata e difesa dall’avvocato PIETRO
GIANCONE, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
COMUNE DI SAN GIORGIO A CREMANO, in persona del
Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,

Data pubblicazione: 20/04/2016

rappresentato e difeso dagli avvocati ADELE CARLINO e LUCIA
CICATIELLO, giusta procura a margine del controricorso;
– controdcorrente-

avverso la sentenza n. 4037/2013 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/02/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA
BARRECA;
udito l’Avvocato Barbara MIOLI, per delega degli Avvocati Lucia
CICATIELLO e Adele CARLINO, che si riporta.
FATTO E DIRITTO

sentenza impugnata, h Corte d’ Appello di Napoli, ha ligettat
l’appello proposto dalla sig.ra D’AGOSTINO Teresa nei confronti del comune
1.- Con la

di San Giorgio a Cremano, avverso la sentenza n.3398/2008 del Tribunale di
Napoli-sez. distaccata di Portici, avente ad oggetto la domanda della
D’Agostino di affermazione di responsabilità del comune ex art.2043 c.c., per il
mancato “sgravio” del fermo amministrativo (relativo all’autoveicolo di sua
proprietà) imposto dalla Gest Line S.p.a., concessionaria del servizio di
riscossione del predetto comune, malgrado gli atti presupposti (ordinanza
ingiunzione emessa per la somma di C 150,61, sulla base di un verbale di
accertamento per infrazione al C.d.S. e relativa cartella di pagamento) fossero
stati da lei impugnati, ed annullati con sentenze passate in giudicato.
1.1.- La Corte d’Appello, confermando la sentenza del Tribunale, ha ritenuto
che l’attrice, poi appellante, non avesse fornito prova alcuna della responsabilità
del comune di San Giorgio a Cremano, poi appellato, in quanto la condotta
denunciata come illecita è stata posta in essere dalla Gest Line s.p.a. Ha
precisato che sarebbe stato onere dell’appellante dimostrare che il predetto
comune, nella qualità di ente impositore, non avesse proceduto ad effettuare ed
a comunicare lo “sgravio” alla società concessionaria Gest Line s.p.a..
Il ricorso per Cassazione è svolto con un unico motivo. Il resistente si difende
con controricorso.
2.- Con l’unico motivo di ricorso, è dedotta la violazione e/o falsa applicazione
di norme di diritto, ex art. 360 n.3 c.p.c., in relazione all’art. 2697 c.c. La
ricorrente, al fine di censurare la sentenza impugnata, assume che <>.
Ric. 2014 n. 05040 sez. M3 ud. 10-02-2016
-2-

NAPOLI, depositata il 16/11/2013;

2014 n. 05040 sez. M3 – ucl. 10-02-2016
-3-

Riferendosi, perciò, al comma secondo dell’art. 2697 c.c., la ricorrente fa
ricadere l’onere della prova in capo al comune di S. Giorgio a Cremano, e
sostiene che la sua domanda avrebbe dovuto essere accolta, non avendo il
medesimo comune fornito la prova di aver messo l’esattore nella condizione di
procedere alla cancellazione del fermo, e dunque di aver disposto lo “sgravio”
del pagamento comunicandolo alla concessionaria Gest Line S.p.a. (ora
Equitalia).
2.1.- Il motivo non merita di essere accolto.
In tema di riparto dell’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 c.c., il principio
cardine è quello per il quale l’onere di provare i fatti costitutivi grava sempre
su colui che si afferma titolare del diritto. Quanto all’illecito aquiliano, spetta al
danneggiato fornire la prova del fatto illecito, del dolo o della colpa del
responsabile, del danno e del nesso di causalità tra il fatto ed il danno.
La ricorrente non contesta la regola appena enunciata. Piuttosto, sostiene che,
nella specie, il fatto illecito sarebbe consistito nell’iscrizione del fermo
amministrativo. Pertanto, una volta data la prova da parte sua di siffatta
iscrizione e della sua illegittimità, sarebbe spettato al Comune impositore
l’onere di provare la propria mancanza di responsabilità.
L’assunto non è meritevole di accoglimento perché il fatto illecito, nel caso di
specie, è costituito, non solo dall’iscrizione del fermo amministrativo, che —
come osservato dal giudice a quo- è atto del concessionario, quanto dalla
mancata emissione da parte del comune di un provvedimento di “sgravio” (vale
a dire di un provvedimento di eliminazione del credito dal ruolo esattoriale)
ovvero dalla mancata comunicazione di questo provvedimento al
concessionario, oggi agente della riscossione.
Giova precisare che questa ricostruzione dell’illecito, nel caso concreto,
consegue alla stessa prospettazione della ricorrente, che imputa all’ente
impositore non tanto la responsabilità per l’inserimento del credito nel ruolo
esattoriale, quanto quella per non aver proceduto alla sua eliminazione
mediante l’adozione del provvedimento di sgravio e la sua comunicazione
all’esattore.
Dato ciò, non ha violato l’art. 2697 cod. civ., riferito all’art. 2043 cod. civ., il
giudice di merito che ha ritenuto che la danneggiata avrebbe dovuto fornire la
prova dell’una o dell’altra di tali ultime condotte ascritte al comune. E ciò
anche in ragione del fatto che l’iscrizione del fermo amministrativo è atto
proprio dell’Agente della riscossione, sicché, per discriminare la posizione di
quest’ultimo rispetto a quella dell’ente impositore, sarebbe stata necessaria
apposita deduzione probatoria della parte attrice, poi appellante.
D’altronde, l’onere della prova non risulta invertito solo perché oggetto di
prova sarebbe dovuto essere un comportamento omissivo.
La parte danneggiata, onerata della prova relativa, ben avrebbe potuto provare il
fatto illecito omissivo anche tramite fatti positivi contrari o idonei a farlo
presumere (cfr., da ultimo, tra le altre Cass. n. 9099/12) ovvero mediante la
produzione di documenti provenienti dal comune o la prova per interpello o per
testi (per il tramite degli organi del comune e/o dei suoi dipendenti).
Il motivo è perciò infondato per la parte in cui denuncia la violazione dell’art.
2697 cod. civ.
3.- Nell’illustrare il motivo la ricorrente svolge ulteriori rilievi volti a sostenere
che, nel caso di specie, comunque vi sarebbe stata la prova presuntiva del fatto

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida nell’importo complessivo di C 1.500,00, di
cui 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per
legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto che
sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il giorno 10 febbraio 2016.

omissivo del comune e che il giudice del merito avrebbe fatto malgoverno di
questi dati istruttori indiziari.
Per questa parte il motivo è inammissibile, poiché non risulta denunciata la
violazione degli artt. 2727 e seg. cod. civ., né è denunciato il vizio di
motivazione, essendo stata dedotta soltanto la violazione dell’art. 2697 cod.
civ., per non aver accollato al comune convenuto l’onere della prova di un
preteso fatto estintivo od impeditivo.
3.1.- Infine, non è utile la produzione documentale (consistente nella
comunicazione della richiesta di “sgravio” da parte del comune nei confronti
della concessionaria Gest Line S.p.a.) effettuata unitamente al ricorso per
cassazione. Trattasi di produzione irricevibile in ragione del principio per il
quale, essendo inammissibile, ex art. 372 cod. proc. civ., nella sede di
legittimità, qualsiasi attività istruttoria, sia pure documentale, sono irricevibili
tutti i documenti diversi da quelli volti a provare l’ammissibilità del ricorso o la
nullità della sentenza impugnata (Cfr. Cass. n. 10967/2013).
E’ vero che anche le Sezioni Unite hanno ammesso che possa essere prodotto
col ricorso un documento attinente alla fondatezza di questo e formato dopo la
fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo (così
Cass. S.U. n. 7161/10 e n. 25038/13). Tuttavia, nella specie, il documento non
dimostra affatto la fondatezza del ricorso, il cui unico motivo, attiene, come
detto, alla violazione dell’art. 2697 cod. civ.
Il documento prodotto col ricorso serve esclusivamente a colmare una lacuna
istruttoria imputabile alla parte ricorrente, già appellante. Non è certo
consentito, M sede di legittimità, assolvere mediante la produzione di
documenti (anche sopravvenuti), all’onere della prova che gravava sulla parte
ricorrente e che questa avrebbe dovuto fornire in sede di merito (avvalendosi
delle fonti di prova all’epoca disponibili).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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