Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7807 del 14/04/2020

Cassazione civile sez. I, 14/04/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 14/04/2020), n.7807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 5457/2019 r.g. proposto da:

A.N., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Roberto Dalla Bona, con cui elettivamente domicilia in Roma, Via

Ippolito Nievo, presso lo studio dell’Avvocato Rossella De Angelis.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, depositata in

data 20.8.2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/1/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano ha rigettato l’appello proposto da A.N., cittadino (OMISSIS), avverso l’ordinanza emessa in data 13.6.2017 dal Tribunale di Milano, con la quale erano state respinte le domande volte ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato e la richiesta protezione sussidiaria ed umanitaria.

La corte del merito ha, in primo luogo, ricordato la vicenda personale del richiedente, secondo il racconto svolto da quest’ultimo; il ricorrente ha infatti narrato di essere stato costretto a fuggire dal suo paese di origine, la Nigeria, perchè minacciato dai componenti del suo villaggio, in seguito alla morte del padre che rivestiva il ruolo di capo villaggio e di cui, dunque, avrebbe dovuto prendere il posto, secondo i desideri dei suoi concittadini. La corte territoriale ha ritenuto che: 1) il racconto del ricorrente non era credibile e che comunque non ricorrevano neanche i presupposti applicativi della richiesta tutela internazionale tramite il riconoscimento dello status di rifugiato, posto che il richiedente non era stato fatto oggetto di atti persecutori; 2) non ricorrevano neanche i presupposti per l’applicazione, in favore del ricorrente, della richiesta protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, non rischiando il richiedente nè la pena di morte nè trattamenti inumani, in caso di rientro in patria; 3) non poteva essere accolta la domanda di protezione sussidiaria fondata sulla tutela prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, perchè non si registrava nell’Edo State una situazione di conflittualità interna; 4) non era fondata neanche la richiesta di protezione umanitaria, in assenza della prova di una seria condizione di vulnerabilità del richiedente e dell’integrazione di quest’ultimo nel contesto sociale italiano.

2. La sentenza, pubblicata il 20.8.2018, è stata impugnata da A.N. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta error in procedendo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e della Direttiva 2004/83/CE.

2. Con il secondo mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, della direttiva 2004/83/CE, ed error in procedendo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

3. Il quarto motivo deduce vizio di violazione dell’art. 5, comma 6, T.U. Imm., della direttiva 2004/83/CE, dell’art. 2 Cost. e dell’art. 8Cedu.

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1 Il primo motivo di censura è inammissibile perchè non intercetta la ratio decidendi principale posta a sostegno del diniego della reclamata protezione internazionale, e cioè la valutazione di non credibilità del narrato del ricorrente, in ordine alla sua vicenda personale e alle ragioni dell’espatrio.

4.2 Anche il secondo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.

Il motivo – articolato in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c – è inammissibile perchè volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna della Nigeria, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato che negli Stati del sud della Nigeria non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata.

4.3 Il terzo motivo è altrettanto inammissibile, in ragione della sua evidente genericità di formulazione, in quanto, al di là di una elencazione delle fonti normative applicabili, non indica le ragioni di critica della motivazione impugnata.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, in mancanza di difese dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2020

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