Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7806 del 27/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/03/2017, (ud. 10/01/2017, dep.27/03/2017),  n. 7806

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29665-2015 proposto da:

G.V., elettivamente domiciliato in ROMA, C.SO VITTORIO

EMANUELE II 269, presso lo studio dell’avvocato ROMANO VACCARELLA,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO

MANNETTA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.B.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ASTURA 2/B,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DE BEAUMONT, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2192/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

7/04/2014, depositata il 14/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2017 dal Consigliere Dott. AUGUSTO TATANGELO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.V. propose opposizione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., avverso il precetto di esecuzione di un obbligo di fare e di pagamento di somme intimatogli da D.B.L..

L’opposizione fu parzialmente accolta dal Tribunale di Ariano Irpino, esclusivamente in relazione all’intimazione di pagamento.

La Corte di Appello di Napoli ha respinto il gravame proposto in via principale dal G. e accolto quello proposto in via incidentale dalla D.B., riformando parzialmente la decisione di primo grado sempre soltanto in relazione all’intimazione di pagamento.

Ricorre il G., sulla base di un unico motivo, illustrato con memoria.

Resiste la D.B. con controricorso.

Il ricorso è stato trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto ritenuto destinato ad essere rigettato e/o dichiarato inammissibile.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, art. 474 c.p.c., in relazione all’art. 612 c.p.c.; violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 1362 c.c. e segg.; omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di un fatto decisivo risultante dal testo della sentenza n. 19985/08 della S.C.”.

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non abbia ritenuto rilevante (anche) la motivazione delle pronunzie emesse in sede di impugnazione ai fini dell’interpretazione del titolo esecutivo e della individuazione degli esatti limiti dell’obbligo di fare oggetto dell’intimazione di cui al precetto opposto, come indicato nel dispositivo della sentenza di primo grado, ciò che – a suo dire – avrebbe dovuto indurre a ritenere che la prestazione intimata non era perfettamente corrispondente al titolo stesso (in particolare: non avrebbe dovuto essere demolita la sopraelevazione del proprio fabbricato, e l’arretramento di 5 metri avrebbe dovuto essere operato in rapporto all’edificio della D.B. e non al confine tra le proprietà).

Orbene, la corte di appello si è limitata a rilevare che l’intimazione di cui al precetto opposto era perfettamente corrispondente al dispositivo della sentenza di primo grado, confermata prima in appello e poi (sebbene con parziale correzione della motivazione, ma con espressa conferma della correttezza del dispositivo) in sede di legittimità, onde doveva escludersi che essa non fosse conforme al titolo esecutivo.

Ha comunque precisato che anche dalla motivazione della sentenza della Corte di Cassazione (n. 19985 del 2008) pronunziata nel corso del giudizio di cognizione emergeva che l’arretramento doveva essere operato rispetto al confine tra le proprietà, mentre la demolizione della sopraelevazione, laddove effettivamente realizzata a distanza legale (come sostenuto dall’opponente), non poteva neanche ritenersi compresa nell’obbligo intimato, genericamente riferito alla parte del fabbricato fuori terra non rispettosa della distanza legale di cinque metri dal confine, come da titolo.

Dunque il ricorso in parte è inammissibile, in quanto non coglie la effettiva ragione della decisione impugnata, ed in parte è manifestamente infondato.

2. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2017

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