Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7803 del 20/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7803 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CIGNA MARIO

ORDINANZA
sul ricorso 9456-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
SABA ITALIA SPA, in persona dell’Amministratore delegato pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA 20 SETTEMBRE
1, presso lo studio dell’avvocato EUGENIO DELLA VALLE, che la
rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del
controricorso;
– controricorrente
avverso la sentenza n. 985/38/2014 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA del 27/11/2013, depositata
il 18/02/2014;

Data pubblicazione: 20/04/2016

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott, NIARIO CIGNA;
udito l’Avvocato Della Valle Eugenio difensore della controricorrente
che si riporta alla memoria.
L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi a due motivi, per la

Regionale Lazio ha: 1) rigettato l’appello proposto dall’Ufficio avverso
la sentenza con cui la CTP di Roma aveva accolto (ad esclusione della
richiesta di rivalutazione monetaria) il ricorso proposto dalla SABA
Italia SpA avverso silenzio rifiuto formatosi su istanza di rimborso
IRPEG 2002; 2) accolto l’appello incidentale proposto dalla società,
ritenendo dovuta la rivalutazione monetaria; la CTR, in particolare, per
quanto ancora rileva, ha evidenziato che la rivalutazione monetaria era
dovuta al riconoscimento del maggior danno corrispondente alla
differenza tra il tasso di rendimento netto dei titoli di Stato di durata
non superiore ai 12 mesi ed il tasso degli interessi legali determinato
per ogni anno ex art. 1284 cc; tanto “in considerazione che la più
comune e prudente forma di investimento del denaro ha una sua
redditività superiore al tasso legale”, e precisando che parte
contribuente aveva “dimostrato documentalmente il maggior danno
richiesto oltre gli interessi”.
Il contribuente resiste con controricorso e, in seguito al deposito della
relazione, con memoria ex art. 380 bis cpc.
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denunziando -ex art. 360 n. 3
cpc- violazione e falsa applicazione dell’art. 1224, comma 2, e 2697 cc,
nonché dell’art. 44 dpr 602/1973, sostiene che in tema di obbligazioni
pecuniarie costituite da crediti di imposta “la specialità della fattispecie
tributaria impone un’interpretazione restrittiva dell’art. 1224, comma 2,
cc; pertanto, il creditore non può limitarsi ad allegare la sua qualità di
Ric. 2015 n. 09456 sez. MT
-2-

ud. 17-03-2016

cassazione della sentenza con la quale la Commissione Tributaria

imprenditore ed a dedurre il fenomeno inflattivo come fatto notorio,
ma deve, alla stregua dei principi generali dell’art. 2697 cc, fornire
indicazioni in ordine al danno subito per l’indisponibilità del denaro, a
cagione dell’inadempimento, ed a offrirne prova rigorosa”.
Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia denunziando -ex art. 360 n.

violazione dell’art. 132 cpc e violazione e falsa applicazione degli artt.
1, secondo comma, e 36, comma 2°, n. 4 d.lgs 546/92, sostiene che, in
ordine alla ricorrenza della prova dell’allegato maggior danno, la
sentenza impugnata era da ritenersi radicalmente priva di motivazione,
atteso che, nonostante il contribuente avesse sostenuto in diritto che il
maggior danno poteva essere riconosciuto in via presuntiva, si era
limitata ad affermare che parte contribuente aveva dimostrato
documentalmente il maggior danno richiesto oltre gli interessi.
Detti motivi, da valutarsi congiuntamente in quanto tra loro connessi,
sono fondati.
Come già chiarito da questa Corte, invero, “nel caso di ritardato
adempimento di una obbligazione pecuniaria il danno da svalutazione
monetaria non è “in re ipsa”, ma può essere liquidato soltanto ove il
creditore deduca e dimostri che un tempestivo adempimento gli
avrebbe consentito di impiegare il denaro in modo tale da elidere gli
effetti dell’inflazione. Tale principio trova applicazione anche alle
pretese restitutorie vantate dal contribuente nei confronti dell’erario,
rispetto alle quali peraltro – in considerazione della specificità della
disciplina dell’obbligazione tributaria – la prova del danno da
svalutazione monetaria deve essere valutata con particolare rigore da
parte del giudice di merito” (Cass. sez. unite 16871/2007); siffatto
principio è stato in seguito ribadito da Cass. 26403/2010; Cass.
27305/2014 e 3124/2014; in particolare, con quest’ultima statuizione
Ric. 2015 n. 09456 sez. MT – ud. 17-03-2016
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4 cpc- nullità della sentenza per carenza della motivazione in

questa Corte ha precisato che “in tema di obbligazioni pecuniarie
costituite dai crediti di imposta, cui non sono applicabili l’art. 1224 cod.
civ., comma 1 e art. 1284 cod. civ., stante la speciale disciplina del
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 44 – relativa a tutti gli interessi
dovuti dall’amministrazione finanziaria in dipendenza di un rapporto

un’interpretazione restrittiva dell’art. 1224 cod, civ., comma 2;
pertanto, il creditore non può limitarsi ad allegare la sua qualità di
imprenditore e a dedurre il fenomeno inflattivo come fatto notorio, ma
deve, alla stregua dei principi generali dell’art. 2697 cod. civ., fornire
indicazioni in ordine al danno subito per l’indisponibilità del denaro, a
cagione dell’inadempimento, ed ad offrirne prova rigorosa”.
Nel caso di specie non è stato dedotto dalla parte contribuente (v.
appello incidentale, trascritto in ricorso in ossequio al principio di
autosufficienza) che l’adempimento avrebbe consentito di impiegare il
denaro in modo tale da elidere gli effetti dell’inflazione; la impugnata
sentenza della CTR, essendosi limitata ad affermare che parte
contribuente aveva dimostrato documentalmente il maggior danno
richiesto oltre gli interessi, non ha fatto corretta applicazione del
“particolare rigore” richiesto dalla Corte nella valutazione della prova
del maggior danno, e va quindi cassata.
In conclusione, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata
l’impugnata sentenza, con rinvio -per nuova valutazione in ordine alla
sussistenza ed alla liquidazione del maggior danno- alla CTR Lazio,
diversa composizione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza, con rinvio alla
CTR Lazio, diversa composizione, che provvederà anche alla
regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
kic. 2015 n. 09456 sez. MT – ud. 17-03-2016
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giuridico tributario – la specialità della fattispecie tributaria impone

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