Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7800 del 31/03/2010

Cassazione civile sez. III, 31/03/2010, (ud. 22/02/2010, dep. 31/03/2010), n.7800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 469-2006 proposto da:

S.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE B. BUOZZI 99, presso lo studio dell’avvocato D’ALESSIO

ANTONIO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

ricorso unitamente all’avvocato S.G., difensore di

sè medesimo;

– ricorrente –

contro

B.A., M.A. (OMISSIS) quali eredi

del defunto BE.AN., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA A. BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato AMATO RENATO, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUERRA MASSIMO

giusta delega a margine del controricorso;

B.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FEDERICO GONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato

MANZI LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

BEGHINI ALESSIA giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

B.G.A. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 3186/2004 del TRIBUNALE di VERONA, 1^ SEZIONE

CIVILE, emessa il 28/10/2004, depositata il 15/11/2004, R.G.N.

8652/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/02/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato S.G.;

udito l’Avvocato EMANUELE COGLITORE per delega dell’Avvocato LUIGI

MANZI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 12 settembre 2001 S.G. conveniva in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Verona B.A. e L., chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 1.879,83, per prestazioni professionali rese in favore della Casa Vinicola Beghini Cav. Stefano e figli, di cui gli stessi erano soci di fatto.

Resistevano i convenuti, che contestavano l’avversa pretesa.

Con sentenza del 21 gennaio 2003 il giudice adito rigettava la domanda, dichiarando decorsa la prescrizione triennale ex art. 2956 cod. civ. in relazione al credito azionato dall’attore.

Proposto gravame dal soccombente, il Tribunale, in data 15 novembre 2004, lo respingeva.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione S. G., formulando tre motivi.

Resistono con due distinti controricorsi M.A. e B.G.A., eredi di B.A., nonchè B. L..

All’esito della discussione orale l’avvocato S. ha depositato osservazioni scritte alle conclusioni del pubblico ministero.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo l’impugnante lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2937 e 2959 cod. civ., in relazione all’art. 2956 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia. Sostiene che le affermazioni dei convenuti erano assolutamente incompatibili con l’eccezione di prescrizione presuntiva del credito, avendo nella comparsa di risposta B.L. contestato l’attività svolta dall’avvocato S. nonchè l’ammontare delle somme dallo stesso richieste, ed avendo del pari il fratello B.A. dedotto nel primo atto difensivo la sua estraneità alla gestione della Casa Vinicola, conseguentemente ammettendo di non sapere affatto se l’importo rivendicato dall’attore fosse stato o meno pagato. In tale contesto non v’era alcuna necessità che egli deferisse alla controparte giuramento decisorio. Il giudice di merito, omettendo di prendere in considerazione tutte le predette circostanze, era incorso in violazione di legge e aveva inoltre fatto malgoverno della consolidata giurisprudenza del Supremo Collegio.

1.2 Col secondo mezzo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2959 cod. civ., in relazione all’art. 2956 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia. Evidenzia che B.L. aveva affermato a verbale di avere saldato il proprio debito il 26 gennaio 1994, in coincidenza con la morte del fratello At., il quale intratteneva i rapporti con il professionista, laddove la pratica relativa al Fallimento N. era sicuramente proseguita ben oltre quella data, come poteva evincersi dalla documentazione versata in atti. Il decidente aveva quindi ignorato l’insegnamento della Corte Suprema, secondo cui l’eccezione di prescrizione presuntiva deve essere rigettata se il debitore sostenga di avere soddisfatto il creditore in riferimento ad un rapporto di contenuto diverso o ridotto rispetto a quello oggetto della controversia, con implicita negazione del credito, sia pure limitatamente ad una parte di esso (confr. Cass. civ., 2, 19 ottobre 1993, n. 10332).

1.3 I motivi, che si prestano a essere esaminati congiuntamente per la loro intrinseca connessione, sono infondati.

Il giudice di merito ha motivato la scelta operata in dispositivo rilevando che, contrariamente a quanto sostenuto dell’appellante, i fratelli B. non avevano affatto tenuto un comportamento contrastante con la deduzione della prescrizione presuntiva, avendo dichiarato che ogni spettanza dell’avvocato S. era stata saldata nel (OMISSIS), al momento della morte del fratello At., mentre nessun rilievo poteva avere che l’opera del professionista fosse stata portata a compimento nell’anno (OMISSIS), con la consegna di tre assegni, ben potendo le competenze dovute essere state corrisposte nell’anno precedente, in coincidenza col predetto fatto storico. Ha altresì evidenziato il decidente che l’appellante neppure aveva deferito alla controparte giuramento decisorio, unico strumento processuale a sua disposizione per dimostrare, in tale contesto, il buon fondamento del diritto azionato.

1.4 Orbene, a giudizio del collegio, tali argomentazioni sono anzitutto in linea con il principio, già affermato da questa Corte, e dal quale non v’è ragione di discostarsi, secondo cui le deduzioni con le quali il debitore assume che il debito sia stato pagato o sia comunque estinto, non rendono inopponibile l’eccezione di prescrizione presuntiva, non essendo incompatibili con la presunta estinzione del debito per decorso del termine, ma piuttosto adesive e confermative del contenuto sostanziale dell’eccezione stessa (Cass. civ., sez. 1, 2 marzo 2004, n. 4209).

In realtà, posto che la prescrizione presuntiva è fondata sulla presunzione di adempimento dell’obbligazione e implica, perciò stesso, il riconoscimento dell’esistenza del credito nella misura richiesta dal creditore (argomento sul quale si avrà occasione di ritornare), unici mezzi idonei a paralizzare l’opposta presunzione di pagamento sono, quanto alla posizione del debitore opponente, l’ammissione di non avere estinto l’obbligazione; quanto a quella del creditore, il deferimento al debitore del giuramento decisorio (Cass. civ., 3, 15 maggio 2007, n. 11195), con l’ulteriore e, ai fini che qui interessano, decisivo corollario che l’indagine sul contenuto delle dichiarazioni della parte (o del suo comportamento processuale), al fine di stabilire se importino o meno ammissione della non avvenuta estinzione del debito agli effetti dell’art. 2959 cod. civ., da luogo ad un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato (Cass. civ., 2, 16 ottobre 2006, n. 22118).

Nella fattispecie il Tribunale, nell’ambito dei suoi poteri di apprezzamento dell’effettiva portata della linea difensiva delle parti, ha dato conto, in maniera esaustiva ed appagante, del carattere assorbente dell’allegazione dell’avvenuto pagamento, sicchè la relativa valutazione sfugge al sindacato di questa Corte.

1.5 Infine l’assunto secondo cui il debitore avrebbe sostenuto di avere soddisfatto un credito di contenuto diverso, e ridotto, rispetto a quello preteso dalla controparte, poggia su una lettura fuorviata e fuorviante delle ragioni della scelta operata in dispositivo dal decidente: il giudice di merito ha per vero ritenuto che la consegna, da parte del professionista, di tre assegni in data posteriore al pagamento delle sue spettanze, completasse l’adempimento di una già saldata prestazione. E per la verità il carattere meramente esecutivo e marginale dell’incombente rende estremamente plausibile il convincimento del giudice a quo.

In definitiva i primi due motivi di ricorso devono essere rigettati.

2.1 Col terzo mezzo l’impugnante deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1310 c.c., comma 3, con riferimento alla ritenuta estensione ad B.A. dell’eccezione di prescrizione presuntiva fatta valere da B.L., benchè pacificamente il condebitore l’avesse opposta solo nella terza udienza, e quindi tardivamente. Erroneamente avrebbe il giudice di merito ritenuto che l’eccezione stessa, una volta sollevata da parte di uno dei coobbligati, si estende tout court anche agli altri.

2.2 Il motivo è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che l’eccezione di prescrizione opposta da alcuni dei condebitori non opera automaticamente a favore degli altri, avendo costoro, al fine di potersene giovare, l’onere di farla esplicitamente propria. Ne deriva che ciascuno dei condebitori, ove intenda avvalersi della prescrizione, deve sollevare, e tempestivamente, la relativa eccezione (confr. Cass. civ. 9 aprile 2001, n. 5262; Cass. civ. 21 maggio 1977, n. 2132; Cass. civ. 24 ottobre 1975, n. 3527; Cass. civ. 24 marzo 1959, n. 915).

Il collegio condivide tale principio, in ragione della natura dispositiva dell’eccezione di prescrizione e del dirimente rilievo che la molteplicità dei vincoli che caratterizza l’obbligazione solidale, e la connessa necessità per il giudice di adeguare alle richieste delle parti la propria decisione, rendono possibili non solo diversi processi e diverse sentenze in ordine alla stessa obbligazione, ma anche diverse pronunce nello stesso procedimento.

Non a caso la facoltà del debitore solidale di avvalersi della sentenza favorevole fra il creditore ed altro coobbligato riguarda l’ipotesi in cui sul rapporto obbligatorio sia stata pronunciata una sola sentenza i cui effetti possono comunicarsi al condebitore non in causa, mentre trova limiti alla sua applicazione nell’eventuale esistenza nei confronti del medesimo condebitore del giudicato contrario sul medesimo punto (Cass. civ. 6 novembre 1996, n. 9647).

Avvalora tale prospettiva la circostanza che l’art. 1310 cod. civ., il quale contempla vari effetti estensivi in tema di prescrizione, non solo non prevede tra questi il caso dell’eccezione sollevata da uno dei debitori solidali, ma anzi, all’ultimo comma, specificamente richiamato dal decidente, stabilisce che la rinunzia fatta da uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo agli altri. Nè si vede in qual modo da tale norma possa a contrario desumersi, come fa il giudice di merito, l’estensione degli effetti dell’eccezione tempestivamente opposta al debitore che non l’abbia sollevata o che l’abbia tardivamente sollevata, così incorrendo in decadenza.

Benchè infatti la rinunzia alla prescrizione abbia valore negoziale e sia, come tale, istituto di diritto sostanziale, mentre la (mancata o intestiva) eccezione di prescrizione attiene all’ordine processuale, la disposizione, cosi come strutturata, denota solo che il legislatore non ha inteso estendere agli altri debitori solidali gli effetti del comportamento di quello che non ha inteso giovarsi della prescrizione maturata.

Ne deriva che la sentenza impugnata, la quale ha ritenuto irrilevanti gli esiti della verifica della tempestività dell’eccezione di prescrizione opposta da B.A., deve essere cassata in relazione al terzo motivo di ricorso, con rinvio al Tribunale di Verona, in diversa composizione che pronuncerà anche sulle spese del giudizio di cassazione e che applicherà il seguente principio di diritto: l’eccezione di prescrizione tempestivamente sollevata da uno soltanto dei coobbligati solidali convenuti non giova agli altri.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso. Accoglie il terzo. Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione al Tribunale di Verona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2010

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