Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7800 del 20/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7800 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CIGNA MARIO

ORDINANZA
sul ricorso 7556-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
COMUNE DI CALENZANO;
– intimati avverso la sentenza n. 1565/13/2014 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di FIRENZE del 27/03/2014,
depositata il 29/08/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO CAGNA.

Data pubblicazione: 20/04/2016

L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi ad un motivo, per la
cassazione della sentenza con la quale la Commissione Tributaria
Regionale Toscana, nel rigettare l’appello dell’Ufficio, ha confermato la
decisione di primo grado con la quale la CTP di Firenze aveva accolto
il ricorso proposto dal Comune di Calenzano avverso il silenzio-rifiuto

concessioni governative pagata dal Comune dal 2007 al 2009 per
quattordici utenze telefoniche ad esso intestate; la CTR, in particolare,
ha evidenziato che il nuovo codice delle Telecomunicazioni (d.lgs
259/2003), in applicazione della normativa comunitaria, aveva
introdotto il principio della liberalizzazione della fornitura dei servizi di
telecomunicazioni, abrogando il precedente ordinamento a carattere
concessorio; di conseguenza, doveva ritenersi abrogato l’art. 318 del
dpr 156/73, che prevedeva la licenza governativa di esercizio per le
stazioni radiomobili, con ciò venendo meno il presupposto stesso per
l’applicazione della tassa di concessione governativa (tributo che lo
Stato impone ai beneficiari di determinati provvedimenti
amministratici, quali autorizzazioni, concessioni e licenze).
Il contribuente non resiste.
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 3
cpc- la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 dpr 641/1972 e 21
tariffa annessa, 25 e 160 d.lgs 259/2003 (come autenticamente
interpretato dall’art. 2, comma 4, d.1.4/2014) nonchè dell’ari 3
d.1.151/91 e dell’art. 3 d.m. 33/90, sostiene che, nonostante il su
menzionato codice delle telecomunicazioni abbia liberalizzato il settore
abbandonando il regime concessorio, la fornitura di servizi di
comunicazione elettronica restava comunque soggetta ad una
disciplina autorizzatoria.
Il motivo è fondato.
Ric. 2015 n, 07556 sez. MT ud. 17-03-2016
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opposto dall’Ufficio alla richiesta di rimborso della tassa sulle

Questa Corte ha, invero, chiarito che “in tema di radio fonia mobile,
l’abrogazione dell’art. 318 del d.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, ad opera
dell’art. 218 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, non ha fatto venire meno
l’assoggettabilità dell’uso del “telefono cellulare” alla tassa governativa
di cui all’art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in

cit. Va, infatti, esclusa – come anche desumibile dalla norma
interpretativa introdotta con l’art. 2, comma 4, del di. 24 gennaio 2014,
n. 4, conv. con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la
nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio
radiomobile terrestre di comunicazione – una differenziazione di
regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radio-trasmittenti”,
risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs.
259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE,
cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la
messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della
direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carattere non recettizio,
operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all’art.
160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell’art. 219 del
medesimo d.lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni
non possono derivare “nuovi o maggiori oneri per lo Stato”, e, dunque,
neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Né, in
ogni caso, l’applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la
disciplina comunitaria attesa l’esplicita esclusione di ogni
incompatibilità affermata dalla Corte di giustizia (CGCE, 12 dicembre
2013 in C-335/2013)” (Cass. sez. unite 9560/2014, che ha anche
precisato che “in tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti
al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici
cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dall’art. 13
Ric. 2015 n. 07556 sez. MT – ud. 17-03-2016
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quanto la relativa previsione è riprodotta nell’art. 160 del (1.1gs. n. 259

bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, a favore
dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione
fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi dell’art. 1, comma 2,
d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, l’inesistenza di una generalizzata
assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità

legislativa”); in senso conforme, Cass. 26386/2014, che, nel ribadire la
natura interpretativa e la conseguente retroattività dell’ art. 2, comma 4,
L. n. 4 del 2014, ha confermato anche la compatibilità delle dette
disposizioni con la disciplina comunitaria di settore e la manifesta
infondatezza di sollevati dubbi di costituzionalità.
Da ultimo la Corte di Giustizia UE, con la sentenza del 17 settembre
2015, causa C – 416/14, ha ritenuto che la disciplina UE va interpretata
nel senso che non osta a una normativa nazionale relativa
all’applicazione di una tassa, quale la tassa di concessione governativa,
in forza della quale l’impiego di apparecchiature terminali per il
servizio radiomobile terrestre, nel contesto di un contratto di
abbonamento, è assoggettato a un’autorizzazione generale o a una
licenza nonché al pagamento di detta tassa, in quanto il contratto di
abbonamento sostituisce di per sé la licenza o l’autorizzazione generale
e, pertanto, non occorre alcun intervento dell’amministrazione al
riguardo; in tale contesto, è stato poi aggiunto che l’articolo 20 della
direttiva 2002/22/CE, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE,
e l’articolo 8 della direttiva 1999/5/CEE vanno interpretati nel senso
che non ostano, ai fini dell’applicazione di una tassa quale la tassa di
concessione governativa, all’equiparazione a un’autorizzazione generale
o a una licenza di stazione radioelettrica di un contratto di
abbonamento a un servizio di telefonia mobile, che deve peraltro

Ric. 2015 n. 07556 sez. MT – ud, 17-03-2016
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presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata)

v

precisare il tipo di apparato terminale di cui si tratta e l’omologazione
di cui è stato oggetto. Inoltre, secondo la Corte, il quadro comunitario,
unitamente all’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, va interpretato nel senso che non osta a un
trattamento differenziato degli utenti di apparecchiature terminali per il

contratto di abbonamento a servizi di telefonia mobile o acquistino tali
servizi in forma di carte prepagate eventualmente ricaricabili, in base al
quale solo i primi sono assoggettati a una normativa nazionale come
quella che istituisce la tassa di concessione governativa.
Alla luce di tali considerazioni , pertanto, in accoglimento del ricorso,
va cassata l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384 cpc, con
il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
In considerazione dei solo recenti su citati interventi giurisprudenziali,
si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti
le spese dei gradi di merito ed irripetibili quelle del presente giudizio di
legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo
nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; dichiara
compensate tra le parti le spese dei gradi di merito ed irripetibili quelle
del p se e giudizio di legittimità.
in Roma il 17-3-2016

servizio radiomobile terrestre, a seconda che essi sottoscrivano un

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