Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 780 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/01/2011, (ud. 05/11/2010, dep. 14/01/2011), n.780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – rel. Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

CONSULTA 50, presso lo studio dell’avvocato MANCINI ANTONIO, che la

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE DI ROMA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 48/2004 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 22/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/11/2010 dal Consigliere Dott. ETTORE FERRARA;

udito per il ricorrente l’Avvocato MANCINI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I coniugi T.S. e B.A., prima di contrarre matrimonio crearono una societa’ di fatto per l’acquisto di immobili formalmente intestati esclusivamente al B., e con scritture private del (OMISSIS) e del (OMISSIS), provvidero poi a sciogliere la societa’ ripartendosi i beni acquistati in comune.

Verificatasi il (OMISSIS), il decesso del B., la T. e le due figlie del defunto, nate da precedente matrimonio, dichiararono di accettare l’eredita’ con beneficio d’inventario, ma nell’ambito della relativa procedura insorse controversia tra loro in ordine all’autenticita’ del testamento del de cuius e delle scritture innanzi richiamate, prodotte dalla vedova per escludere dall’asse ereditario gli immobili ad essa assegnati in proprieta’ gia’ all’atto dello scioglimento dell’originaria societa’, cosi’ che ne scaturi’ un giudizio conclusosi con sentenza del Tribunale di Roma n. 1273 del 22.1.1997 che definitivamente accerto’ l’autenticita’ di quegli atti.

L’Ufficio del Registro, come di prassi, assoggetto’ a tassazione detta sentenza ma successivamente l’Amministrazione Finanziaria notifico’ agli eredi del B. anche avviso di liquidazione dell’imposta INVIM, soprattassa e interessi, “per trasferimenti immobiliari enunciati nelle scritture private del (OMISSIS)”, per il complessivo importo di L. 92.150.000.

Avverso tale atto la T. propose ricorso alla C.T.P. di Roma e, a seguito della decisione di rigetto pronunciata da quel giudice, appello’ la sentenza dinanzi alla C.T.R. del Lazio ribadendo l’illegittimita’ della pretesa tributaria dell’A.F. per decadenza dell’Ufficio ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 76, comma 1 e D.P.R. n. 643 del 1972, art. 31 essendosi l’effetto traslativo dei beni realizzato gia’ con la scrittura privata del (OMISSIS), e non avendo l’A.F. provveduto a richiedere l’imposta dovuta entro il termine di cinque anni dalla scadenza del termine entro il quale avrebbe dovuto essere registrata la scrittura privata in questione, ed inoltre per l’inammissibilita’ agli eredi delle obbligazioni sanzionatorio D.P.R. n. 643 del 1972, ex art. 23 e per la divisibilita’ pro – quota dei debiti ereditari.

Il Giudice del gravame con sentenza n. 48/08/84 depositata il 22.11.2004 rigetto’ pero’ l’appello, compensando le spese del giudizio.

Per la riforma della citata sentenza ha proposto ricorso, notificato il 4.1.2006 al Ministero delle Finanze e il successivo 10 gennaio all’Agenzia delle Entrate, la contribuente articolando quattro motivi, successivamente sostenuti anche con memoria aggiunta.

Nessuna attivita’ difensiva hanno svolto nel giudizio di legittimita’ gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i primi due complessi motivi articolati la ricorrente denuncia i seguenti vizi della sentenza impugnata:

1 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 1350, 2657, 2908 e 2909 c.c. nonche’ artt. 113, 114, e 115 c.p.c. – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) per aver il giudice di merito fondato la propria decisione, peraltro senza adeguata motivazione, sulla pretesa natura costitutiva della sentenza del Tribunale di Roma, laddove l’effetto traslativo, soggetto ad imposizione, si sarebbe realizzato con le scritture private di divisione del patrimonio sociale, intervenute le parti nel 1983;

2 – Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 31 e del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 5, 10, 13, 15, 22 e 76 – artt. 113, 114 e 115 c.p.c. – omessa insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) sul punto della decisione che ha escluso la decadenza dell’Ufficio per il decorso del termine di cinque anni previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76;

I suddetti motivi possono essere opportunamente trattati congiuntamente poiche’ la questione della natura costitutiva o dichiarativa della sentenza, alla quale si riferiscono i vizi dedotti con il primo motivo di ricorso, investe uno dei presupposti sui quali si fonda l’affermazione della decadenza dell’A.F. enunciata a fondamento dei vizi dedotti con il secondo motivo, e mira essa stessa al conseguimento del medesimo risultato.

Tanto premesso, rileva questa Suprema Corte che, sulla base dell’attenta lettura della sentenza impugnata e della ricostruzione dei fatti oggetto della controversia che ne consegue, deve senz’altro ritenersi che:

1) Tra T.S. B.A. intervennero nel 1983 due scritture private, con firme non autenticate, con effetti traslativi della proprieta’ di taluni immobili dal B. alla T.;

2) Tali atti erano da ritenersi soggetti a registrazione in termini fissi in quanto rientranti nella previsione dell’art. 9 della prima parte della Tariffa annessa al D.P.R. n. 131 del 1986, ed erano altresi’ soggetti a INVIM;

3) Gli atti non furono pero’ registrati, ma vennero successivamente prodotti dalla T. nel giudizio civile dalla stessa promosso dinanzi al Tribunale di Roma per vedersi riconoscere la proprieta’ dei beni oggetto delle scritture medesime;

4) Conclusosi quel giudizio con sentenza n. 1273 del 22.1.1997, e provvedutosi alla registrazione della stessa, l’Ufficio del Registro Successioni notifico’ agli eredi del B., compresa la T., avviso di liquidazione INVIM per l’incremento di valore relativo al periodo 1972/1983 fatto registrare dagli immobili indicati nelle due scritture private prodotte dalla vedova.

Orbene, premesso che oggetto del presente giudizio e’ l’avviso di liquidazione dell’Invim, comprensivo di interessi e sanzioni, cosi’ come notificato agli eredi del B., ed i limiti della responsabilita’ al riguardo della T., deve preliminarmente escludersi che l’esame dei primi due motivi di ricorso, nella misura in cui ineriscono la liquidazione dell’imposta principale, possa ritenersi precluso dal giudicato invocato dalla ricorrente con riferimento alla sentenza della C.T.R. del Lazio n. 82/35/07. Detta pronuncia, invero, risulta intervenuta a seguito dell’impugnazione da parte della contribuente della cartella esattoriale emessa in conseguenza dell’avviso di liquidazione in contestazione nel presente giudizio e, ad onta di quanto impropriamente scritto nel dispositivo, deve inequivocabilmente ritenersi aver disposto l’annullamento della cartella medesima, per effetto dell’eccepita “nullita’ del ruolo”, in quanto notificato alla T. in proprio e non quale erede dell’originario debitore d’imposta oramai defunto, senza nessuna conseguenza per l’obbligazione tributaria principale. In tal senso, invero, univoche sono le indicazioni che si traggono dalla motivazione della sentenza laddove in essa si legge che:

“…l’appello della contribuente appare meritevole di accoglimento in ordine all’eccepita nullita’ del ruolo, in quanto il ruolo stesso e’ stato notificato alla appellante sig.ra T. senza che quest’ultima fosse correttamente identificata come erede accettante pro – quota l’asse ereditario con il beneficio d’inventario…….L’inesatta indicazione del nominativo del debitore rende nulla e quindi inefficace la cartella esattoriale.”.

Passando quindi senz’altro all’esame nel merito delle censure proposte con i primi due motivi di ricorso, rileva la Corte che secondo la tesi prospettata dalla ricorrente la pretesa tributaria di cui all’avviso di liquidazione contestato, sarebbe illegittima per intervenuta decadenza dell’A.F. D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 76 dovendosi il termine quinquennale da quella norma previsto, far decorrere dal ventesimo giorno successivo alla stipula degli atti di trasferimento (1983), o quanto meno dal momento del deposito delle scritture nella procedura di inventario apertasi presso la Pretura di Roma in occasione dell’accettazione beneficiata dell’eredita’ del B. ((OMISSIS)), o ancora dal momento del deposito (avvenuto con la citazione in data 29.1.1990) nel giudizio civile poi conclusosi con la piu’ volte citata sentenza del Tribunale di Roma;

in ogni caso con conseguente tardivita’ di un avviso di liquidazione notificato solo il 12.2.1998, non potendosi assolutamente far decorrere quel termine quinquennale dal momento della sentenza, non essendo estensibile all’INVIM la regola dettata dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22 in tema di enunciazione di atti non registrati, e non avendo oltre tutto la C.T.R. in alcun modo fatto riferimento a questa ipotesi.

La decadenza dell’Amministrazione Finanziaria, secondo la Commissione Tributaria del Lazio, sarebbe invece nel caso di specie esclusa dall’applicabilita’ all’Invitti D.P.R. n. 643 del 1972, ex art. 31 della disciplina in tema di imposta di registro, e per il fatto che la scrittura privata avrebbe “prodotto gli effetti traslativi solo a seguito della sentenza del Tribunale”, onde la tempestivita’ dell’avviso di liquidazione emesso nei cinque anni dalla suddetta sentenza.

Tanto premesso, osserva la Corte che la motivazione del giudice del gravame, cosi’ riassunta, risulta sicuramente quanto meno imprecisa, se non addirittura erronea, non potendosi assolutamente comprendere come, nella vicenda cosi’ come innanzi ricostruita sulla base delle affermazioni contenute nella stessa sentenza impugnata, possano attribuirsi effetti traslativi, e quindi natura costitutiva, alla sentenza del Tribunale di Roma, laddove essa, avendo ad oggetto la mera verifica di scrittura privata e rivendica della proprieta’ di taluni beni, ha chiaramente natura dichiarativa per quanto relativo alla proprieta’ dei beni cui si riferisce, essendosi l’effetto traslativo gia’ prodotto con le scritture private piu’ volte citate.

L’errore nella motivazione in diritto contenuto nella sentenza impugnata non ne giustifica pero’ la cassazione, cosi’ come pretenderebbe la ricorrente, essendo consentito a questa Corte, ex art. 384 c.p.c., u.c. correggere quella motivazione allorche’ si ritenga comunque conforme al diritto la decisione del giudice del gravame. E questa e’ appunto l’ipotesi che deve ritenersi ricorrere nel caso di specie.

Ed infatti, secondo la disciplina sull’imposta di registro (D.P.R. n. 131 del 1986) allorche’ un atto soggetto a registrazione in termine fisso non sia volontariamente sottoposto a tale adempimento dalle parti, l’imposta in questione puo’ essere riscossa a seguito di registrazione d’ufficio ex art. 15, ma puo’ anche essere liquidata successivamente ex art. 22 allorche’ le disposizioni contenute nell’atto non registrato siano enunciate in altro atto intervenuto tra le stesse parti.

In quest’ultimo caso, secondo la giurisprudenza di legittimita’, due sono le condizioni per la tassazione delle disposizioni contenute nell’atto non registrato: 1) che l’atto contenente l’enunciazione sia presentato per la registrazione o sia comunque registrato; b) che l’atto contenente l’enunciazione sia intercorso fra gli stessi soggetti fra i quali e’ intercorso l’atto le cui disposizioni vengono enunciate (cfr. Cass. Sez. trib. 2.2.2000, n. 1125).

Orbene, entrambe tali condizioni ricorrono nel caso di specie, avuto riguardo alla sentenza civile intervenuta tra la T. e i coeredi del B., essendo pacifico che quella sentenza venne sottoposta a registrazione (e’ la stessa ricorrente ad affermarlo ripetutamente nel suo ricorso), e dovendosi essa ritenere intervenuta tra le stesse parti della scrittura private del 1983, essendo gli eredi del B., convenuti nel giudizio promosso dalla vedova, subentrati nella stessa posizione giuridica originariamente assunta dal loro dante causa.

E del resto e’ la stessa ricorrente a riconoscere nel suo ricorso la legittimita’ dell’imposta di registro riscossa dall’Ufficio a seguito della sentenza e con riferimento ai contenuti traslativi della scrittura privata del 1983, allorche’ afferma, a pag. 5, che la sua tesi non sarebbe “contraddetta dal fatto che l’imposta di registro e’ stata assolta solo in occasione della registrazione della sentenza del Tribunale, in quanto la stessa e’ stata applicata non in ragione del preteso effetto traslativo della sentenza, bensi’ in virtu’ dell’enunciazione nella stessa sentenza della scrittura privata originariamente non registrata”.

Tutto cio’ posto non vi e’ motivo alcuno per non ritenere applicabile anche all’Invim dovuta sui trasferimenti immobiliari oggetto della scrittura privata in questione, la previsione del citato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22 stante la chiara e omnicomprensiva previsione del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 31 secondo il quale, in tema d’Invim: “Per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione dell’imposta e delle soprattasse e pene pecuniarie, per gli interessi, per le dilazioni di pagamento, per i termini di prescrizione e decadenza e per quanto altro non sia diversamente disciplinato dal presente decreto, si applicano le disposizioni relative all’imposta di registro…..”.

E una volta affermato il principio per il quale la regola dettata dall’art. 22 per la tassabilita’, in occasione della registrazione di un atto, “anche” delle disposizioni contenute in precedenti atti scritti non registrati intervenute tra le stesse parti, in quanto enunciate nell’atto soggetto a tassazione, trova applicazione anche per l’Invim sui trasferimenti in quelle disposizioni previste, e’ evidente che la legittimita’ della pretesa tributaria oggetto dell’avviso di liquidazione in questa sede contestato non puo’ essere messa in dubbio con riferimento alla previsione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76 posto che l’atto tassato, nel caso di specie, e’ da ritenersi la sentenza del Tribunale civile di Roma, sia pure per le disposizioni in essa enunciate e contenute nelle scritture private del 1983.

Con la qual cosa vuol dirsi in definitiva che la regola del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22 secondo la quale l’A.F. puo’ legittimamente sottoporre a tassazione un atto non solo per le nuove disposizioni che ne costituiscono il contenuto, ma anche per quelle disposizioni che, in esso enunciate, costituiscono il contenuto di altro precedente atto intervenuto tra le stesse parti, e’ applicabile anche in tema di Invim, e comporta che nel caso di specie la suddetta imposta si applica sulla sentenza del Tribunale di Roma contenente l’enunciazione dei trasferimenti immobiliari intervenuti tra il B. e la T. nel 1983, cosi’ che e’ solo dalla data della pubblicazione della sentenza che e’ incominciato a decorrere il termine di decadenza previsto per l’A.F. dall’art. 76 cit.

Dalle esposte considerazioni inequivocabilmente consegue che, escluso nel caso in esame il vizio di motivazione con riferimento alla ricostruzione in fatto della vicenda oggetto della controversia, risultando questa sufficientemente esposta nella sentenza impugnata, ed esclusa altresi’ la stessa configurabilita’ del medesimo vizio con riferimento alla soluzione in diritto della controversia proposta dal giudice del gravame (giurisprudenza consolidata; v. Cass. 20.10.2005 n. 20322), infondata e’ da ritenersi anche la censura di violazione o falsa applicazione di legge contenuta nei due primi motivi di ricorso, che devono pertanto essere senz’altro rigettati.

3 – Con il terzo motivo di ricorso deduce invece la ricorrente violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 23 del D.L. n. 472 del 1997, art. 8 dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 112, 113, 114 c.p.c. – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) sul punto relativo al pagamento della sanzione indebitamente richiesto alla coerede.

La censura risulta fondata alla stregua dei contenuti del giudicato espressamente formatosi al riguardo sulla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 486/49/04, depositata il 28.12.2004, resa nel medesimo giudizio di impugnazione della cartella esattoriale innanzi richiamato, e legittimamente invocata dalla ricorrente nel presente procedimento con le memorie aggiunte depositate, trattandosi di giudicato formatosi successivamente alla notifica del ricorso in esame. La sentenza citata, infatti, passata appunto in giudicato sul punto perche’ non appellata dalle parti, come si evince dai contenuti della sentenza emessa poi dalla C.T.R. su appello relativamente ad altro capo proposto dalla sola contribuente, ha definitivamente dichiarato “non dovute le sanzioni irrogate”.

4 – Con il quarto motivo denuncia infine la T. la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 26art. 1295 c.c., artt. 113 e 114 c.p.c. – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, con riferimento al punto della decisione che ha affermato la solidarieta’ nel debito d’imposta di tutti i coeredi, anziche’ la divisibilita’ ex art. 1295 c.c. Anche questa censura e’ fondata sotto il profilo della violazione di legge denunciato. Ed invero regola generale del nostro ordinamento e’ quella prevista dall’art. 1295 c.c. per la quale, salvo patto contrario, i debiti ereditari si dividono tra gli eredi in proporzione delle rispettive quote.

La regola trova eccezione in materia d’imposta, nei limiti in cui cio’ possa ritenersi normativamente previsto. E cosi’, l’imposta sulle successioni e’ dovuta dagli eredi in solido ex art. 36 T.U. sulle successioni, ed ancora D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 65 le imposte sui redditi sono dovute in solido dagli eredi del contribuente defunto, allorche’ il presupposto si e’ verificato anteriormente alla morte del dante causa. L’eccezione in parola non riguarda pero’ l’Invim, analogamente a quanto accadeva gia’ nel vigore del previgente sistema tributario (D.P.R. n. 645 del 1958, art. 16), che infatti riservava la solidarieta’ passiva alle sole imposte dirette (in tal senso v. Cass. 13.10.1975, n. 3277). Nella disciplina propria di codesta imposta vige infatti la regola prevista dal D.P.R. n. 643 del 1972, art. 26 che, diversamente da quanto erroneamente affermato nell’impugnata sentenza, limita la solidarieta’ agli “alienanti” e ai “beneficiari del trasferimento di ciascun immobile”, dovendosi quest’ultima categoria ritenere riferita all’ipotesi di trasferimenti a titolo gratuito.

E’ in accoglimento del terzo e del quarto motivo di ricorso che la sentenza deve pertanto essere cassata con riferimento ai motivi accolti, potendosi poi decidere senz’altro la controversia nel merito ex art. 384 c.p.c. dichiarandosi non dovute dalla ricorrente le sanzioni e la T. obbligata al pagamento dell’imposta principale nei limiti della quota ereditaria.

Considerata la parziale soccombenza della ricorrente ricorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate le spese del giudizio di merito, e compensate per meta’ le spese del giudizio di legittimita’, restando la residua quota, liquidata come in dispositivo, a carico dei convenuti.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e, decidendo nel merito, dichiara non dovuta la sanzione e la T. obbligata al pagamento dell’imposta nei limiti della sua quota ereditaria. Rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di merito, e compensate per la meta’ quelle del giudizio di legittimita’, liquidando la residua quota a carico degli intimati in complessivi Euro 700,00 di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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