Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7796 del 31/03/2010

Cassazione civile sez. III, 31/03/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 31/03/2010), n.7796

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18017-2005 proposto da:

C.C., considerato domiciliato “ex lege” in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DI PIETRO GIUSEPPE giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

L.B., considerato domiciliato “ex lege” in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato SIDOTI ANGELINA GIUSEPPINA giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 183/2005 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 24/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/02/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 27 giugno 1996 C.C., premesso di essere proprietario coltivatore diretto di un fondo rustico contiguo ad altro terreno venduto a L.B., senza che gli venisse consentito di esercitare il diritto di prelazione di cui alla L. n. 590 del 1965, art. 8 conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Patti il predetto acquirente, chiedendo che, riconosciuto che egli aveva validamente esercitato il diritto di riscatto, venisse disposto in suo favore il trasferimento della proprietà dell’immobile.

Costituitosi in giudizio, il L. contestava l’avversa pretesa, assumendo che il fondo da lui acquistato non era passibile di retratto agrario, avendo destinazione edificatoria.

Con sentenza del 30 dicembre 2002 il giudice adito accoglieva la domanda.

Su gravame del soccombente, la Corte d’appello di Messina, in data 17 febbraio 2005, in riforma della decisione impugnata, rigettava la domanda attrice.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione C. C., formulando tre motivi.

Resiste con controricorso L.B..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo il ricorrente lamenta violazione della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 nonchè insufficienza e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia. Sostiene che erroneamente il giudice a quo avrebbe escluso la destinazione non propriamente agricola del fondo, in ragione del riconoscimento di un indice di fabbricabilità pari a 0,15 mc./mq., in luogo di quello, normalmente praticato in zone agricole, pari a 0.03 mc./mq., essendo apodittica l’affermazione che tale dato sarebbe indicativo di una destinazione del fondo non vincolata alle sole esigenze dell’agricoltura. Secondo l’esponente dalla semplice lettura del certificato di destinazione urbanistica era invece agevolmente desumibile la perdurante vocazione agricola del fondo, tanto vero che il c.t.u. nominato nel giudizio di merito aveva accertato che il bene, al momento del trasferimento, ricadeva in zona agricola non urbanizzata.

Parimenti illogica sarebbe altresì la valorizzazione del rilascio, da parte del Comune di (OMISSIS), di una concessione edilizia in favore di S.C.G., alienante del fondo, per la costruzione di un fabbricato destinato a civile abitazione, trattandosi di dato inconferente ai fini della qualificazione urbanistica dell’area, tanto più che neppure sarebbe certa la legittimità del provvedimento, non a caso sospeso con successiva ordinanza sindacale, a sua volta sospesa dal T.A.R..

1.2 Col secondo mezzo l’impugnante denuncia violazione della L. n. 1034 del 1971, art. 33, e L. n. 590 del 1965, art. 8 nonchè erroneità della motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte territoriale, partita dal corretto rilievo che momento determinante ai fini della verifica delle condizioni per l’esercizio della prelazione agraria è quello della stipula dell’atto di trasferimento, aveva considerato ininfluente la decisione del T.A.R. Catania, dichiarativa della illegittimità della deroga al P.R.G. nella parte in cui estendeva l’indice di edificabilità a 0.15 mc./mq. per le zone agricole di estensione inferiore all’ettaro. Così argomentando il decidente non aveva considerato che dalla esecutorietà della sentenza del giudice amministrativo discendono conseguenze caducatorie con efficacia ex tunc. 1.3 Col terzo motivo si deduce violazione della L. n. 590 del 1965, art. 8, nonchè contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte d’appello, prendendo spunto dal riferimento contenuto nel certificato di destinazione urbanistica all’adozione di revisione del P.R.G., aveva ritenuto operante la previsione secondo cui non sono soggetti a prelazione i terreni che, in base a P.R.G., anche se non ancora approvato, siano destinati a utilizzazione edificatoria.

Evidenzia al riguardo che la disposizione è volta a escludere la prelazione per terreni che abbiano ricevuto una destinazione non agricola ad opera di strumenti che, non ancora approvati dai competenti organi di controllo, siano tuttavia già stati elaborati e formalmente approvati dall’autorità comunale, laddove la locuzione usata nel certificato versato in atti faceva chiaramente riferimento a uno strumento ancora in via di formazione.

2.1 Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono infondate.

La disposizione di cui alla L. n. 590 del 1965, art. 8 – secondo cui il diritto di prelazione agraria non spetta all’affittuario, al mezzadro, al colono, al compartecipante, rispetto ai terreni che, in base al piano regolatore, anche se non ancora approvato, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica – viene interpretata, da una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte Regolatrice, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, nel senso che sono esclusi dalla prelazione tutti i terreni la cui destinazione, seppure non edificatoria, sia comunque da considerare urbana in contrapposizione ad agricola, di talchè, una volta assegnata a una certa zona una edificabilità maggiore di quella considerata normale per le zone agricole e non vincolata alle esigenze dell’agricoltura, si è, perciò stesso, in presenza di una zona edificabile di espansione urbana, sottratta al retratto in favore dei coltivatori diretti (confr. Cass. civ., 3, 7 luglio 2005, n. 14307; Cass. civ., 3, 28 giugno 2001, n. 8851). E invero, posto che l’istituto della prelazione, previsto da una norma a carattere eccezionale, è volto a tutelare lo sviluppo della proprietà coltivatrice e l’interesse del conduttore alla conservazione della propria azienda, esso, in conformità alla trasparente ratio legis che ne ha ispirato l’introduzione, non può operare allorchè, già nel momento in cui il fondo è trasferito, è attuale la previsione di un suo possibile sfruttamento non agricolo.

2.2 Venendo al caso di specie, le critiche dell’impugnante ruotano in buona parte intorno al rilievo della persistente qualificazione del territorio comunale nel quale ricade il fondo oggetto di retratto .

come agricolo, senza considerare che tale definizione non ha carattere costitutivo della natura e del conseguente regime dei terreni che vi ricadono, essenziale essendo invece, ai fini che qui interessano, il tipo di sfruttamento in concreto consentito dagli strumenti urbanistici in vigore o in itinere.

Ne deriva che correttamente il decidente ha privilegiato dati sintomatici inequivocabili, quali l’indice di fabbricabilità, di gran lunga superiore a quello consentito nelle zone agricole, nonchè il rilascio di licenza edilizia per la costruzione di un immobile non vincolato alle esigenze dell’agricoltura.

2.3 Neppure colgono nel segno le deduzioni relative alle vicende degli elementi valorizzati dalla Corte territoriale a seguito dell’intervento del giudice amministrativo, oggetto soprattutto del secondo mezzo. Sta di fatto, invero, che tali interventi non hanno inciso, in via definitiva, sullo stato giuridico del fondo nel momento in cui si sono materializzate le condizioni per l’esercizio del diritto di prelazione di cui qui si discute, nonchè in quello in cui esso è stato in concreto esercitato, momenti con riferimento ai quali soltanto ne va verificata la sussistenza (confr. Cass. sez. un. 21 giugno 1984, n. 3654; n. 4842 del 2003; n. 1103 del 2004).

2.4 I rilievi che precedono consentono di ritenere assorbito l’esame delle critiche aventi ad oggetto l’affermata rilevanza, ai fini della decisione della controversia, delle modifiche urbanistiche in via di adozione a mezzo di revisione del P.R.G. vigente nel Comune di (OMISSIS), segnatamente svolte nel terzo motivo. Non par dubbio infatti che la ritenuta correttezza del giudizio formulato dal giudice di merito con riferimento agli strumenti urbanistici già in vigore nel momento in cui è sorto il diritto di prelazione e nel momento in cui esso è stato esercitato toglie ogni necessità di fare riferimento a quelli in via di approvazione, a conferma di una già accertata vocazione edificatoria.

In tale contesto il ricorso deve essere rigettato.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 700 (di cui Euro 200 per spese), oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2010

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