Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7791 del 31/03/2010

Cassazione civile sez. III, 31/03/2010, (ud. 10/02/2010, dep. 31/03/2010), n.7791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CARIGE ASSICURAZIONI SPA già LEVANTE ASSICURAZIONI S.P.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 114-

B, presso lo studio dell’avvocato MELUCCO GIORGIO, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FALAGIANI CARLO giusta delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.N.S. (OMISSIS), S.F., P.

M.;

– intimati –

sul ricorso 27993-2005 proposto da:

D.N.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO

II 11, presso lo studio dell’avvocato SCARPA ANGELO, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

CARIGE ASSICURAZIONI SPA già LEVANTE ASSICURAZIONI, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 114-B, presso lo studio

dell’avvocato MELUCCO GIORGIO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FALAGIANI CARLO giusta delega in calce al

ricorso principale;

– controricorrente –

e contro

S.F., P.M., S.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 483/2005 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

SEZIONE 2^ CIVILE, emessa il 15/6/2005, depositata il 26/07/2005,

R.G.N. 27/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2010 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato GIORGIO MELUCCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 7-30 dicembre 2003 il Tribunale di Trieste condannava la Levante Assicurazioni S.p.A. (ora Carige Assicurazioni S.p.A.), P.M. e S.F. al pagamento in solido di Euro 772.840,82, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo, in favore di D.N.S. a titolo di risarcimento danni da sinistro stradale.

Con sentenza in data 15 giugno – 26 luglio 2005 la Corte d’Appello di Trieste rigettava l’appello principale della compagnia assicuratrice e, in accoglimento dell’appello incidentale, condannava Levante, P. e S. a pagare al D.N. la somma capitale di Euro 773.678,38, oltre interessi al tasso annuo del 5% dal 26 febbraio 1987 (data del sinistro) e poi legali dalla sentenza al saldo e l’ulteriore somma di Euro 15.194,34, oltre interessi al tasso di legge dalla data di costituzione in mora ovvero dalla data dei singoli esborsi, se successiva, al saldo.

La Corte territoriale osservava per quanto interessa: l’appello della Levante era ammissibile essendo irrilevante l’illeggibilità delle firme apposte in calce alla procura alle liti in quanto i relativi nomi erano desumibili con certezza dall’indicazione della specifica funzione o carica che ne rendevano identificabili i titolari; la Levante non aveva assolto l’onere probatorio, su di essa gravante, di provare l’ammontare dei massimali assicurati; il danno biologico subito dal D.N. era stato determinato in base a criteri non più attuali e, quindi, andava adeguato; anche gli interessi erano stati liquidati secondo criteri difformi da quelli ormai generalmente adottati.

Avverso la suddetta sentenza la Carige ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi.

Il D.N. ha proposto ricorso incidentale articolato in due motivi cui la Carige ha resistito con controricorso.

Lo S. e la P. non hanno espletato attività difensiva.

Il D.N. ha presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i due ricorsi vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

L’eccezione di invalidità della procura conferita dalla ricorrente e il primo motivo del ricorso incidentale rivestono carattere pregiudiziale e, quindi, debbono essere esaminati per primi.

Il ricorrente incidentale assume che la procura della ricorrente è stata redatta su foglio separato rispetto al corpo del ricorso e spillato a quest’ultimo, che essa è generica, che il ricorso risulta sottoscritto in Trieste/Roma il 21 settembre 2005 e la procura sottoscritta e autenticata a Milano nella medesima data.

Questa Corte ha già condivisibilmente affermato (confronta, per tutte, Cass. n. 29785 del 2008) che la procura per il ricorso per cassazione è validamente conferita, soddisfacendo il requisito di specialità di cui all’art. 365 c.p.c., anche se apposta su di un foglio separato, purchè materialmente unito al ricorso e benchè non contenente alcun riferimento alla sentenza impugnata o al giudizio da promuovere, in quanto, ai sensi dell’art. 83 c.p.c. (come novellato dalla L. 27 maggio 1997, n. 141), si può ritenere che l’apposizione topografica della procura sia idonea – salvo diverso tenore del suo testo – a fornire certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e a far presumere la riferibilità della procura medesima al giudizio cui l’atto accede; nè la mancanza di data produce nullità della predetta procura, dovendo essere apprezzata con riguardo al foglio che la contiene alla stregua di qualsiasi procura apposta in calce al ricorso, per cui la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla sentenza impugnata si desume dall’intima connessione con il ricorso cui accede e nel quale la sentenza è menzionata, mentre l’anteriorità rispetto alla notifica risulta dal contenuto della copia notificata del ricorso.

Nella specie il ricorso della Carige consta di 9 pagine; la data e la sottoscrizione del ricorso sono state apposte nelle due ultime righe della pagina 8, che, dunque, è stata riempita totalmente e la procura è apposta nella successiva pagina 9.

Si osserva per completezza che recentemente questa Corte ha stabilito (Cass. n. 12332 del 2009) che il requisito, posto dall’art. 83 c.p.c., comma 3, (nel testo modificato dalla L. 27 maggio 1997, n. 141, art. 1), della materiale congiunzione tra il foglio separato, con il quale la procura sia stata rilasciata, e l’atto cui essa accede, non si sostanzia nella necessità di una cucitura meccanica, ma ha riguardo ad un contesto di elementi che consentano, alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui trattasi; ne consegue che, ai fini della validità della procura, non è richiesto che il rilascio di essa su foglio separato sia reso necessario dal totale riempimento dell’ultima pagina dell’atto cui accede, nè che la procura sia redatta nelle prime righe del foglio separato, non essendo esclusa la congiunzione dalla presenza di spazi vuoti.

Non miglior sorte merita la nuova eccezione sollevata con la memoria.

E’ vero che, contrariamente a quanto affermato in ricorso, la sentenza della Corte d’Appello era stata notificata alla Levante, ma è altrettanto vero che è stata prodotta copia autentica della sentenza completa della relata di notifica.

Con il primo motivo il D.N. denuncia: 1) insufficiente motivazione in ordine all’eccepita carenza di legittimazione processuale della Levante S.p.A.; 2) violazione e falsa applicazione dell’artt. 83 c.p.c., comma 3, art. 75 c.p.c., comma 3, art. 163 c.p.c., n. 23.

La duplice censura ripropone l’eccezione di inammissibilità dell’appello della Levante, rigettata dalla Corte territoriale che ha fatto leva sulle argomentazioni esposte nelle sentenze nn. 4810 e 4814 del 2005 delle Sezioni Unite di questa Corte.

Il ricorrente incidentale obietta, riferendola testualmente, che la procura de qua non conteneva alcuna indicazione dei nominativi e delle qualifiche dei titolari delle due firme illeggibili.

Ma egli non esclude che tali indicazioni fossero contenute nel testo dell’atto di appello. Sotto diverso profilo, l’errore nel quale sarebbe eventualmente incorsa la Corte territoriale riguarderebbe l’apprezzamento di un fatto risultante dagli atti di causa e, quindi, sarebbe di natura revocatoria, non suscettibile di essere fatto valere con ricorso per Cassazione.

Ragioni di completezza inducono a osservare che questa stessa sezione (Cass. Sez. 3^, n. 14449 del 2006) ha già stabilito, del resto in conformità di quanto affermato dalla Corte territoriale, che l’illeggibilità della firma del conferente (del quale non risulti il nome in calce od a margine dell’atto con il quale sta in giudizio) la procura alla lite in rappresentanza di una società, ove non sia allegata alcuna specifica funzione o carica, ma sia indicata genericamente la qualità di legale rappresentante, che non assicura la conoscibilità del suo nome senza margini di incertezza, potendo la società essere dotata di più legali rappresentanti, determina una nullità relativa, che la controparte può opporre con la prima difesa, a norma dell’art. 157 c.p.c., facendo così carico alla parte istante d’integrare con la prima replica la lacunosità dell’atto iniziale, mediante chiara e non più rettificabile notizia del nome dell’autore della firma illeggibile; ove difetti, sia inadeguata o sia tardiva detta integrazione, si verifica invalidità della procura e inammissibilità dell’atto cui accede.

Con il primo motivo del ricorso principale la Carige denuncia contraddittoria, errata e insufficiente motivazione in relazione all’art. 1888 c.c., al D.P.R. n. 124 del 1986 e all’art. 61 c.p.c., assumendo che, contrariamente a quanto affermato dalla contraddittoria sentenza impugnata, la produzione in giudizio delle due polizze aveva consentito di accertare quali fossero i massimali assicurati e aggiungendo che la consulenza tecnica non è un mezzo di prova la cui produzione è onere dell’appellante, per cui la mancanza della medesima avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale, ove l’avesse ritenuta necessaria, a disporne la rinnovazione.

La ricorrente non chiarisce il riferimento normativo (art. 360 c.p.c., n. 3 e/o n. 4 e/o n. 5) posto a fondamento della propria censura e sottopone all’esame della Corte argomentazioni che implicano esame degli atti e apprezzamenti di fatto.

La sentenza impugnata ha correttamente affermato, in linea di diritto, che l’assicuratore che voglia contenere la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore nei limiti del massimale di polizza ha l’onere di indicarlo e di provarlo e che l’assolvimento di tale onere deve essere effettuato nel rispetto dell’art. 1888 c.c., cioè fornendo la prova scritta del contratto.

Quindi, in esito ad accertamento di fatto adeguatamente motivato, ha spiegato che era stata prodotta la polizza relativa ad autoveicolo diverso da quello protagonista del sinistro e l’appendice di variazione, ma che non risultava rilasciata una nuova polizza e che non vi era alcun documento idoneo a dimostrare la effettività del massimale indicato dalla Levante.

Nella motivazione della sentenza il riferimento alla consulenza tecnica non rinvenuta in atti è stata effettuato solo perchè i suoi esiti erano stati invocati proprio dalla Levante a conforto della propria tesi, ma resta la considerazione determinante che l’entità del massimale deve risultare dalla polizza.

La motivazione addotta a sostegno della decisione consente di rilevare che la Corte d’Appello ha esaminato tutti i documenti prodotti dall’appellante al fine di verificare la rilevabilità dell’asserito limite del massimale. Le conclusioni cui essa è pervenuta sono, dunque, conseguenza della valutazione delle risultanze processuali.

In tale situazione, rilevato il carattere fattuale della censura, occorre ancora osservare che la ricorrente fa leva su documenti di cui, in palese violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, non riproduce testualmente il contenuto.

Infatti (Cass. n. 21032 del 2008; Cass. Sez. 3^, n. 7610 del 2006) il ricorrente che in sede di legittimità denunci l’erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha l’onere, a pena di inammissibilità del motivo di censura, di riprodurre nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo, il documento nella sua integrità.

Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia erronea, carente e contraddittoria motivazione in relazione alla concessione e determinazione degli interessi; violazione e falsa applicazione degli artt. 1219 e 1224 c.c..

Le argomentazioni poste a sostegno della censura peccano di genericità e prescindono dalla motivazione della sentenza impugnata, la quale ha correttamente rilevato che, in tema di risarcimento del danno da fatto illecito, occorre tenere conto non solo della svalutazione monetaria nel frattempo intervenuta, ma anche del lucro cessante provocato dal ritardato pagamento della somma. La sentenza impugnata si è mossa proprio nell’ambito di quell’orientamento giurisprudenziale (Cass. S.U. n. 1712 del 1995) menzionato dalla Carige.

La determinazione concreta è quaestio facti che, nella specie, non è stata censurata nei termini consentiti.

Pertanto il ricorso principale va rigettato.

Resta da esaminare il secondo motivo del ricorso incidentale. Con esso il D.N. lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla liquidazione del danno extrapatrimoniale di cui all’art. 2059 c.c..

Oggetto della censura è la liquidazione del danno morale. La Corte territoriale ha ritenuto adeguata la liquidazione (Euro 224.500 con lieve arrotondamento finale) del primo giudice, valutando ragionevole la proporzione da questi operata.

Il Collegio ribadisce (vedi Cass. Sez. 3^, n. 22801 del 2009) che la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, e l’osservanza degli artt. 115 e 116 c.p.c., non richiedono che il giudice del merito dia conto di tutte le prove dedotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente e necessario che egli esponga in maniera concisa gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione; ne consegue che risponde al modello legale la motivazione per “relationem” in cui il giudice di secondo grado abbia fatto riferimento all’esame degli atti del primo giudizio e alla conformità ad essi della motivazione estesa dal giudice di primo grado, in tal modo consentendo il controllo sul riesame della questione oggetto della domanda.

La determinazione del cosiddetto danno morale è di esclusiva competenza del giudice di merito e, d’altra parte, il ricorrente incidentale non ha addotto argomentazioni utili ad inferire l’irragionevolezza della decisione del giudice di merito ovvero la presenza di elementi da questo trascurati che, ove fossero stati adeguatamente valutati, avrebbero indotto a risultato diverso.

Pertanto anche il ricorso incidentale va rigettato.

L’esito dei due ricorsi determina la compensazione integrale delle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2010

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