Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7791 del 05/04/2011

Cassazione civile sez. II, 05/04/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 05/04/2011), n.7791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CIRCONVALLAZIONE

NOMENTANA 414, scala B, mt. 19, presso lo studio dell’avvocato

SAIARDI ROBERTA, rappresentato e difeso dall’avvocato PICCIRILLO

FRANCESCO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI PERNA

51, presso il Dott. SERVILLO GIUSEPPE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ROSSI PAOLO, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 965/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

21/03/07, depositata il 30/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS, che nulla

osserva sulla relazione ex art. 380 bis c.p.c..

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – P.L. impugna la sentenza n. 365 del 2007 della Corte d’appello di Napoli, pubblicata il 30.3.07.

Resiste con controricorso S.T.. Non risulta aver svolto attivita’ in questa sede P.A..

2. – P.L. chiedeva accertarsi l’avvenuta esecuzione da parte sua delle opere edili nell’appartamento della S.T. e commissionate dal P.A., quale direttore dei lavori, chiedendo il pagamento in solido da parte di entrambi delle relative opere o, in subordine, l’accertamento dell’indebito arricchimento della S.T. quale proprietaria dell’appartamento in questione per il valore delle opere realizzate. P.A. deduceva che le opere in questione godevano di un contributo comunale ai sensi della L. n. 219 del 1981, che i lavori erano stati regolarmente effettuati e che, come direttore dei lavori, egli non aveva avuto alcun rapporto professionale con l’attore. Si costituiva anche S.T., deducendo che i lavori in questione erano stati eseguiti da parte di P.M., regolarmente contabilizzati e a questi pagati e che mai aveva commissionato alcunche’ all’attore.

3. – Il Tribunale di Napoli, sezione staccata di Frattamaggiore, con sentenza del 2003 rigettava la domanda principale e dichiarava inammissibile quella proposta in via subordinata.

4. Proposto appello principale dal P.L. e incidentale sulle spese del primo grado dal P.A. e dalla S.T., la Corte territoriale li rigettava, condannando l’appellante principale alle spese del secondo grado.

5. – Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c. il consigliere relatore delegato ha depositato relazione con la quale ritiene che il ricorso possa essere dichiarato inammissibile per mancanza o inidoneita’ dei quesiti di cui all’art. 366-bis c.p.c.. La relazione e’ stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

6 – Il ricorrente chiede in via preliminare la riunione di altro ricorso pendente avanti questa Corte, iscritto al numero di ruolo generale 18899 del 2006 e relativo alla impugnazione della sentenza 1757 del 2005 della Corte d’appello di Napoli. S.T. si oppone alla richiesta.

Al riguardo occorre osservare che il ricorso in questione risulta assegnato in pubblica udienza alla seconda sezione civile, riguarda l’impugnazione di altra sentenza (la n. 1757 del 2005 della Corte di appello di Napoli), relativa a vicenda intercorsa non tra le stesse parti.

7. – Il ricorrente avanza quattro motivi di ricorso, aventi ad oggetto censure di violazione di legge e vizi di motivazione. Il primo motivo di ricorso attiene in particolare alla richiesta riunione in relazione alla quale il ricorrente ritiene che possa essere applicato anche in cassazione l’art. 274 c.p.c..

Con il secondo motivo col quale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 – errores in indicando – omessa insufficiente contraddittoria motivazione, nonche’ violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., il ricorrente articola il seguente quesito: “dica dunque la suprema Corte di Cassazione, previa enunciazione dei principi di diritto in tal senso, se la sentenza impugnata abbia o meno violato o falsamente applicato l’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; se la sentenza impugnata contenga o meno un vizio di motivazione, ovvero se contenga o meno un vizio di errores in iudicando e se la sentenza impugnata, quindi, abbia o meno violato o falsamente applicato l’art. 115 c.p.c.”.

Con il 3 motivo di ricorso viene dedotta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 116 c.p.c. – manifesta illogicita’ del ragionamento – vizi di motivazione”, il cui quesito di diritto e’ il seguente: “dica dunque la suprema Corte di cassazione, previa enunciazione del principio di diritto in tal senso, se la sentenza impugnata abbia o meno violato o falsamente applicato l’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 116 c.p.c. – se, dunque, la sentenza impugnata contenga o meno una manifesta illogicita’ del ragionamento e se la sentenza impugnata contenga o meno un vizio di motivazione”.

Infine, col 4 motivo di ricorso viene denunciata la “omessa pronuncia sul motivo di gravame – violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione all’art. 112 c.p.c. – violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c.”, il cui quesito di diritto e’ il seguente “dica dunque la suprema Corte se la sentenza impugnata abbia o meno omesso ogni motivazione su un punto decisivo della controversia; se abbia o meno violato o falsamente applicato l’art. 112 c.p.c. e se abbia o meno violato o falsamente applicato l’art. 2041 c.c.”.

8. — La richiesta di riunione non puo’ essere accolta, perche’ i due ricorsi sono relativi a diverse decisioni in giudizi che riguardano anche altre parti.

9. — Il ricorso e’ inammissibile perche’ la formulazione dei quesiti non appare rispondente alle prescrizioni contenute nell’art. 366 bis c.p.c.. Infatti, il ricorso, tenuto conto delle sopra indicate date di pronunzia e pubblicazione della sentenza impugnata, e’ soggetto ratione temporis (vedi D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) alle nuove disposizioni regolanti il processo di cassazione, tra cui segnatamente per quel che rileva, l’art. 366 bis c.p.c. (inserito dall’art. 6 del citato decreto legislativo) a termini del quale nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3, 4 l’illustrazione di ciascun motivo “si deve concludere a pena di inammissibilita’ con la formulazione di un quesito di diritto” e nel caso di cui al 5 con la “chiara indicazione del fatto controverso”.

9.1 – In linea generale deve evidenziarsi che costituisce un dato ormai ampiamente recepito nella giurisprudenza della suprema Corte:

che la previsione dell’indispensabilita’, a pena di inammissibilita’, della individuazione dei quesiti di diritto e dell’enucleazione della chiara indicazione del “fatto controverso” per i vizi di motivazione imposti, ratione temporis, dall’art. 366 bis cod. proc. civ., secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimita’, risponde all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della controversia diversa da quella cui e’ pervenuta il provvedimento impugnato, e, nel contempo, con piu’ ampia valenza, di estrapolare, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione (costituente l’asse portante della legge delega presupposto dal D.Lgs. n. 40 del 2006), il principio di diritto applicabile alla fattispecie. Pertanto, il quesito di diritto integra il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata, e quindi inammissibile, l’investitura stessa del giudice di legittimita’ (in questi termini v., ex multis, S,U. sent. nn. 14385/2007; 22640/2007, 3519/2008, 11535/2008, S.U., n. 26020/2008 e ordinanza, sez. 1, n. 20409/2008).

9.3 – Quanto ai requisiti ed alle caratteristiche del quesito, che deve necessariamente essere presente nel ricorso con riferimento a ciascun motivo (Cass. SU 2007 n. 36), ulteriormente e’ stato precisato che il quesito deve essere: a) esplicito (SU 2007 n. 7258;

SU 2007 n. 23732; SU 2008 n. 4646) e non implicito; b) specifico, e cioe’ riferibile alla fattispecie e non generico (SU 2007 n. 36, SU 2008 n. 6420 e 8466); c) conferente, attinente cioe’ al decisum impugnato e rilevante rispetto all’impugnazione (SU 2007 n. 14235).

Il principio di diritto deve, quindi, consistere in una chiara sintesi logico – giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimita’, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame.

Da cio’ discende che e’ inammissibile non solo il ricorso nel quale il suddetto quesito manchi, ma anche quello nel quale sia formulato in modo inconferente rispetto alla illustrazione dei motivi d’impugnazione; ovvero sia formulato in modo implicito, si’ da dovere essere ricavato per via di interpretazione dal giudice; od ancora sia formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile accertamento di fatto, od, infine, sia formulato in modo del tutto generico.

E’ inoltre inammissibile un motivo che si concluda con l’esposizione di un quesito meramente ripetitivo del contenuto della norma applicata dal giudice del merito (sentenza, sez. 1, n. 14682/2007 e, da ultimo, sentenza, sez. L., n. 28280/2008) o che “si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo” (ordinanza, sez. 1, n. 19892/2007 e, piu’ recentemente, sentenza, sez. 3, n. 11535/2008 e ordinanza, sez. 3, n. 16569/2008) o, ancora, che, consista, nella prospettazione, dopo l’evidenziazione dell’espressione “quesito giuridico”, di una mera elencazione di norme, asseritamente violate, senza che — a conclusione o nel corpo del mezzo impugnatorio — risulti formulato il quesito in ordine al quale si chiede alla S.C. l’enunciazione del correlativo principio di diritto (sentenza, S.U., n. 19811/2008).

In altri termini, “il quesito non puo’ consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della S.C. in ordine alla fondatezza della censura cosi’ come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la medesima Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una “regula iuris” che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. Cio’ vale a dire che la Corte di legittimita’ deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico – giuridica della questione, l’errore di diritto assentamene compiuto dal giudice e quale sia, secondo la prospettazioni del ricorrente, la regola da applicare” (S.U. sent. n. 3519/2008, cit). Si e’, percio’, ulteriormente chiarito che “Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge” (v., da ultimo, ordinanza, sez. 3, n. 19768/2008 e sentenza, sez. 3, n. 24339/2008). Infine, si e’ ribadito in proposito che “il quesito di diritto richiesto dall’art. 366 bis c.p.c. a pena di inammissibilita’ del motivo di ricorso cui accede, oltre a dover essere conferente rispetto al “decisum”, deve essere formulato in modo da poter circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito medesimo, senza che esso debba richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in piu’ parti prive di connessione tra loro” (v. sentenza, sez. L., n. 17064/2008).

9.4 – Quanto alla formulazione dei motivi nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (che svolge l’omologa funzione del quesito di diritto per i motivi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 1, 2, 3 e 4) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (v. S.U. sent. n. 20603/2007 e, successivamente, le ordinanze della sez. 3 n. 4646/2008 e n. 16558/2008, nonche’ le sentenze delle S.U. nn. 25117/2008 e n. 26014/2008). Il relativo requisito deve sostanziarsi in una parte del motivo che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata. Non soddisfa quindi tale requisito il motivo nel quale sia possibile individuare un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, soltanto all’esito della completa lettura della illustrazione e dell’attivita’ di interpretazione svolta dal lettore e non di una specifica indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis (ord., sez. 3, n. 16002/2007; ord., sez. 3, nn. 4309/2008, 4311/2008 e 8897/2008, cit., nonche’ sent. S.U. n. 11652/2008). La appropriata formulazione del motivo richiede, quindi, che l’illustrazione venga corredata da una sintetica esposizione del fatto controverso, degli elementi di prova valutati in modo illogico o illogicamente trascurati, nonche’ del percorso logico in base al quale si sarebbe dovuti pervenire, se l’errore non vi fosse stato, ad un accertamento di fatto diverso da quello posto a fondamento della decisione (v., da ultimo, ord., sez. 3, n. 16567/2008).

9.5 — Il ricorso in esame non risponde agli indicati requisiti.

Infatti, tutti i motivi con i quali si deducono violazione e/o falsa applicazione di norme si riducono ad un inammissibile interpello alla Corte al riguardo (ordinanza, sez. 1, n. 19892/2007 e, piu’ recentemente, sentenza, sez. 3, n. 11535/2008 e ordinanza, sez. 3, n. 16569/2008), mentre quelli con i quali si deducono violazioni dell’art. 360 c.p.c., n. 5 non si concludono con una sintetica esposizione del fatto controverso, degli elementi di prova valutati in modo illogico o illogicamente trascurati, nonche’ del percorso logico in base al quale si sarebbe dovuti pervenire, se l’errore non vi fosse stato, ad un accertamento di fatto diverso da quello posto a fondamento della decisione (v., da ultimo, ord., sez. 3, n. 16567/2008).

10.- Le spese seguono la soccombenza.

P.T.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 1.500,00 Euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2011

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