Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7790 del 14/04/2020

Cassazione civile sez. trib., 14/04/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 14/04/2020), n.7790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24162-2012 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA VINCENZO UGO

TABY 19, presso lo studio dell’avvocato PIETRO PERNARELLA,

rappresentato difeso dall’avvocato WALTER TAMMETTA con studio in

FONDI VIA DELLE FORNACI 67 giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS), in persona del

Direttore pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 170/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 14/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/10/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato TAMMETTA che si riporta agli atti

e deposita una cartolina A/R;

udito per il controricorrente l’avvocato FARACI che si riporta agli

scritti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

All’esito di una verifica fiscale l’Agenzia delle Entrate notificava a S.M., esercente attività ausiliaria di intermediazione finanziaria, un avviso di accertamento, per l’anno di imposta 2006, con il quale determinava nella maggiore somma di Euro 293.917 il reddito dichiarato in Euro 57.519; la rettifica era conseguente al disconoscimento di spese di rappresentanza per Euro 10.554 e di spese per prestazioni di servizi pari ad Euro 220.000, ritenute dall’Ufficio non inerenti o non documentate.

S.M. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Latina che lo rigettava con sentenza n. 378 del 2011.

S. proponeva appello alla Commissione tributaria regionale del Lazio-Sez. staccata di Latina che lo rigettava con sentenza n. 170 del 14 maggio 2012. In particolare il giudice di appello ribadiva l’infondatezza della eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione e riteneva non probante la documentazione prodotta dal ricorrente (fatture e contratto di fornitura di servizi finanziari stipulato dal contribuente con la società Studio Alfa srl) a giustificazione delle spese di Euro 220.000 per “prestazioni di servizi”.

Contro la sentenza di appello S.M. propone ricorso per cassazione sulla base di sette motivi (sei nella numerazione del ricorso perchè il motivo n. 4 è ripetuto due volte).

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso chiedendo di dichiarare inammissibile e comunque infondato il ricorso. Deposita memoria con la quale eccepisce il giudicato esterno sulla questione relativa alla indeducibilità dei costi aventi titolo nel contratto asseritamente stipulato dal contribuente con la società Alfa srl, giudicato esterno formatosi a seguito del deposito della sentenza della Corte di cassazione n. 26992 del 19.12.2014 che ha rigettato il ricorso proposto da S.M. avverso la sentenza della C.T.R. del Lazio n. 168 del 14 maggio 2012, che rigettando l’appello del contribuente aveva confermato l’avviso di accertamento per l’anno di imposta 2004, avviso basato sulle medesime circostanze su cui si fonda l’accertamento relativo all’anno di imposta 2006 oggetto del presente giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

1. Il primo motivo denuncia: “In merito alla eccepita omessa motivazione dell’avviso di accertamento. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Il motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, poichè il ricorrente non ha riprodotto la motivazione dell’avviso di accertamento precludendo a questa Corte la verifica della fondatezza della censura dedotta. Il motivo è comunque infondato. Il giudice di merito ha rigettato, con adeguata motivazione, l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione, avendo rilevato che l’atto impositivo era ritualmente motivato con l’indicazione delle ragioni giuridiche del recupero dei costi indebitamente dedotti, poichè riferiti a spese di rappresentanza e spese per prestazioni di servizi prive del requisito di inerenza ovvero non giustificate da idonea documentazione; peraltro la sentenza impugnata contiene l’affermazione che l’Ufficio ha fatto riferimento al TUIR, art. 109, quale norma prescrittiva dei requisiti richiesti per la deducibilità dei componenti negativi del reddito.

2. Il secondo motivo denuncia: “In merito alla attività svolta dal contribuente, nonchè alle risultanze del registro delle imprese. Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5)”, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che l’attività svolta dal contribuente fosse quella di intermediario finanziario.

Il motivo è infondato. Il giudice di merito ha argomentato che l’attività svolta dal contribuente non era quella di “manager”, come da lui preteso (a giustificazione postuma delle “spese per servizi” di Euro 220.000), ma era quella di intermediario finanziario, come risultante dal codice di attività indicato nella dichiarazione dei redditi, dalla visura dell’Anagrafe tributaria e dal registro della Camera di Commercio.

3. Il terzo motivo denuncia: “Rinvio acritico alla motivazione della sentenza di primo grado. Nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., e dell’art. 111 Cost., (art. 360 c.p.c., n. 4)”.

Il motivo è infondato. Dalla sentenza impugnata si rileva che il giudice di appello ha esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto di condividere le motivazioni già espresse dal giudice di primo grado, così utilizzando legittimamente la modalità di motivazione per relationem (Sez. 3, Sentenza n. 15483 del 11/06/2008; Sez. 6-5 n. 11138 del 2011).

4. Il quarto motivo denuncia: “Omessa pronuncia sulla rilevanza ai fini della decisione delle fatture depositate nel giudizio di primo grado. Nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., e dell’art. 111 Cost., (art. 360 c.p.c., n. 4)”, in quanto il giudice non si è pronunciato sulla rilevanza delle fatture prodotte nel giudizio di primo grado relative alle prestazioni di servizio svolte dallo Studio Alfa s.r.l. in favore del contribuente.

4(bis). Violazione dell’art. 2704 c.c., (art. 360 c.p.c., n. 3)”, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che il contratto di prestazione di servizi datato (OMISSIS) intercorso tra S. e la società Studio Alfa srl non avrebbe alcuna validità giuridica perchè privo di registrazione.

Le questioni dedotte nei motivi 4 e 4bis devono essere rigettate perchè su di esse si è formato il giudicato esterno a seguito della sentenza di questa Corte n. 26992/2014 che ha rigettato il ricorso proposto da S.M. contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio del 14.5.2012, la quale aveva confermato la legittimità dell’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2004. In particolare il giudice di legittimità ha affermato che il giudice di merito ha correttamente ritenuto inopponibile all’Amministrazione finanziaria il contratto di prestazione di servizi intercorso tra il contribuente e lo Studio Alfa, trattandosi di scrittura privata non autenticata e non registrata, quindi priva di data certa opponibile ai terzi (tra cui il Fisco) a norma dell’art. 2704 c.c..

5. Quinto motivo: “Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 4, (art. 360 c.p.c., n. 3),” nella parte in cui i giudici di appello hanno condiviso la tesi dei giudici di primo grado secondo cui la documentazione prodotta in giudizio non poteva essere utilizzata perchè non esibita all’Ufficio in sede di verifica.

Il motivo è inammissibile in quanto la censura di violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, n. 4, risulta nuova, non essendovi traccia di essa nella sentenza impugnata e non avendo il ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, trascritto il motivo di appello contenente la riproposizione della censura in oggetto. E’ ulteriormente inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi: il giudice di merito non ha dichiarato l’inutilizzabilità della documentazione prodotta nel giudizio di primo grado perchè non previamente esibita nel corso della verifica, ma ne ha affermato la irrilevanza probatoria nei confronti della Amministrazione finanziaria per le ragioni relative alla mancanza di data certa, e comunque per intrinseca inattendibilità di essa.

Il sesto motivo deduce: “Omessa pronuncia relativa alla valutazione della sentenza n. 379/3/2011 emessa ai fini Irap. Violazione dell’art. 112 c.p.c., (art. 360 c.p.c., n. 4)”, in quanto la C.T.R. ha omesso di pronunciarsi sulla rilevanza della sentenza della C.T.P. di Latina (allegata all’atto di appello) che in altro giudizio aveva ritenuto la sussistenza del presupposto di applicazione Irap in base alla rilevanza dei costi sostenuti, indicativi della presenza di una struttura organizzativa, individuata, secondo il ricorrente, nello Studio Alfa.

Il motivo, nei termini in cui è formulato, è inammissibile. Con esso non si denuncia alcuna omessa pronuncia (ex art. 112 c.p.c.), su un punto della domanda introdotta con l’atto di appello, ma si deduce semmai un vizio di mancanza di motivazione in riferimento ad un elemento probatorio documentale introdotto nel giudizio di appello, omissione astrattamente riconducibile al diverso parametro (non dedotto) di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. In ogni caso la rilevata formazione del giudicato esterno, sul punto relativo alla inidoneità della scrittura privata priva di data certa a costituire fatto impeditivo della pretesa impositiva ai fini Irpef, preclude ogni difforme valutazione sul punto.

Alla soccombenza segue la condanna alle spese liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro settemiladuecento oltre spa.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2020

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