Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7788 del 20/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7788 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 2385-2014 proposto da:
EDIL ORCHIDEA DI IERVOLINO GIUSEPPE SAS IN
LIQUIDAZIONE 03584061216, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGO TEVERE ARN_ALDO
DA BRESCIA 9/10, presso lo studio dell’avvocato ANDREA
FIORETTI, rappresentata e difesa dall’avvocato DANTE ACIERNO,
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE, in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata

in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope
legis;

Data pubblicazione: 20/04/2016

- resistente –

avverso la sentenza n. 152/47/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI del 24/05/2013,
depositata il 24/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CARACCIOLO;
udito l’Avvocato DANTE ACIERNO, difensore del ricorrente, che si
ripota ai motivi.

Ric. 2014 n. 02385 sez. MT – ud. 18-02-2016
-2-

18/02/2016

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati,

.

La CTR di Napoli ha respinto l’appello della “Edil Orchidea sas” ed accolto
quello incidentale dell’Agenzia, appelli proposti contro la sentenza
n.558/05/2011 della CTP di Napoli che aveva già parzialmente accolto il
ricorso della predetta società (riducendo del 30% il maggior accertato) contro
avviso di accertamento relativo ad IRAP-IRPEF anno 2006, avvisi con i quali
l’Agenzia aveva accertato maggiori ricavi da esercizio di attività d’impresa edile
sulla scorta di modalità analitico-induttive, con conseguente recupero a
tassazione del maggiore importo che si presumeva incassato per la vendita di sei
immobili nel corso del predetto periodo.
L’adita CTR —dopo avere dato atto dell’avvenuta abrogazione dell’art.35 del
D.L. n.223/2006 circa la presunzione legale relativa correlata allo scostamento
tra il corrispettivo dichiarato per le cessioni di immobili ed il valore normale dei
beni stessi- ha ritenuto comunque fondata la pretesa tributaria di cui qui trattasi,
giacchè era risultato “che tre acquirenti avevano fatto ricorso al contratto di
mutuo fondiario per il pagamento del corrispettivo”, per una somma di importo
maggiore al corrispettivo dichiarato in atto di vendita, sicchè —in relazione al

osserva:

l,

dato di comune esperienza- doveva considerarsi “non giuridicamente
concepibile” che sia stato concesso a mutuo importo maggiore di quello che
l’immobile è costato. L’importo ottenuto a mutuo doveva essere perciò essere
considerato almeno equivalente al corrispettivo e le induzioni connesse ai tre
contratti di cessione di cui si è detto potevano essere estese anche agli altri
cespiti “trattandosi di altre vendite effettuate nello stesso arco temporale, nella

Ricorso n.2385 /2014 R.G

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medesima zona ed aventi come venditore la medesima parte”. Così che la
sentenza impugnata doveva essere riformata, in difetto di motivazione delle
ragioni di riduzione di quanto accertato, nella misura del 30%.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia si è difesa con controricorso.

essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.39
comma 1 lett. d del DPR n.60011973 e 54 comma secondo DPR n.633/1972, in
relazione agli art.2697 e 2729 cod civ) la parte ricorrente —premesso di avere
lamentato in appello la omessa esibizione degli atti di mutuo asseritamente
contratti dagli acquirenti gli immobili di cui si tratta- si doleva che il giudicante
si fosse limitato ad affermare che la stipulazione di detti mutui “è risultata”,
senza dire da dove si fosse desunta la prova, e cioè da quali produzioni fatte
dall’Agenzia nel corso dei giudizi di merito. Era stata perciò violata la regola
che impone al giudice di valutare singolarmente e complessivamente gli
elementi forniti in giudizio, dando atto in motivazione dei risultati del proprio
giudizio.
Il motivo in rassegna non appare fondato.
Le norme che la parte ricorrente valorizzano non contengono il precetto (rivolto
al giudicante) che la parte ricorrente ha indicato.
Non l’art.39 (rivolto all’attività di accertamento degli uffici finanziari); non

TI ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può

l’art.2697 cod civ (che regola il rapporto tra gli oneri probatori che incombono
sulle parti del processo, in relazione all’oggetto della domanda ed all’oggetto
delle eccezioni); non l’art.2729 cod civ (che regola il criterio con il quale il
giudicante da ingresso alla “presunptio hominis” nel processo).
Non vi è quindi ragione per cassare la decisione qui impugnata, per le ragioni
prospettate dalla parte ricorrente, in ragione delle norme dianzi citate.

Ricorso n.2385 /2014 R.G

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Con il secondo motivo di impugnazione (violazione del principio del
contraddittorio per falsa applicazione degli art.39, comma 1 lett. d del DPR
n.600/1973 e 54 comma secondo del DPR n.600/1972, in relazione agli art. 6 e 7
legge n.212/2000) la parte ricorrente —dopo avere evidenziato che nessuno degli
atti di mutuo richiamati era stato allegato agli avvisi di accertamento e che di

abbia “deciso la questione di diritto in modo difforme” dall’indirizzo di
legittimità, con riguardo alla necessaria allegazione all’avviso di accertamento
degli atti che sono in esso richiamati, mentre degli atti di mutuo richiamati nella
motivazione dell’impugnato accertamento non erano stati indicati neppure i
riferimenti distintivi così come gli stessi non erano stati esibiti e prodotti nel
corso del giudizio di merito.
Il motivo appare inammissibilmente formulato, poiché la censura non coglie la
ratio della decisione impugnata ed è priva del requisito dell’ attinenza.
Il giudicante, infatti, non si è affatto occupato della questione evidenziata dalla
parte ricorrente che —se davvero detta questione ha proposto nel grado di appello
senza averne risposta- avrebbe dovuto avvalersi di altre modalità di censura
della decisione qui impugnata, onde farlo constare.
In ultimo, con il terzo motivo di impugnazione (centrato sull’omessa
motivazione su un fatto decisivo) la parte ricorrente si duole dell’omessa
motivazione circa il “fatto” dianzi già evidenziato, e cioè l’omessa allegazione
all’avviso di accertamento dei contrattili mutuo più volte menzionati.

essi non era stato fatto richiamo negli atti di vendita- si duole che il giudicante

Anche detto motivo appare inammissibilmente formulato, non potendosi
attribuire all’omissione addebitata all’ufficio la connotazione di “fatto”, riguardo
al quale soltanto rileva l’omissione dell’esame di cui la parte ricorrente si duole.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità e manifesta infondatezza.
Roma, 30 luglio 2015

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ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che la sola parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa il cui contenuto
non induce la Corte a ringeditare gli argomenti sui quali il relatore ha fondato la
sua proposta;

motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va
rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di
lite di questo giudizio, liquidate in € 2.500,00 oltre spese prenotate a debito ed
accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 11.115 del 2002, la Corte dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma il 18 febbraio 2016
Il Pr

nte

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i

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