Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7785 del 03/04/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 7785 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 3634-2011 proposto da:
PASSAFIUME LUCIANO (c.f. PSSLCN56C01G113W), domiciliato
elettivamente in Roma, Via Panama n. 74, presso lo studio dell’Avv.
Gianni Emilio Iacobelli, che lo rappresenta e difende per procura in
calce al ricorso;

– ricorrente contro
POSTE ITALIANE SPA (c.f. 97103880585), domiciliata elettivamente
in Roma, Via & UtQn-ri.:(4.4,,,r’esso lo studio dell’Avv. Zwufe:. 1,—CePu74o
che la rappresenta e difende per delega a margine del controricorso;

– controrkorrente avverso la sentenza n. 570/2009 della Corte d’appello di Cagliari,
depositata in data 11.02.10;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
3.02.14 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone.
Ritenuto in fatto e diritto
1.- Passafiume Luciano chiedeva al Giudice del lavoro di
Oristano che fosse dichiarata la nullità del termine apposto ad un
contratto di assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a.

Data pubblicazione: 03/04/2014

5. Passafiume Luciano c. Poste Italiane s.p.a. (r.g. 3634-11)

2

2.- Rigettata la domanda, il predetto proponeva appello e la
Corte d’appello di Cagliari, con sentenza in data 11.02.10, rigettava
l’impugnazione. Considerato che il contratto era cessato il 30.06.00 e
che la richiesta di espletamento del tentativo obbligatorio di
conciliazione era stata notificata alla controparte solo il 21.06.04,
rilevati inoltre la mancanza di riserve all’atto della stipula, la
restituzione del libretto di lavoro e l’accettazione del trattamento di
fine rapporto, la Corte riteneva che il lavoratore avesse prestato
adesione alla risoluzione del contratto e che, quindi, non vantasse un
interesse al suo ripristino.
3.- Passafiume proponeva ricorso per cassazione, cui rispondeva
con controricorso Poste Italiane.
4.- Il Consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha
depositato relazione, che è stata notificata ai difensori costituiti. Il
ricorrente ha depositato memoria.
5.- I motivi dedotti da Passafiume possono essere così
sintetizzati:
5.1.- violazione degli artt. 100, 101, 112 e 418 c.p.c., in relazione
agli artt. 24 e 111 Cost. in quanto il giudice di merito avrebbe dovuto
dichiarare di ufficio l’avvenuta decadenza di Poste Italiane dalla
domanda di risoluzione del rapporto per mutuo consenso, atteso che
la società non aveva chiesto la fissazione di una nuova udienza ai sensi
dell’art. 418 c.p.c.;
5.2. violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione agli artt. 416 e 418,
434, 436 e 437 c.p.c., dato che il giudice, in mancanza di domanda
ritualmente proposta in via riconvenzionale (o di appello iincidentale),
è andato extra petitum pronunziando sull’eccezione di risoluzione del
rapporto;
5.3. violazione degli artt. 1421 e 1422 c.c., degli artt. 2697 e 2729
c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., atteso che l’azione di nullità è
imprescrittibile e che il mero decorso del tempo tra la scadenza del
contratto e la proposizione dell’azione di per sé non costituisce
elemento idoneo ad esprimere in maniera inequivocabile la volontà
della parte di risolvere il rapporto;
4.4. violazione degli artt. 112 e 277 c.p.c. per omesso esame
della domanda di nullità del contratto a termine dedotto in giudizio.
6.- I primi due motivi, da esaminare in unico contesto in ragione
del collegamento tra loro esistente, sono infondati.
Sulla base dell’esame degli atti del giudizio di merito (consentito
in ragione dei vizi oggi denunziati), deve rilevarsi che il primo giudice
aveva rigettato la domanda in accoglimento dell’eccezione — proposta
da Poste Italiane all’atto della costituzione in giudizio — che la
lavoratrice avesse accettato la risoluzione del rapporto a titolo
definitivo. L’eccezione in questione aveva introdotto nel giudizio una

5. Passafiume Luciano c. Poste Italiane s.p.a. (r.g. 3634-11)

3

richiesta che, rimanendo nell’ambito della difesa, aveva ampliato il
tema della controversia senza tendere ad altro fine che quello della
reiezione della domanda, opponendo al diritto fatto valere dall’attore la
sussistenza di una circostanza di fatto idonea a paralizzare il diritto
stesso. Tale circostanza parte convenuta poneva all’attenzione del
giudice perché ne derivassero considerazioni di diritto idonee a
procurare il giudizio di inammissibilità.
Non si trattava, pertanto, della richiesta di un provvedimento
giudiziale favorevole che attribuisse al datore beni determinati in
contrapposizione a quelli richiesti con la domanda principale, nel qual
caso solamente, per pacifica giurisprudenza avrebbe dovuto ritenersi
necessaria la proposizione di una domanda riconvenzionale (v. per
tutte Cass. 22.12.08 n. 29936).
Il giudice di appello, non essendo stato sul punto sollevata
alcuna censura, non doveva pertanto porsi di ufficio il problema della
necessità o meno di una rituale domanda riconvenzionale.
7.- Il terzo motivo è fondato.
La giurisprudenza della Corte di cassazione (v. per tutte Cass.
17.12.04 n. 23554) ritiene che nel giudizio instaurato per il
riconoscimento di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato
(sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine
finale scaduto) è configurabile la risoluzione del rapporto per mutuo
consenso ove sia accertata — per il tempo trascorso dopo la
conclusione dell’ultimo contratto, nonché, per le modalità di tale
conclusione, per il comportamento tenuto dalla parti e per altre
eventuali circostanze significative — una chiara e certa comune volontà
di porre fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato
e della portata di tali elementi compete al giudice di merito, le cui
conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non
sussistono vizi logici o errori di diritto.
8.- Nel caso di specie il giudice di merito ha fatto applicazione
meramente formale di questo principio, atteso che ha desunto
l’esistenza della comune volontà di porre fine al rapporto lavorativo
sulla base di una sola circostanza oggettiva, quale la durata del lasso
temporale intercorso tra cessazione del contratto e proposizione della
domanda in sede giudiziaria (quattro anni), che ha ritenuto del tutto
sovradimensionata rispetto alle esigenze di ponderazione e riflessione
che l’azione giudiziaria impone, anche per la mancanza di prova di
iniziative prodromiche all’azione giudiziaria. Ha assegnato, inoltre,
carattere risolutivo a circostanze — quali la mancata apposizione di
riserve all’atto della stipula del contratto, la restituzione del libretto di
lavoro e l’accettazione del trattamento di fine rapporto da parte del
lavoratore — di per sé irrilevanti, in quanto attinenti alla normale
fisiologia del rapporto di lavoro a termine.

P.Q.M.
La Corte rigetta il motivi primo e secondo, accoglie il terzo e,
assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte
d’appello di Cagliari in diversa composizione, anche per la regolazione
delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2014
Il Presidente

Tale motivazione è da considerare insufficiente in quanto non
idonea a qualificare il fatto — di per sé giuridicamente non rilevante —
del mero trascorrere del tempo come chiara volontà delle parti di
considerare defìnitivamente chiuso il rapporto lavorativo. Non viene,
infatti, individuata alcuna ulteriore significativa circostanza di fatto, né
viene svolta ulteriore considerazione che non sia meramente formale a
sostegno della tesi della realizzazione del mutuo consenso.
9.- Giova al riguardo rammentare, invece, che la giurisprudenza
di questa Corte ha osservato che, ai fini dell’esaustività della
motivazione, la formulazione del giudizio di carenza di interesse alla
continuazione del rapporto trova nella lunghezza del tempo trascorso
tra cessazione del termine e promovimento dell’azione in sede
giudiziaria solo uno dei riferimenti argomentativi. Deve, infatti, essere
tenuto in adeguato conto anche il comportamento ulteriore tenuto
dalla parti e debbono essere indicate eventuali ulteriori circostanze
significative (Cass. 10.11.08 n. 26935 e 28.9.07 n. 20390), la cui prova è
onere della parte che abbia dedotto la risoluzione (Cass. 1.2.10 n.
2279).
10.- Il terzo motivo è, dunque, fondato e comporta
l’assorbimento del quarto. Il ricorso deve essere dunque accolto con
cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice indicato in
dispositivo, il quale procederà ad una più congrua valutazione degli
elementi di fatto concernenti la pretesa risoluzione del contratto e, in
caso di esito negativo, ad una valutazione delle questioni attinenti la
nullità del termine.
Il giudice del rinvio procederà anche alla regolazione delle spese
del giudizio di legittimità.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA