Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7781 del 27/03/2017

Cassazione civile, sez. lav., 27/03/2017, (ud. 06/12/2016, dep.27/03/2017),  n. 7781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18775-2011 proposto da:

D.A.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO SCAVONE,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

FIORILLO, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO TOSI, giusta

delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1058/2010 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 10/01/2011 R.G.N. 283/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;

udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega orale Avvocato TOSI

PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

1. Con sentenza depositata il 10.1.2011 la Corte d’Appello di Torino confermava la pronuncia di prime cure che aveva dichiarato legittimi i contratti di lavoro a termine stipulati tra D.A.M. e Poste Italiane spa, relativo ai tre periodi 6.11.2006 – 31.1.2007, 9.11.2007 31.1.2008 e 1.4 – 31.5.2008 e stipulati ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis.

2. La Corte distrettuale, per quel che qui rileva, a sostegno del decisum, rimarcava – avendo riguardo alla ricostruzione teleologica nonchè al tenore lessicale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis, – la natura aggiuntiva (nel senso di tipizzata e speciale) di tale tipologia di contratti a termine, in quanto contratti acausali previsti per il settore dei servizi postali, legittimi in quanto rispettosi dei determinati limiti temporali e quantitativi ivi previsti nonchè dei criteri dettati dalla direttiva 1999/70 CE, anche sotto il profilo della successione dei contratti.

3. Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. La società intimata ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale. Entrambi le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

4. Il collegio ha autorizzato la redazione di motivazione semplificata come da decreto del Primo Presidente in data 14.09.2016.

5. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis con riguardo alle clausole 7, 8 e 10 dell’accordo quadro di cui alla direttiva comunitaria 1999/70/CE (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo la Corte, trascurato, da una parte, di verificare se ricorrevano le “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, requisiti oggettivi imprescindibili ai fini della legittimità del contratto e del rispetto dei criteri dettati dalla direttiva 1999/70 CE, e, dall’altra, di verificare il rispetto della clausola di contingentamento pari al 15%.

6. Con il secondo motivo parte ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4-bis, con riguardo alla clausola 5 dell’accordo quadro di cui alla direttiva comunitaria 1999/70/CE (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, erroneamente sussunto nella novella legislativa n. 247 del 2007 (che ha introdotto il comma 4-bis) contratti a tempo determinato stipulati prima di gennaio 2008 ovvero prima di aprile 2009.

7. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato la società ribadisce la domanda di nullità dei contratti non operando il principio di conservazione del negozio giuridico a fronte del disinteresse, in assenza della clausola appositiva del termine, alla stipulazione dei contratti.

8. I motivi del ricorso principale, che per connessione logica possono affrontarsi congiuntamente, non sono fondati.

9. Questa Corte di legittimità ha recentemente affermato il seguente principio di diritto: “Le assunzioni a tempo determinato effettuate da imprese concessionarie di servizi nel settore delle poste, che presentino i requisiti specificati dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, non necessitano anche dell’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo ai sensi dell’art. 1, comma 1 del medesimo D.Lgs.” (S.U. n.11374/2016).

Invero, dalla lettura sistematica del D.Lgs. n. 368 del 2001 emerge che l’apposizione del termine è consentita in generale dall’indicazione delle causale di cui all’art. 1, mentre nello specifico settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali l’apposizione del termine è consentita in presenza di altri specifici requisiti. Si tratta di due regole autonome, che operano in parallelo, come emerge dal verbo che regge ciascuna delle due disposizioni. Nella generalità dei settori produttivi il contratto a tempo determinato è consentito se si indicano le ragioni di ordine produttivo, tecnico, organizzativo o sostitutivo della scelta; nel trasporto aereo è consentito in presenza di alcuni requisiti specificamente indicati dal legislatore.

Al pari del settore del trasporto aereo (che configura un’eccezione alla regola della necessità di indicare la causale dell’apposizione del termine), lo spazio in cui è consentita l’apposizione del termine senza necessità di specificare nel contratto le ragioni organizzative, produttive, tecniche o sostitutive, viene individuato delineando un settore (nel primo caso il trasporto aereo e i servizi aeroportuali, nel secondo i servizi postali) e una serie di delimitazioni temporali e quantitative (periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per i periodi diversamente distribuiti; comunicazione alle organizzazioni sindacali provinciali e “percentuale non superiore al quindici per cento dell’organico aziendale, riferito al 1 gennaio dell’anno in cui le assunzioni si riferiscono”).

Quindi, se l’assunzione avviene nei settori su indicati e nel rispetto di tali limiti, non è necessario indicare in contratto, ai sensi dell’art. 1, le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che lo giustificano. La valutazione in ordine alla sussistenza della giustificazione è stata fatta ex ante dal legislatore.

La ricostruzione esegetica che propone la sommatoria dei requisiti previsti dall’art. 1, comma 1, con i limiti dettati dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2 – invece che l’alternatività – contrasta con le ragioni testuali, teleologiche e sistematiche indicate, ed è già stata respinta sia dalla Corte di Cassazione (sentenze nn. 11659/2012, 13221/2012; con riguardo al personale navigante e alla L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. f) sentenza n. 3309/2006), sia dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (11 novembre 2010, Vino c. Poste italiane spa, C20/10) sia dalla Corte costituzionale (sentenza n. 214 del 2009).

Nè in caso di successione di contratti può essere ravvisata l’incompatibilità con la clausola n. 5 dell’accordo quadro, recepito nella direttiva 1999/70/CE/ della normativa italiana che permette la stipulazione di più contratti a termine senza necessità di indicare le ragioni della scelta ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, ma in presenza dei soli presupposti richiesti dall’art. 2, commi 1 e 1- bis. Invero, come hanno sottolineato le Sezioni Unite (sentenza n. 11374/2016), la Corte di giustizia ha precisato (Grande sezione, 4 luglio 2006, in proc. C-212/04, Adeneler c. Ellenikos Organismos Galaktos) che quella indicata dalla lett. a) del punto n. 1 della clausola 5 dell’accordo quadro (“ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo”) è una delle tre misure considerate idonee a prevenire gli abusi, che non devono essere tutte presenti in quanto è sufficiente che lo Stato membro ne adotti una. E con riferimento ai settori indicati nell’art. 2, commi 1 e 1-bis il legislatore italiano – introducendo, con la L. n. 247 del 2007, del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4-bis, il limite massimo dei 36 mesi, da calcolare “indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro” – ha adottato la misura prevista dalla lett. b) (“durata massima totale dei contratti o rapporti a tempo determinato successivi”), in aggiunta peraltro ad altre restrizioni specifiche. In particolare, poi, il meccanismo di cui alla disciplina transitoria dettata dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 43 introduce una forma di tutela dei lavoratori con contratti a termine in corso alla data dell’entrata in vigore della legge (1.1.2008) in base alla quale non solo sono conteggiati i contratti a termine precedenti, ma il periodo oltre il quale si determina la conversione è ridotto al 31/3/09 e, dunque senza necessità di attendere i 36 mesi a decorrere dall’entrata in vigore della legge (cfr. S.U. n.11374/2016 che richiama Cass. nn. 19998/2014 e 13609/2015).

Nel caso di specie, la sommatoria dei contratti a tempo determinato stipulati tra le parti si colloca ben al di sotto della soglia legale dei 36 mesi.

Nè, infine, è ipotizzabile la violazione della c.d. clausola di non regresso, trattandosi di novella legislativa (introdotta nel 2007) che non costituiva il recepimento della direttiva comunitaria (già attuata dall’ordinamento italiano con il D.Lgs. n. 368 del 2001).

10. La necessaria specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare è principio affermato da questa Corte (Cass. nn. 208/2015, 20604/2012, 15002/2012, 10033/2010) con riguardo alle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo previste per i contratti stipulati ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n. 368 del 2001, e non attiene alla tipologia di contratti stipulati ai sensi dell’art. 2, comma 1-bis nel settore dei servizi postali.

11. La censura relativa al mancato rispetto della clausola di contingentamento (“percentuale non superiore al 15 per cento dell’organico aziendale”) è questione non affrontata dalla sentenza impugnata, nè parte ricorrente indica in alcun modo se, con quale atto e in che termini la questione stessa sia stata eventualmente riproposta in grado di appello.

La censura è, pertanto, inammissibile a fronte della mancata specifica e tempestiva contestazione – alla prima occasione processuale utile – relativa alle modalità di redazione della documentazione (prospetto dell’organico) prodotto in primo grado dalla società ed all’ambito di valutazione della percentuale dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis. Invero, come affermato da questa Corte (S.U. nn. 761/2002, 11353/2004, 8202/2005; Cass. n. 12636/2005), nel rito del lavoro si riscontra una indubbia circolarità tra oneri di allegazione, oneri di contestazione ed oneri di prova, con reciproco condizionamento, come è attestato dall’inammissibilità di contestazione tardiva dei fatti (al fine di delimitare immediatamente l’area dei fatti controversi) e dall’impossibilità di richiedere la prova oltre i termini preclusivi stabiliti dal codice di rito su fatti non allegati nonchè su circostanze che, pur configurandosi come presupposti del diritto azionati, non siano stati esplicitati in modo specifico nel ricorso introduttivo del giudizio o nella memoria di costituzione (onere gravante su entrambe le parti, per il principio di reciprocità fissato dal giudice delle leggi con la decisione n. 13/1977).

La censura è, pertanto, inammissibile essendo preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello” (v. Cass. nn. 9812/2002, 13819/1999).

12. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, essendosi basata su una interpretazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis come affermata da questa Corte.

13. Il ricorso incidentale condizionato è assorbito.

12. In conclusione, il ricorso principale va rigettato, assorbito il ricorso incidentale condizionato. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.

PQM

la Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese di lite a favore della società controricorrente, liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2017

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