Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7780 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. II, 18/03/2021, (ud. 13/07/2020, dep. 18/03/2021), n.7780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25491-2019 proposto da:

S.M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIO FAA’

DI BRUNO n. 15, presso lo studio dell’avvocato MARTA DI TULLIO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA depositato il 29/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/07/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, cittadino del (OMISSIS), interponeva ricorso avverso il provvedimento della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona con il quale gli era stato negato l’accesso alla protezione internazionale e umanitaria.

Con il decreto impugnato il Tribunale di Ancona rigettava il ricorso.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione S.M.S. affidandosi a quattro motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè il Tribunale avrebbe omesso di valutare “tutti i fatti pertinenti il Paese d’origine al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda”.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 perchè il Tribunale avrebbe ritenuto la sua storia personale non credibile in spregio ai criteri previsti dalla norma.

Con il terzo motivo, erroneamente rubricato sub n. 4, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè il giudice di merito non avrebbe riconosciuto gli estremi per la concessione della protezione sussidiaria nonostante la presenza, nel Paese di origine del richiedente, di un contesto di violenza generalizzata.

Infine con il quarto ed ultimo motivo, erroneamente rubricato sub n. 5, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), perchè il Tribunale anconetano non avrebbe tenuto in alcun conto le dichiarazioni del richiedente circa la condizione di pericolo cui questi sarebbe esposto in caso di rimpatrio.

Le quattro censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili perchè formulate in termini assolutamente generici. Il ricorrente, infatti, non indica quali sarebbero i “fatti pertinenti il Paese d’origine” che il Tribunale non avrebbe considerato, non dà conto neanche in forma riassuntiva delle proprie deduzioni in sede di merito, nè specifica i tratti salienti della propria storia personale. Si limita, quindi, ad una critica del tutto teorica e sganciata dal necessario riferimento alla decisione impugnata, i cui termini non vengono neppure indicati nello svolgimento dei motivi di ricorso.

Peraltro il giudice di merito aveva dato atto che la domanda di protezione presentata dal ricorrente aveva carattere reiterato (cfr. pag.2 del decreto) ed aveva ritenuto l’assenza del fatto nuovo che è richiesto, sia a livello normativo che dalla prassi applicativa giurisprudenziale, per poter ritenere ammissibile una domanda reiterata (cfr. pag. 3 del decreto). L’unico aspetto di novità ravvisato dal giudice di merito, infatti, era “la circostanza che il richiedente stia svolgendo un’attività lavorativa sul territorio nazionale” (cfr. pag. 4 del decreto), la qual cosa è di per sè irrilevante ai fini del riconoscimento della protezione internazionale e non decisiva ai fini della concessione della tutela umanitaria.

Il ricorrente nulla contrappone a questa statuizione, per cui -in assenza di fatti nuovi rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione in concreto invocata dal richiedente – appare del tutto giustificata la decisione di rigetto per manifesta infondatezza cui è pervenuto il Tribunale di Ancona.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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