Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 778 del 19/01/2021

Cassazione civile sez. II, 19/01/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 19/01/2021), n.778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32835/2019 proposto da:

A.G., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DELLA CONSULTA, 12, presso lo studio dell’avvocato ANGELA

DE PASQUALE, rappresentati e difesi dagli avvocati RENZO FILOIA,

CLAUDIO GARDELLI;

– ricorrenti –

e contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS);

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il

26/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/10/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso depositato dinanzi alla Corte d’appello di Perugia il ricorrente proponeva opposizione avverso il decreto emesso dalla medesima Corte d’Appello, in composizione monocratica, che aveva rigettato la richiesta di condanna del Ministero della Giustizia all’equa riparazione per l’irragionevole durata di un procedimento di equa riparazione durato complessivamente più di 7 anni.

La Corte d’Appello con decreto del 26/03/2019, per quel che ancora rileva, confermava il decreto opposto, ritenendo infondata l’opposizione.

Preliminarmente la Corte d’Appello accoglieva l’opposizione incidentale del ministero e dichiarava inammissibile per tardività la domanda proposta da C.A..

Inoltre, dichiarava inammissibile la domanda proposta da Ca.Al., P.G. e V.D. i quali non avevano notificato ed opposto nei termini di legge il Decreto n. 17 del 2018, che, pertanto, era divenuto inefficace e determinava la non proponibilità della domanda di equa riparazione.

Infine, la Corte d’Appello rilevava l’infondatezza della richiesta dei ricorrenti di revisione della quantificazione dell’indennizzo che era stato decurtato del 40% a causa del numero complessivo dei ricorrenti superiori a 100. Secondo la Corte d’Appello non assumeva alcuna rilevanza il fatto che i giudizi erano iniziati con distinti ricorsi, ciascuno per un numero inferiore a dieci ricorrenti e che, solo successivamente, i medesimi giudizi erano stati riuniti.

3. I ricorrenti, come sopra identificati, hanno proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di due motivi di ricorso.

4. Il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 1 bis.

Secondo i ricorrenti sarebbe erronea la decisione con la quale la Corte d’Appello ha ritenuto legittimo l’abbattimento nella misura del 40 percento della somma di Euro 400 a causa del numero dei ricorrenti, in modo da determinare per ogni anno di durata irragionevole un indennizzo pari alla cifra irrisoria e simbolica di Euro 240. In particolare, il numero dei partecipanti al giudizio sin dall’inizio era stato limitato a massimo 10 partecipanti (i ricorsi erano stati promossi in 15 casi da un solo ricorrente, in 10 casi da 5 ricorrenti in 3 casi da 10 ricorrenti, in un caso da 6 ricorrenti). Le Corti d’Appello adite avevano dichiarato la propria incompetenza territoriale e i ricorsi erano confluiti in riassunzione presso la Corte d’Appello di Perugia.

1.1 Il primo motivo è infondato.

In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, il giudice deve fare riferimento, da un lato, ai valori minimi e massimi indicati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 1 – nel testo novellato dalla L. n. 208 del 2015, applicabile “ratione temporis” ai ricorsi depositati a decorrere dal 1 gennaio 2016 – e, dall’altro, ai parametri elencati del medesimo art. 2-bis, comma 2, tra i quali rientra anche quello previsto dal comma 1 bis secondo cui la somma può essere diminuita fino al 20 per cento quando le parti del processo presupposto sono più di dieci e fino al 40 per cento quando le parti del processo sono più di cinquanta.

Nella specie, peraltro, il fatto che i ricorsi erano stati introdotti con distinti atti dinanzi Corti d’Appello diverse ed erano stati poi riuniti, costituisce piuttosto un abuso del processo e certo non è circostanza che possa assumere rilevanza rispetto alla considerazione unitaria del giudizio riunito. Ciò a maggior ragione in un caso come quello di specie in cui il processo presupposto ha avuto ad oggetto a sua volta una domanda di equa riparazione fatta con distinti ricorsi poi riuniti in un unico giudizio.

Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di affermare che: “La condotta di più soggetti che, dopo aver agito unitariamente nel processo presupposto, così dimostrando la carenza di interesse alla

diversificazione delle rispettive posizioni, propongano contemporaneamente, pur con identico patrocinio legale, distinti ricorsi per equa riparazione ex lege n. 89 del 2001, così dando luogo a cause inevitabilmente destinate alla riunione, siccome connesse per oggetto e titolo, si configura come abuso del processo, contrastando con l’inderogabile dovere di solidarietà, che impedisce di far gravare sullo Stato debitore il danno derivante dall’aumento degli oneri processuali, nonchè con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, avuto riguardo all’allungamento dei tempi processuali prodotto dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti. Tale abuso, pur non essendo sanzionabile con l’inammissibilità dei ricorsi, non essendo illegittimo lo strumento adottato, ma le modalità della sua utilizzazione, impone tuttavia, per quanto possibile, l’eliminazione degli effetti distorsivi che ne derivano e, quindi, la valutazione dell’onere delle spese come se il procedimento fosse stato unico fin dall’origine” (Sez. 2, Ord. n. 20834 del 2017).

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione della L. n. 89 del 2001, art. 3.

La censura attiene alla parte della sentenza con la quale è stata dichiarata inammissibile la domanda dei ricorrenti Ca.Al., P.G. e V.D. che non avevano nè notificato nè opposto nei termini di legge il Decreto n. 17 del 2018, pertanto divenuto inefficace, senza che la domanda di equa riparazione potesse essere riproposta.

A parere dei ricorrenti il ricorso dove comparivano i tre ricorrenti era stato accolto e dunque i ricorrenti avrebbero potuto riproporre la domanda.

2.1 Il secondo motivo è manifestamente infondato.

I ricorrenti avevano visto accolta la domanda di equa riparazione da loro proposta come affermano nel motivo in esame e, dunque, non potevano riproporla, dovendo notificare il ricorso e il decreto di accoglimento o proporre opposizione allo stesso per la parte non accolta come tutti gli altri ricorrenti.

L’art. 5, infatti, prevede che il ricorso, unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, è notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta. Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non può essere più proposta.

4. Il ricorso è rigettato. Nulla sulle spese non essendosi costituito il Ministero intimato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021

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