Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 778 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/01/2011, (ud. 03/11/2010, dep. 14/01/2011), n.778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA SPA gia’ OLIVETTI SPA, incorporante della TELECOM

ITALIA SPA, in persona del procuratore speciale, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA REGGIO CALABRIA 6, presso lo studio

dell’avvocato BULTRINI NICOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato

POTITO ENRICO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 13/2005 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 12/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della Telecom Italia s.p.a. (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di silenzio rifiuto su istanza di rimborso Ilor D.P.R. n. 603 del 1973, ex art. 38 relativa agli anni 1989, 1990 e 1991, la C.T.R. Piemonte confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della societa’. In particolare, rilevato che in relazione agli anni de quibus la societa’ nelle proprie dichiarazioni aveva calcolato le plusvalenze o minusvalenze da cessione di beni strumentali ancora non ammortizzati e determinato le perdite relative a beni strumentali dismessi considerando il costo residuo di essi come pari al costo non ancora ammortizzato ma ammortizzabile, ossia come pari al costo ammortizzabile diminuito delle differenze tra la meta’ della misura massima di quota di ammortamento effettuabile per il bene in certi anni di imposta e la minore quota di ammortamento (non dipendente da minore utilizzazione del bene) effettuata in concreto in quegli anni — ma successivamente aveva chiesto il rimborso sostenendo di avere in tal modo pagato l’Ilor in misura superiore al dovuto, dovendo il costo residuo essere calcolato in relazione al costo non ammortizzato, a prescindere dal fatto che esso fosse o meno ancora ammortizzabile, i giudici d’appello, per quel che in questa sede ancora rileva, affermavano il diritto della societa’ al rimborso richiesto. In proposito, i suddetti giudici sostenevano che, in caso di cessione o dismissione di un bene ammortizzabile, ai fini dell’accertamento della misura della plusvalenza o della perdita vanno considerati solo di ammortamenti effettivamente operati, a prescindere dalla circostanza che, per alcuni anni, essi siano stati calcolati in misura inferiore a quella fiscalmente consentita, atteso che la regolamentazione dell’ammortamento annuale non puo’ incidere su di un fatto di natura produttiva quale la cessione o la dismissione di un bene e che, diversamente opinando, si giungerebbe a configurare una sorta di ammortamento ope leqis in base al quale il bene dovrebbe considerarsi sempre ammortizzato nella misura minima indipendentemente da quanto in concreto accaduto.

2. Con un unico, articolato motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 55, 66, 67, 76, la ricorrente rileva che, sia nella vigenza del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 68 che nella vigenza del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67 (che ricalca fedelmente il precedente), deve valere il principio dell’unicita’ del valore fiscalmente rilevante, permanendo tutte le ragioni sistematiche evidenziate in relazione alla disciplina di cui al D.P.R. n. 597 del 1973, e che pertanto anche ai fini del D.P.R. n. 917 del 1986 vi e’ un solo valore fiscalmente riconosciuto, tanto ai fini dell’ammortamento che ai fini della cessione o dismissione del bene strumentale, ed e’ costituito dal costo non ancora ammortizzato ma ammortizzabile, non rilevando in contrario la circostanza che il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 54 fa riferimento al costo non ammortizzato ne’ che con la successiva riforma del TUIR il citato art. 68 sia stato soppresso.

La censura e’ infondata alla luce della giurisprudenza di questo giudice di legittimita’ (alla quale il collegio intende dare continuita’ in assenza di valide ragioni per discostarsene) secondo la quale, nella ipotesi di eliminazione dal complesso produttivo di beni non completamente ammortizzati, il costo residuo che il contribuente puo’ dedurre dall’imponibile e’ determinato tenendo conto degli ammortamenti effettivamente operati, ancorche’ siano stati calcolati in misura inferiore (anche di oltre la meta’) a quella massima fiscalmente consentita (v. cass. n. 10412 del 1998 e, con riferimento ad ipotesi di alienazione onerosa di un bene ammortizzabile, nello stesso senso, Cass. n. 2992 del 2006).

3. Il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 14.200,00 di cui Euro 14.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 03 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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