Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7779 del 03/04/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 7779 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: CARLEO GIOVANNI
SENTENZA
sul ricorso 15625-2008 proposto da:
PAPADIA FRANCESCO, elettivamente domiciliato ex lege
in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
e
ZAMOLO GABRIELE in 20122 MILANO, via Podgora 14,
giusta procura a margine;
– ricorrente –
2014
contro
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DE MARCO ALFONSO;
– intimato –
avverso la sentenza n.
2583/2008
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del TRIBUNALE
di
Data pubblicazione: 03/04/2014
MILANO, depositata il 27/02/2008 R.G.N. 61801/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/02/2014 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
per raccoglimento del ricorso.
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Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il giorno 16.7.2004, Alfonso De Marco
proponeva opposizione all’esecuzione, avente ad oggetto un
suo bene immobile, instaurata dinanzi al Tribunale di Milano
da parte di Francesco Papadia sulla base di assegni bancari,
esecutivamente nei suoi confronti in forza degli assegni fatti
valere in quanto l’emissione di tali assegni aveva avuto
luogo per il pagamento di una parte del prezzo di un immobile,
vendutogli dalla s.r.l. TI e BI, società di cui il Papadia era
amministratore, il quale si era appalesato affetto da gravi
vizi e difformità, per cui aveva proposto un giudizio civile
esercitando nei confronti della società un’azione
minoris.
quanti
Aggiungeva di aver consegnato gli assegni al
Papadia, a lui intestandoli, convinto che la loro consegna
equivalesse alla consegna all’amministratore della società.
Aveva quindi inizio lo svolgimento del giudizio relativo
all’opposizione, proposta dal De Marco, giudizio nel cui
ambito l’opponente richiamava i motivi esposti nel ricorso
mentre il Papadia chiedeva fosse respinta l’opposizione in
quanto le ragioni dell’opposizione si basavano su questioni
che formavano oggetto di altro giudizio pendente l’opponente e
la società TI & BI con conseguente litispendenza. Interveniva
nel giudizio la s.r.l. TI & BI chiedendo fosse accertato che
essa era “l’effettiva titolare del diritto di credito portato
dagli assegni posti a fondamento dell’esecuzione. In esito al
3
A
deducendo che Papadia non aveva alcun diritto di procedere
giudizio, il Tribunale con sentenza depositata il 27.2.2008 e
notificata il 7.4.2008 accoglieva l’opposizione proposta dal
De Marco, respingeva le domande proposte dalla srl TI&BI e
provvedeva al governo delle spese. Avverso la detta sentenza
il Papadia ha quindi proposto ricorso per cassazione
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unica
doglianza,
deducendo la violazione degli
artt.57,2,25 e 43 rd n.1736/1933, il ricorrente ha censurato
la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello
ha omesso di considerare che, a norma dell’art.57 del regio
decreto richiamato, nei giudizi, tanto di cognizione quanto di
opposizione a precetto, il debitore può proporre soltanto le
eccezioni di nullità dell’assegno bancario, ove mancante degli
elementi richiesti dall’art.1, e le eccezioni non vietate
dall’art.25, fondate sui suoi rapporti personali col traente e
con i portatori precedenti a meno che il portatore acquistando
l’assegno bancario abbia agito scientemente a danno del
debitore. Ha quindi concluso il motivo con il seguente
quesito:
NN
se l’emissione di un assegno non trasferibile
nell’ambito di un contratto a prestazioni corrispettive,
liberamente tratto per intese intercorse tra le parti, a
favore di un terzo, legittimi poi il traente ad opporre al
trattario eccezioni sulla sua legittimazione a pretendere il
pagamento per mancanza di un rapporto sottostante”
Il motivo non coglie nel segno.
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articolato in un unico motivo.
L’articolo 25 del
r.d. n.1736/1933, che vieta alla persona
contro cui sia promossa azione in virtù di un assegno bancario
di opporre al portatore le eccezioni fondate sui suoi rapporti
personali con il traente o con portatori precedenti (a meno
che il portatore, acquistando l’assegno bancario, abbia agito
del principio dell’astrattezza dei titoli di credito, cui fa
ovviamente eccezione l’ipotesi prevista dalla stessa norma,
fondata sul consapevole acquisto del titolo in pregiudizio del
debitore.
Ora, il principio dell’astrattezza trova la sua
nell’esigenza
di
favorire
ratio
la circolazione del titolo
affrancando il portatore del titolo dalla sorte del rapporto
del negozio sottostante ed impedendo che al terzo in buona
fede, assolutamente estraneo al rapporto fondamentale, possa
opporsi un eventuale vizio o illiceità del rapporto medesimo.
A ragione della indicata ratio,
l’astrattezza cartolare, che è
al fondamento della citata norma, postula pertanto che il
soggetto, al quale non si possono opporre le eccezioni
personali, sia effettivamente terzo rispetto al rapporto
fondamentale e lo sia non solo formalmente ma anche
sostanzialmente.
Al contrario, qualora invece si trovino di fronte i soggetti
che hanno partecipato al negozio, che è a base del titolo
astratto, il debitore ben può opporre al portatore il vizio o
l’illiceità di quel rapporto. Ciò, in quanto nei rapporti
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scientemente a danno del debitore), costituisce applicazione
diretti tra le parti il titolo ha pur sempre valore di mera
promessa di pagamento, e come tale comporta una mera
inversione processuale dell’onere della prova della
sussistenza del credito in capo all’attore.
La premessa torna utile perché nel caso di specie, per come è
Marco a saldo del prezzo di acquisto dell’immobile vendutogli
dalla TI&BI srl e furono consegnati al Papadia, in quanto
legale rappresentante della detta società, anche se a lui
intestati personalmente. Ma se questo è vero, è altresì certo
e pacifico che il Papadia, in proprio, non era titolare di
alcun diritto di credito nei confronti del De Marco e va
escluso per tale ragione che potesse agire esecutivamente sui
beni di quest’ultimo in forza degli assegni bancari,
appartenendo il credito, in realtà ad un soggetto giuridico
distinto da lui, ovvero la srl TI&BI, di cui era stato
amministratore e successivamente risulta liquidatore.
Ciò premesso, considerato che, nel rapporto diretto tra le
parti del rapporto sottostante (cui partecipò il Papadia,
quale rappresentante legale della PI&BI) le conseguenze del
principio di astrattezza dei titoli di credito non possono
spingersi fino a costringere l’emittente a pagare al suo
prenditore per un debito cartolare cui non corrisponde
l’effettività di un credito causale oppure – ed è questa
l’ipotesi
specifica ricorrente nella
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specie- non gli
pacifico tra le parti, i titoli furono emessi dal debitore De
appartiene,
tutto ciò considerato,
deve rigettarsi la
doglianza in esame.
Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalla
censura dedotta, ne consegue che il ricorso per cassazione in
esame, siccome infondato, deve essere rigettato, senza che
non essendosi costituita, non ne ha sopportate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Rojna in camera di Consiglio in data 20.2.2014
occorra provvedere sulle spese in quanto la parte vittoriosa,