Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7776 del 27/03/2017


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Cassazione civile, sez. I, 27/03/2017, (ud. 08/02/2017, dep.27/03/2017),  n. 7776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.G., domiciliato in Roma, via Nicotera 29, presso l’avv.

Armando Fergola, che lo rappresenta e difende con l’avv. Massimo

Peron, come da mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.L. e Z.M., domiciliati in Roma, via Nomentana

263, presso l’avv. Federico Vaccaro, rappresentati e difesi

dall’avv. Roberto Vitucci, come da mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2991/2013 della Corte d’appello di Venezia,

depositata il 13 dicembre 2013;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;

uditi i difensori avv. Fergola per il ricorrente e avv. Barbara

Santese delegata per i resistenti;

Udite le conclusioni del P.M., Dott. PRATIS Pierfelice, che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.G. ricorre per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia che ribadì il rigetto delle domande da lui originariamente proposte nei confronti della Impresa costruzioni Z. s.a.s. e successivamente, dopo l’estinzione della società, nei confronti degli ex soci T.L. e Z.M..

Ritennero i giudici del merito che era inammissibile per difetto di legittimazione passiva della società convenuta la domanda proposta nei confronti della Z. s.a.s. per ottenerne il trasferimento delle quote sociali di Z.M.; rilevarono comunque che era stato Z.O. a promettere la cessione delle quote sociali del figlio M.; dichiararono inammissibile la domanda di riconoscimento della qualità di socio accomandante occulto, perchè nuova rispetto a quella originaria di riconoscimento della qualità di socio di fatto. Quanto alla domanda di restituzione dei finanziamenti erogati alla società, i giudici del merito l’accolsero limitatamente all’importo di Euro 137.423 di cui i convenuti avevano riconosciuto la destinazione alla società anzichè a Z.O..

Il ricorso di C.G. è articolato in sette motivi d’impugnazione, illustrati anche da memoria, al cui accoglimento si oppongono Z.M. e T.L..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente si duole che i giudici del merito abbiano omesso di considerare come la causa originariamente proposta contro la società fosse stata poi riassunta nei confronti di Z.M. non solo nella sua qualità di ex socio della Z. s.a.s. ma anche nella sua qualità di erede del padre Z.O..

Il motivo è manifestamente infondato.

Occorre premettere che, quando viene denunciato un error in procedendo come l’omissione di pronuncia, spetta “alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato, o meno, il denunciato vizio di attività, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto” (Cass., sez. 1, 10/11/2015, n. 22952, Cass., sez. un., 22/5/2012, n. 8077). Sicchè può questa corte direttamente rilevare come già dalla narrativa dello stesso ricorso non risulti mai proposta alcuna domanda nei confronti di Z.M. quale erede di Z.O..

2. Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce che erroneamente i giudici del merito abbiano rilevato d’ufficio quale difetto di legitimatio ad causam una questione che atteneva al merito della decisione impugnata, in quanto Z.M. era stato convenuto in giudizio sia quale legale rappresentante della Z. s.a.s. sia in proprio. Sicchè, aggiunge con il terzo motivo, la sentenza impugnata è viziata di ultrapetizione; e con il quarto motivo si duole della carenza di motivazione sulla questione della legittimazione passiva.

Anche questi motivi sono manifestamente infondati.

Com’è noto, la “”legitimatio ad causam”, attiva e passiva, che si ricollega al principio di cui all’art. 81 c.p.c., inteso a prevenire una sentenza “inutiliter data” (Cass., sez. 3, 1 marzo 2004, n. 4121), attiene all’astratta possibilità che le parti del giudizio siano i soggetti cui si riferisce la norma invocata: richiede perciò solo l’interpretazione di tale norma, ai fini della “verifica, secondo la prospettazione offerta dall’attore, della regolarità processuale del contraddittorio” (Cass., sez. 2 civ., 17 marzo 1995, n. 3110, Cass.. sez. 2 civ., 18 gennaio 2002, n. 548, e Cass., sez. 1 civ., 20 novembre 2003, n. 17606), così distinguendosi dall’effettiva titolarità del rapporto, che richiede anche un accertamento del fatto cui si ricollega la postulata qualificazione di diritto sostanziale e attiene al merito della controversia (Cass., sez. 1, 20 novembre 2003, n. 17606, m. 568326).

Sicchè, attenendo alla regolarità del contraddittorio, il difetto di legitimatio ad causam è un error in procedendo (Cass., sez. 3, 20 dicembre 2005, n. 28227), per il quale, come s’è detto, “non è consentito alla parte interessata di formulare, in sede di legittimità, la censura di omessa motivazione “, in quanto spetta alla Corte di Cassazione accertarlo direttamente (Cass., sez. 1, 10/11/2015, n. 22952).

Nel caso in esame C.G. ha agito nei confronti della Z. s.a.s. e di Z.M. per far valere l’obbligazione assunta da Z.O. di trasferirgli il 50% delle quote della società. Risulta dunque dalla stessa prospettazione dell’attore che nè la società nè Z.M. siano le persone cui si riferisce la pretesa fatta valere in giudizio. Sicchè correttamente i giudici del merito hanno rilevato d’ufficio il difetto di legittimazione dei convenuti rispetto a questa domanda, posto che, secondo una giurisprudenza indiscussa, il difetto di legitimatio ad causam può essere rilevato d’ufficio in ogni stato e grado del processo (Cass., sez. L, 12/08/2016, n. 17092).

5. Con il quinto motivo il ricorrente si duole che ne sia stata dichiarata inammissibile la domanda di riconoscimento della qualità di “socio accomandante occulto”, perchè erroneamente ritenuta nuova rispetto all’originaria domanda di riconoscimento della qualità di “socio di fatto”.

Il motivo è fondato.

Come questa corte ha avuto modo di chiarire, si parla di rapporto sociale di fatto nel caso in cui manchi la prova scritta della costituzione del rapporto, peraltro non richiesta dalla legge ai fini della sua validità (Cass., sez. 6, 5 maggio 2016, n. 8981, Cass., sez. 1, 11 marzo 2010, n. 5961); mentre società irregolare è quella che. anche se costituita per esplicito accordo scritto, non sia stata registrata (Cass., sez. 1, 29 ottobre 1997, n. 10695, m. 509395). Il rapporto sociale è invece occulto quando, pur esistendo anche solo di fatto, non venga esteriorizzato nei rapporti con i terzi (Cass., sez. 6, 12 settembre 2016. n. 17925). Ciò che rileva in ogni caso, sia nei rapporti interni tra i soci sia nei rapporti con i terzi, è l’effettiva esistenza della società, perchè la società di persone realmente esistente, ma occulta, risponde di fronte ai terzi anche in difetto della esteriorizzazione, ossia della prova di un comportamento dei soci apparenti idoneo a determinare in concreto l’incolpevole affidamento dei terzi circa l’esistenza della società, essendo sufficiente che la società esista di fatto, anche a prescindere da un accordo espresso fra le parti (Cass., sez. 1, 23 aprile 1969, n. 1284, Cass., sez. 1, 12 novembre 1984, n. 5691).

Nel caso in esame G.C. ha agito nei confronti della società per il riconoscimento della sua qualità di socio della Z. s.a.s.; e dopo l’estinzione della società ha promosso l’azione anche nei confronti dei soci, litisconsorti necessari (Cass., sez. 3, 12 marzo 2004, n. 5119, m. 571062). Sicchè è del tutto irrilevante ai fini dell’accertamento del rapporto sociale se esso fosse stato o meno esteriorizzato nei rapporti con i terzi.

Non è pertinente infatti il precedente di questa corte evocato dai giudici del merito, relativo a un caso in cui si è correttamente affermato che il giudice investito “della questione se il soggetto dichiarato fallito in estensione del fallimento di società in nome collettivo, ai sensi della L. Fall., art. 147, fosse o meno socio occulto della società, non poteva conoscere della diversa questione relativa all’esistenza di una società di fatto tra la stessa società in nome collettivo e tale soggetto” (Cass., sez. 1, 11/06/2004, n. 11079).

Gli elementi di identificazione della domanda vengono tradizionalmente indicati nei soggetti, nella causa petendi e nel petitum. La causa petendi della domanda di C.G. è il rapporto sociale, indipendentemente dalla sua riconoscibilità da parte dei terzi. Non può pertanto determinare un mutamento della domanda il riferimento alla qualità di socio occulto o a quella di socio di fatto.

Il quinto motivo è dunque accolto.

6. L’accoglimento del quinto motivo del ricorso comporta l’assorbimento sia del sesto, attinente al rigetto della domanda subordinata di restituzione dei finanziamenti erogati alla società, sia del settimo, attinente alla mancata ammissione delle connesse istanze istruttorie.

PQM

Accoglie il quinto motivo di ricorso; rigetta il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo; dichiara assorbiti il sesto e il settimo; cassa in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione. cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2017

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