Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7776 del 05/04/2011

Cassazione civile sez. II, 05/04/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 05/04/2011), n.7776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AVV. C.C. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e

difeso da se stesso ed elettivamente domiciliato presso il suo

studio, in Roma, v. Manfredi, n. 17;

– ricorrente –

contro

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e presso la stessa

elettivamente domiciliata, in Roma, v. dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e

GESTIONE STRALCIO USL RM (OMISSIS), in persona del Commissario

liquidatore

pro tempore;

– intimata –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 1283/2006,

depositata il 13 marzo 2006;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 3

marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito l’Avv. C.C. per se stesso;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso per quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 5-8 marzo 2000 l’avv. C. C. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la Gestione Stralcio dell’Azienda USL RM (OMISSIS) e la Regione Lazio per sentir condannare la seconda al pagamento della somma di L. 791.958.612., oltre i.v.a., c.a.p. e interessi legali dal dovuto al soddisfo, a titolo di onorari professionali per il patrocinio e l’assistenza prestati, quale legale incaricato dalla suddetta USL. RM (OMISSIS), in un giudizio instaurato nei confronti della soc. Policlinico Casilino, della soc. Italianita’ e della stessa Regione Lazio. Nella costituzione della convenuta Gestione Stralcio della USL Roma (OMISSIS) (subentrata alla USL RM (OMISSIS)) e nella contumacia della Regione Lazio, il Tribunale adito, con sentenza n. 36937 del 2002 (depositata il 1 ottobre 2002), accoglieva parzialmente la domanda condannando, in tal senso confermando la precedente ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. del 26 gennaio 2001, l’indicata Regione Lazio (quale unico soggetto ritenuto passivamente legittimato), a corrispondere, in favore dell’attore, l’importo di Euro 10.662,25, oltre accessori come per legge, regolando tra le parti le spese processuali. A seguito di appello interposto dall’avv. C.C., nella resistenza dell’appellata Gestione Liquidatoria dell’ex USL RM (OMISSIS) e della contumacia della Regione Lazio, la Corte di appello di Roma, con sentenza n. 1283 del 2006 (depositata il 13 marzo 2006), rigettava l’appello e, nel confermare l’impugnata sentenza, compensava integralmente le spese del grado.

A sostegno dell’adottata decisione, la Corte territoriale rilevava, tra l’altro, l’infondatezza del motivo dedotto dall’avv. C., in base al quale il valore della causa si sarebbe dovuto considerare computabile nella misura di L. 109.000.000.000, dovendo, invece, valutarsi come indeterminabile, con l’applicazione dei correlati criteri tabellari di liquidazione, oltre all’esclusione delle distinte voci 16 e 18 contenute nella parcella forense.

Avverso la suddetta sentenza di appello (non notificata), ha proposto ricorso per cassazione l’avv. C.C., basato su un unico motivo, al quale ha resistito con controricorso la sola Regione Lazio. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo prospettato il ricorrente ha denunciato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – la violazione di norme di diritto e contraddittorieta’ della motivazione della sentenza impugnata circa l’applicazione del parametro relativo al valore indeterminabile della tariffa forense, da ritenersi illegittimamente considerato nel caso dedotto in giudizio laddove l’individuazione del valore della lite, da reputarsi risultante dalla sommatoria della domanda attorea e di quella riconvenzionale, avrebbe dovuto essere determinata sulla base delle risultanze processuali, anche se specificate in corso di giudizio. Inoltre, ha censurato la sentenza della Corte di appello di Roma nella parte in cui aveva confermato l’esclusione della spettanza della competenza professionale per l’attivita’ di partecipazione alle operazioni peritali.

1.1. Il motivo – pur ammissibile, perche’ rispondente, sul piano della sua prospettazione complessiva, al disposto dell’art. 366 c.p.c. (e, segnatamente, del n. 4) del comma 1 di tale disposizione, ritenuta inosservata dalla controricorrente), oltre che a quello previsto dall’art. 366 bis dello stesso codice (“ratione temporis” applicabile) – e’, tuttavia, infondato e deve, pertanto, essere rigettato.

La Corte territoriale, con motivazione logica ed adeguata, nel valutare la natura e il valore da attribuire alle due domande del giudizio di riferimento in ordine al quale il ricorrente aveva richiesto la liquidazione dei compensi a carico della propria cliente USL RM (OMISSIS), ha rilevato che a fronte di una domanda principale univocamente di valore indeterminabile (siccome attinente ad una richiesta di una pronuncia di accertamento), per come attestato dallo stesso avv. C., risultava essere stata, altresi’, proposta una domanda riconvenzionale (sia in forza del rapporto contrattuale sia, in subordine, a titolo di indennizzo sul presupposto dell’indebito arricchimento dell’ente) di condanna della parte attrice di pagamento della diaria dovuta, pari a L. 320.000 giornaliere, oltre interessi e rivalutazione, da qualificarsi altrettanto di valore indeterminato, non essendo stato indicato alcun riferimento ai parametri necessari (quali, soprattutto, la durata del periodo e il numero dei degenti per i quali la richiesta era stata formulata) per la quantificazione dell’importo dovuto e non risultando, quindi, ne’ dichiarato ne’ determinabile “ex ante” il valore effettivo di tale ulteriore domanda.

Conseguentemente, la Corte capitolina ha ritenuto che la sentenza di primo grado era legittima nella parte in cui aveva, con riferimento ad entrambe le domande, applicato il regime tariffario relativo al criterio delle cause di valore indeterminato. Cosi’ decidendo, quindi, il giudice di appello si e’ conformato alla giurisprudenza di questa Corte alla stregua della quale e’ stato statuito che, in tema di liquidazione degli onorari professionali a favore dell’avvocato, l’art. 6 della tariffa trova applicazione soltanto in riferimento alle cause per le quali si proceda alla determinazione presuntiva del valore in base a parametri legali, e non pure allorquando il valore della causa sia stato in concreto dichiarato, dovendosi utilizzare, in tale situazione, il disposto dell’art. 10 c.p.c., senza nemmeno la necessita’ di motivare in ordine alla mancata adozione di un diverso criterio (cfr, in particolare, Cass., S.U., 8 giugno 1998, n. 5615, e, da ultimo, Cass. 12 aprile 2010, n. 8660). Pertanto, a fronte della mancata dichiarazione del valore delle domande nel caso di specie (anche con riguardo a quella riconvenzionale) e dovendosi porre riferimento ai parametri normativi presuntivi stabiliti per la valutazione di tale valore (anche con riguardo, quindi, al disposto dell’art. 14 c.p.c.), la Corte territoriale si e’ attenuta al richiamato principio giurisprudenziale, specificando, altresi’, altrettanto correttamente, che anche la domanda riconvenzionale, in difetto di concreti ed attendibili elementi per la stima precostituiti e disponibili fin dall’introduzione del giudizio (per quanto precedentemente evidenziato), si sarebbe dovuta considerare di valore indeterminabile, poiche’ gli elementi di valutazione del contenuto dell’obbligazione di pagamento costituivano l’oggetto dell’accertamento e della quantificazione economica rimessi al giudice (non rilevando, quindi, in relazione all’azione di riconoscimento dell’avv. C. delle sue competenze nei riguardi della propria assistita, il “quantum” della condanna dell’attrice accertato a seguito dell’esperimento della fase istruttoria ed indicato al momento della precisazione delle conclusioni). Parimenti destituita di fondamento e’ l’ulteriore doglianza concernente il mancato riconoscimento della competenza relativa alla partecipazione del ricorrente alle operazioni peritali, dal momento che legittimamente era stato esclusa la sussistenza dei presupposti per l’applicabilita’ della voce 16 della tabella allegata al D.M. n. 585 del 1994, la quale si riferiva all’assistenza dei mezzi di prova (e non alla mera partecipazione alla fase istruttoria, come prospettato dal ricorrente) e tra questi, per giurisprudenza costante di questa Corte (v., tra le tante, Cass. 14 febbraio 2006, n. 3191; Cass. 5 luglio 2007, n. 15219, e, da ultimo, Cass. 8 febbraio 2011, n. 3130, ord), non si ricomprende, in senso stretto, la c.t.u., la quale ha la sola funzione e la correlata finalita’ di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze.

2. In definitiva, il ricorso deve essere respinto “in toto” con la conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento delle competenze in favore della controricorrente Regione Lazio, liquidate come in dispositivo, oltre alle eventuali spese prenotate a debito.

In difetto di costituzione dell’altra intimata non va adottata alcuna statuizione sul rapporto processuale instauratosi tra la stessa e il ricorrente.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento degli onorari del presente giudizio in favore della controricorrente Regione Lazio, liquidati in complessivi Euro 5.000,00, oltre spese eventualmente prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2011

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