Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7775 del 10/04/2020
Cassazione civile sez. VI, 10/04/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 10/04/2020), n.7775
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 9309-2018 proposto da:
P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, al viale
GIUSEPPE MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato SERGIO LIO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCELLO MANCUSO,
con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente-
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DI G.M.A., titolare della
DITTA INDIVIDUALE “(OMISSIS)”, in persona del legale rappres. p.t.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 321/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,
depositata il 16/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO
CAIAZZO.
Fatto
RILEVATO
CHE:
P.S. propose reclamo avverso la sentenza emessa il 28.3.17 con cui il Tribunale di Palermo dichiarò il fallimento della società di fatto tra G.M.A. (già dichiarato fallito con sentenza del 2015) e lo stesso P., in quanto: tra il G., il P. e Ge.Sa. (deceduto nel 2011) era intervenuto, nel 1996, un accordo scritto circa la gestione “societaria” dell’impresa individuale intestata al G., convenendo ripartizione di utili e perdite e conferendo al P. la gestione contabile, con procura ad operare presso le banche; la prova della società di fatto tra i tre soggetti era costituita da vari documenti relativi a rapporti tra il P. e terzi in ordine all’attività imprenditoriale. Non si costituivano la curatela fallimentare e le altre parti.
Con sentenza del 16.12.18 il Tribunale di Palermo respinse il reclamo, osservando che: premesso il rilievo che non si verteva in tema di prova dell’esistenza di una società di fatto, bensì di prova della qualità di socio occulto di una società esistente ed iscritta nel registro delle imprese, dagli atti emergeva che il reclamante era l’unico soggetto che gestiva la cassa sociale e intratteneva rapporti con le banche, spendendo il nome della ditta (OMISSIS) con i terzi i quali (fornitori e clienti) interloquivano con il P.; al riguardo, erano inverosimili le dichiarazioni di quest’ultimo circa la mancata comprensione di quanto riferito al curatore; era dunque irrilevante che il P. si presentasse ai terzi come titolare della ditta (OMISSIS); la delega conferita al reclamante, utilizzata in maniera continua e sistematica, per la sua ampiezza, comprovava la società di fatto, non essendo il reclamante titolare dell’impresa individuale; erano inammissibili i vari mezzi di prova dedotti.
Il P. ricorre in cassazione con tre motivi, illustrata con memoria.
Non si è costituita la parte intimata.
Il Consigliere relatore ha formulato la proposta ex art. 380bis, c.p.c..
Diritto
RITENUTO
CHE:
Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 147 L. Fall., comma 5, in relazione all’art. 2247 c.c., per l’insussistenza dei presupposti della società di fatto, nonchè si deduce l’inesistenza della motivazione, ovvero motivazione apparente. Al riguardo, il ricorrente si duole che il Tribunale non abbia tenuto conto della mancata presenza simultanea degli elementi indiziari della qualità di socio di fatto (quali: finanziamenti, garanzie sistematiche, partecipazione ad utili e perdite), nonchè della sua assunzione quale lavoratore dipendente dell’impresa (da intendere quale indice della volontà di non dare esecuzione al suddetto accordo del 1996 circa la gestione “societaria” dell’impresa), e dell’erronea valutazione dei vari atti descritti in motivazione quale espressione di affectio societatis, avendo fondato la decisione solo su alcuni elementi sintomatici della società di fatto.
Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 147 L. Fall., comma 5, in relazione all’art. 2247 c.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in quanto il Tribunale, nel qualificare gli indici rivelatori della qualità di socio occulto, non vi aveva annoverato la partecipazione agli utili e alle perdite.
Con il terzo motivo, si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116, c.p.c., nullità della sentenza impugnata e omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui il Tribunale ha rigettato le istanze di ammissione di prova testimoniale e di c.t.u. contabile.
Il collegio ritiene che la causa sia da rinviare alla pubblica udienza, considerando che essa riguarda una questione di particolare rilevanza afferente agli indici sintomatici della sussistenza di una società di fatto.
P.Q.M.
La Corte rinvia alla pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2020